IAW è un termine obsoleto, inutilizzabile

Che cos’è l’Israeli Apartheid Week (IAW)?

Parallelo-palestina. L’IAW è un evento annuale organizzato a livello internazionale per sensibilizzare l’opinione pubblica sulle politiche israeliane nei confronti dei palestinesi, schiacciati dal sistema di apartheid. L’IAW si svolge in università, città e comunità di tutto il mondo, con conferenze, workshop, proiezioni di film e altre iniziative che mirano a:

Educare: Informare le persone sulle condizioni dei palestinesi sotto occupazione israeliana, sulle politiche di segregazione e sulle violazioni dei diritti umani.

Mobilitare: Coinvolgere attivisti, studenti e cittadini nella campagna BDS (Boicottaggio, Disinvestimento e Sanzioni) e in altre forme di solidarietà con la Palestina.

Confrontare: Mettere in discussione il sostegno politico, economico e militare che molti paesi occidentali forniscono allo stato sionista, chiedendo un cambiamento nelle politiche internazionali.

L’IAW è criticata dai gruppi sionisti, che la accusano di essere antisemita o di diffamare lo stato ebraico. Ma l’obiettivo della IAW non è attaccare gli ebrei, bensì denunciare le politiche israeliane verso i palestinesi, molto peggiori di quelle del regime di apartheid sudafricano.

L’Israeli Apartheid Week (IAW) è strettamente legata al movimento BDS anche se non è formalmente una sua “parte” organizzativa. L’IAW è un’iniziativa che si allinea con gli obiettivi e i principi del BDS, fungendo da piattaforma di sensibilizzazione e mobilitazione per sostenere la causa palestinese e promuovere le campagne del movimento di boicottaggio.

L’IAW si collega al BDS attraverso:

La condivisione degli obiettivi:

Sia l’IAW che il BDS mirano a denunciare le politiche israeliane oppressive e discriminatorie nei confronti dei palestinesi, inclusa l’occupazione militare, la costruzione di insediamenti illegali e le pratiche di apartheid.

La sensibilizzazione:

L’IAW è uno strumento educativo che aiuta a diffondere informazioni sulle condizioni dei palestinesi e a costruire consenso intorno alle campagne del BDS, come il boicottaggio di prodotti israeliani, il disinvestimento da aziende complici delle violazioni dei diritti umani e la richiesta di sanzioni internazionali.

La mobilitazione:

Durante l’IAW, vengono spesso organizzati eventi che incoraggiano le persone a unirsi al movimento BDS, partecipando a campagne locali o globali. Ad esempio, studenti e attivisti possono lanciare petizioni per chiedere alle università di disinvestire da aziende che sostengono l’occupazione israeliana.

La solidarietà internazionale:

L’IAW è un evento globale, proprio come il BDS, e mira a costruire una rete di sostegno internazionale per la Palestina, collegando attivisti di diversi paesi e contesti.

Esistono differenze tra IAW e BDS, per natura e focus.

Per quanto riguarda la natura: Il BDS è un movimento strutturato con obiettivi specifici (boicottaggio, disinvestimento, sanzioni), mentre l’IAW è un evento periodico di sensibilizzazione e mobilitazione.

Per quanto riguarda il focus: L’IAW si concentra particolarmente sull’analogia tra le politiche israeliane e apartheid, mentre il BDS ha un approccio più ampio, che include la fine dell’occupazione e il ritorno dei rifugiati palestinesi.

In sintesi, l’IAW è un’importante piattaforma che sostiene e promuove il movimento BDS, ma non è un’organizzazione formalmente parte del BDS.

Che cosa è cambiato.

Poiché è in atto il genocidio del popolo palestinese, la formula dell’Israeli Apartheid Week (IAW) risulta essere insufficiente e inadeguata per affrontare la gravità della situazione. Un genocidio, per definizione, è un crimine di proporzioni catastrofiche che richiede una risposta immediata, decisa e di ampia portata. In un contesto del genere, l’IAW e il movimento BDS devono evolversi per adattarsi alla nuova realtà, intensificando le loro azioni e adottando strategie più urgenti e incisive.

Innanzitutto occorre rinominare l’evento perché il termine “apartheid” non è più sufficiente per descrivere una situazione di genocidio. L’evento va ribattezzato con un nome che rifletta la gravità della crisi, ad esempio “Sionist Genocide Week” oppure “Settimana di Solidarietà con la Palestina contro il Genocidio”.

