Hebron, Israele demolisce la casa di un 16enne palestinese accusato di aver ucciso un colono israeliano

unnamedBetlemme-Ma’an. Le forze israeliane hanno fatto irruzione sabato al’alba nel villaggio di Beit Amra nel comune di Yatta e hanno distrutto la casa della famiglia di un Palestinese 16enne accusato di aver  accoltellato e ucciso un colono israeliano nel mese di gennaio, in un blocco israeliano imposto nel centro di Yatta.

Ratib Jbour, coordinatore della resistenza popolare nel villaggio, ha dichiarato a Ma’an che quando, alle 2 di notte, l’esercito israeliano ha fatto irruzione a Beit Amr, a ovest di Yatta, nel distretto di Hebron, i bulldozer israeliani hanno raso al suolo la casa a due piani appartenente alla famiglia di Mourad Badir Adais. L’edificio ospitava una decina di persone.

Le forze israeliane hanno fatto irruzione anche in diverse altre abitazioni e in un laboratorio medico della cittadina, e hanno brevemente trattenuto il 15enne Moataz Jamal Abu Arram.

L’ufficio di collegamento palestinese a Hebron ha assicurato il rilascio di Moataz sabato pomeriggio e ha anche negoziato con le autorità israeliane per permettere ai documenti per il Tawjihi (esame di maturità) di giungere a Yatta dagli studenti delle scuole superiori che hanno lottato per preparare gli esami e hanno fatto i pendolari durante l’assedio.

Il comune di Yatta ha annunciato che sabato ha concesso alla famiglia Adais un alloggio temporaneo fino a quando la loro casa sarà ricostruita.

Durante una visita, il sindaco di Yatta, Musa Makhamera, ha condannato la demolizione della casa della  famiglia Adais da parte delle autorità israeliane in quanto “atto di punizione collettiva” contro i 10 inquilini. Ha aggiunto che è stato formato un comitato per ricostruire le abitazioni demolite da Israele, lodando i rapporti di cooperazione tra la gente di Yatta che collaborerà per aiutare a ricostruire la casa degli Adais il più presto possibile.

Un portavoce dell’esercito israeliano ha detto a Ma’an che la demolizione punitiva avvenuta durante la notte è stata effettuata perché Mourad è accusato di aver  pugnalato a morte un colono israeliano il 17 gennaio.

L’adolescente palestinese si era presumibilmente “infiltrato” nell’insediamento israeliano illegale di Otniel e aveva accoltellato la 39enne Dafna Meir, madre di sei figli, prima di fuggire. Meir era stata curata per gravi lesioni prima di soccombere a causa delle ferite.

Dopo una caccia all’uomo durata due giorni, le forze israeliane arrestarono Mourad – di 15 anni – sospettato di aver portato a termine l’attacco.

Il quotidiano israeliano Haaretz ha riferito che il minore palestinese era stato incriminato per il caso a febbraio, quando i pubblici ministeri militari affermarono che Mourad aveva deciso di effettuare l’attacco dopo “aver guardato i video su Facebook che ritraggono soldati israeliani come assassini che violano giovani donne palestinesi”.

Le autorità israeliane consegnarono l’ordine di demolizione alla famiglia il 5 febbraio, concedendo fino al 9 febbraio per impugnare la decisione.

L’appello della famiglia è stato respinto dai giudici israeliani, constatando che, mentre non vi era alcuna prova che la famiglia fosse a conoscenza che  il loro figlio adolescente stava progettando un attacco, avevano “chiuso gli occhi” su  ciò che stava accadendo, secondo Haaretz.

Lo scorso autunno il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu accelerò l’iter per la demolizione punitiva delle case nel tentativo di “scoraggiare” gli attacchi effettuati da Palestinesi. Diverse demolizioni sono state effettuate da allora, nonostante le raccomandazioni di una commissione militare israeliana che afferma come la pratica non solo sia inefficace per prevenire gli attacchi, ma aumenti l’ostilità nei confronti di Israele.

Alle famiglie che ricevono l’ordine di demolizione viene data l’opportunità di impugnare il provvedimento, ma l’Alta Corte di Giustizia di Israele rifiuta in genere tali appelli, secondo il comitato di controllo israeliano Hamoked.

Il gruppo israeliano per i diritti umani, B’Tselem, ha condannato la pratica come “vendetta sanzionata dalla corte” effettuata sui membri della famiglia che non hanno commesso reati, come punizione collettiva e illegale secondo il diritto internazionale.

Si tratta di una delle misure punitive radicali imposte dalle autorità israeliane contro i Palestinesi dopo un attacco a fuoco a Tel Aviv effettuato da abitanti di Yatta, città che è stata chiusa completamente e a tempo indeterminato.

Il blocco imposto sulla città di 65.000 persone a sua volta colpisce migliaia di altri Palestinesi nelle cittadine circostanti che dipendono dal comune per vari servizi. Beit Amra è una di queste e è attualmente sotto assedio parziale, con uno dei tre ingressi accessibili.

Giovedì, le autorità israeliane hanno fatto irruzione nelle case dei due uomini armati per prendere le misure per demolirle. Secondo Middle East Eye, altre quattro famiglie resteranno senza casa quando le strutture saranno distrutte.

In risposta all’attacco, le autorità israeliane hanno anche congelato più di 83.000 permessi che garantivano ai Palestinesi di entrare in Israele e a Gerusalemme Est durante il Ramadan. Tutti i valichi della Cisgiordania occupata e della Striscia di Gaza sono stati chiusi fino alla mezzanotte di lunedì. Le visite settimanali dei Palestinesi anziani dalla Striscia di Gaza alla moschea al-Aqsa sono state annullate.

Il neo-nominato ministro della Difesa, Avigdor Lieberman,  ha emesso giovedì l’ordine di bloccare il ritorno dei corpi dei Palestinesi uccisi durante presunti attacchi contro gli israeliani, affermando che la misura potrebbe prevenire attacchi futuri, contrariamente al suo predecessore Moshe Yaalon che sosteneva che tale politica era servita solo ad esacerbare le tensioni con i Palestinesi.

L’Alto Commissario delle Nazioni Unite per i Diritti Umani, Zeid Ra’ad al-Hussein,  ha dichiarato venerdì che il provvedimento “può equivalere a una punizione collettiva e non farà che aumentare il senso di ingiustizia e di frustrazione percepiti dai Palestinesi in questo momento tesissimo”.

Traduzione di Edy Meroli