Occorre intensificare le campagne: è necessario che le azioni del BDS e della settimana divengano aggressive e urgenti, includendo:

  • Boicottaggio totale: estendendo il boicottaggio a tutti i prodotti, servizi e collaborazioni con il sistema israeliano, senza eccezioni.
  • Disinvestimento  immediato: facendo pressione su governi, aziende e istituzioni finanziarie per disinvestire immediatamente dall’entità sionista e dalle aziende complici.
  • Sanzioni internazionali: chiedendo l’imposizione di sanzioni economiche, militari e diplomatiche, compreso un embargo totale sulle armi.
  • Mobilitazione globale: la settimana deve trasformarsi in una mobilitazione permanente, con proteste di massa, scioperi e azioni dirette non violente in tutto il mondo. L’obiettivo è quello di costringere la comunità internazionale a intervenire.
  •  Appelli all’intervento umanitario: in caso di genocidio, la settimana e il BDS devono chiedere l’intervento immediato di organizzazioni internazionali come l’ONU, la Croce Rossa e altre agenzie umanitarie per proteggere i civili palestinesi e fermare le violenze.
  •  Supporto legale internazionale: il movimento deve collaborare con tribunali internazionali, come la Corte Penale Internazionale (CPI), per perseguire i responsabili del genocidio e chiedere giustizia per le vittime.
  • Cambiamento di narrativa: la comunicazione deve enfatizzare l’urgenza e la gravità della situazione, utilizzando un linguaggio chiaro e diretto per descrivere il genocidio e le sue conseguenze. Includendo testimonianze dirette, documentazione delle violenze e campagne virali sui social media.

Quando le parole non funzionano più bisogna smettere di usarle.

Un genocidio è un crimine di proporzioni incomparabilmente più gravi rispetto all’apartheid o all’occupazione. Mentre l’apartheid implica un sistema di segregazione e discriminazione, il genocidio implica lo sterminio sistematico di un gruppo etnico, nazionale o religioso. In un contesto del genere, mantenere la formula della “IAW” minimizza la gravità della situazione e non risponde adeguatamente all’urgenza della crisi.

Con il genocidio in corso, la settimana e il BDS devono adattarsi, adottando un approccio più radicale per affrontare la situazione. Questo deve includere un cambio di nome, una mobilitazione globale intensa e una pressione senza precedenti sulla comunità internazionale per fermare la violenza e garantire la giustizia.

In una situazione in cui l’umanità è totalmente offesa, come nel caso di un genocidio, le azioni devono essere decise e proporzionate alla gravità del crimine. Ciò che potrebbe sembrare “radicale” in tempi normali diventa il minimo indispensabile quando si affrontano violazioni sistematiche e su larga scala dei diritti umani.

In un contesto del genere, non ci si può limitare a campagne simboliche o azioni graduali. È necessario un cambio di paradigma nella risposta internazionale, con un impegno collettivo per fermare il genocidio, proteggere le vittime e garantire giustizia.

Ecco alcune considerazioni su ciò che deve essere fatto.

1. Intervento umanitario immediato:

Corridoi umanitari: creare vie sicure per la distribuzione di aiuti.

Protezione internazionale: Invio di forze di pace dell’ONU o di coalizioni internazionali per proteggere i civili palestinesi.

Soccorso medico: Invio di team medici e forniture di emergenza per assistere i feriti e i sopravvissuti.

2. Isolamento totale dell’entità sionista:

Espulsione da organizzazioni internazionali: sospensione da organismi come l’ONU, l’UNESCO o l’OMS fino a quando non cesserà il genocidio.

Embargo totale: bloccare tutte le esportazioni e importazioni da e verso lo stato sionista, comprese armi, tecnologia e beni di consumo.

3. Giustizia internazionale:

Processi alla CPI: avviare a conclusione i procedimenti giudiziari contro i responsabili del genocidio, compresi leader politici e militari.

Tribunali speciali: creare tribunali ad hoc, come è stato fatto per il Ruanda o l’ex Jugoslavia, per perseguire i crimini commessi.

4. Mobilitazione globale:

Scioperi generali: incoraggiare scioperi e proteste in tutto il mondo per esercitare pressione sui governi affinché agiscano.

Boicottaggio culturale e accademico: Interrompere tutte le collaborazioni culturali, sportive e accademiche.

5. Solidarietà concreta:

Sostegno dei rifugiati: i paesi di tutto il mondo devono sostenere i rifugiati palestinesi fuggiti dal genocidio.

Sostegno economico: fornire fondi e risorse alle organizzazioni palestinesi che operano in prima linea per salvare vite umane.

6. Cambiamento delle politiche internazionali:

Fine del sostegno allo stato sionista: i paesi che forniscono aiuti militari, economici o politici devono interrompere immediatamente tale sostegno.

Sanzioni mirate: congelare i beni dei leader israeliani e delle aziende complici del genocidio.

7. Documentazione e memoria:

Archiviazione delle prove: documentare ogni atrocità per garantire che i crimini non vengano dimenticati e che i responsabili siano chiamati a rispondere.

Memoria collettiva: creare memoriali e iniziative educative per ricordare le vittime e sensibilizzare le future generazioni.

È fondamentale agire.

Un genocidio non è solo un crimine contro un gruppo specifico, ma un’offesa all’intera umanità. La comunità internazionale ha il dovere morale e legale di intervenire per fermarlo, come stabilito dalla Convenzione sul Genocidio del 1948. Ogni ritardo o esitazione equivale a complicità.

Concludendo, in una situazione così estrema, non ci sono mezze misure. Le azioni devono essere immediate, coraggiose e coordinate a livello globale. La solidarietà con i palestinesi non può limitarsi a parole o gesti simbolici: deve tradursi in un impegno concreto per fermare il genocidio e garantire giustizia.


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