Il capo di una grande famiglia: Isma’il Haniyeh, assassinato un mese fa dal colonialismo sionista

InfoPal. Il 31 luglio 2024 si è trasformato in una data da commemorare tristemente a lungo: l’assassinio, da parte del regime genocida e razzista coloniale di Tel Aviv, del capo del movimento di resistenza islamica, Hamas, nonché ex primo ministro della Striscia di Gaza, Isma’il Haniyeh.

Figura carismatica, apprezzata per la sua umanità, calma e buon carattere, Haniyeh era un leader rispettato in tutto il mondo arabo e islamico, e anche in Occidente, in particolare in America Latina, tra i sostenitori della Causa Palestinese.

Nella veste di primo ministro del governo democraticamente eletto a Gaza, l’avevamo incontrato con una delegazione di parlamentari latinoamericani, nel 2011. A tutti noi aveva fatto un’ottima impressione, proprio per la sua gentilezza, il suo sorriso accogliente, e la sua umanità. La notizia del suo brutale assassinio da parte delle forze del terrorismo sionista, avvenuto a Tehran, dove si trovava per partecipare all’insediamento del nuovo presidente iraniano, ci ha particolarmente scossi. Uccidere un uomo perbene, un mediatore nei tentativi di tregua in corso, va oltre ogni barbarie. Le vere civiltà, di cui Israele ovviamente non fa parte, nonostante le sue pretese bibliche senza fondamento, sanno che uccidere un mediatore, e pure a casa d’altri (in questo caso a Tehran) è un tabù. Ma l’entità coloniale, si sa, non conosce regole se non quelle della violenza bruta.

La Storia ricorderà Isma’il Haniyeh come una voce di valore della martoriata terra palestinese che si opponeva all’occupazione coloniale israeliana. La sua famiglia ha pagato finora un alto tributo, con 60 persone uccise negli attacchi israeliani.

In questo articolo vogliamo ricordarne la vita e l’impegno per la Palestina.

Isma’il Abdel Salam Ahmed Haniyeh era nato il 23 gennaio 1962 nel campo profughi di al-Shati, nella Striscia di Gaza.

La sua famiglia era originaria del villaggio di Al-Jura, vicino alla città di Asqalan, che fu in gran parte distrutta e completamente ripulita etnicamente durante la Nakba nel 1948.

Haniyeh aveva completato la sua prima istruzione nelle scuole dell’Agenzia delle Nazioni Unite per il soccorso e l’occupazione (UNRWA) e si era laureato all’Istituto Al-Azhar prima di conseguire una laurea in Letteratura araba presso l’Università islamica di Gaza, nel 1987.

L’attivismo politico di Haniyeh era iniziato all’interno del Blocco islamico, l’ala studentesca della Fratellanza musulmana nella Striscia di Gaza, da cui è nato il movimento di resistenza di Hamas.

Era stato membro del Consiglio studentesco della sua università, tra il 1983 e il 1984, per poi diventarne presidente l’anno successivo.

Nel 1989, era stato imprigionato dalle forze di occupazione israeliane (IOF) per tre anni, e poi esiliato nella città di Marj al-Zuhur, al confine tra Libano e Palestina, insieme a un gruppo di leader di Hamas.

Dopo un anno di esilio, Haniyeh aveva fatto ritorno a Gaza ed era stato nominato preside dell’Università islamica.

Nel 1997, era stato nominato capo dell’Ufficio di Hamas, dal fondatore del movimento, sheikh Ahmad Yassin, dopo il suo rilascio dalla detenzione israeliana. In seguito era stato votato come leader del movimento a Gaza, dopo l’assassinio del dott. Abdul Aziz Al-Rantisi, nel 2004.

Primo ministro del governo palestinese democraticamente eletto.

Nel dicembre 2005, aveva guidato la lista “Cambiamento e riforma”, che vinse le seconde elezioni legislative palestinesi nel 2006, con una maggioranza di voti. Poco dopo, il 16 febbraio 2006, era stato nominato primo ministro e ufficialmente insediato il 20 dello stesso mese.

Negli anni successivi, aveva dovuto affrontare, insieme a tutta la popolazione di Gaza, il feroce assedio israeliano e il blocco internazionale (la democrazia dell’Occidente egemonico boicotta i risultati elettorali quando a vincere non sono i suoi “amici”), e diverse devastanti aggressioni militari israeliane, tra le quali Piombo Fuso, nell’inverno 2008-2009. Nonostante la sua posizione di primo ministro, era sempre rimasto al fianco del suo popolo, umile e semplice, condividendone tutti gli aspetti della vita quotidiana, camminando tra la gente, o fermandosi a mangiare e celebrare con la popolazione assediata.

Isma’il Haniyeh era nel mirino del terrorismo coloniale sionista da decenni: era stato bersaglio di molteplici tentativi di assassinio politico, l’ultimo dei quali nel 2003, quando l’occupazione israeliana aveva lanciato un attacco aereo contro un gruppo di leader della Resistenza in seguito a un’operazione di martirio condotta dalle Brigate al-Qassam.

Operazione Al-Aqsa Flood/Ciclone al-Aqsa.

Quando Hamas ha lanciato l’Operazione Al-Aqsa Flood/Ciclone al-Aqsa, il 7 ottobre 2023, Haniyeh era apparso sorridente, insieme ad alcuni leader del movimento, in un video trasmesso dal suo ufficio di Doha. Aveva seguito i resoconti dei combattenti delle Brigate al-Qassam, l’ala militare di Hamas, che sequestravano veicoli militari israeliani, prima di guidare una preghiera per “ringraziare Dio per questa vittoria”.

Il 10 aprile, sei membri della famiglia di Haniyeh, tra cui tre dei suoi figli e diversi suoi nipoti, sono stati uccisi in un attacco aereo israeliano che ha preso di mira la loro auto, nel campo profughi di al-Shati, mentre celebravano con i residenti l’Eid al-Fitr.

Il 24 giugno, altri 10 membri della sua famiglia, tra cui sua sorella, sono stati uccisi in un attacco israeliano che aveva deliberatamente preso di mira la loro casa nel campo profughi di al-Shati.

Haniyeh aveva così commentato: “Quasi 60 membri della mia famiglia riposano come martiri, come i bambini della Palestina, non sono diversi”, sottolineando che uccidere i figli dei leader della Resistenza non avrebbe spezzato la volontà del popolo palestinese.

https://www.instagram.com/reel/C-fPfvvAu93/?igsh=MTczN2M5aWwzY3N0Ng%3D%3D

Haniyeh: il leader pragmatico di Hamas.

Haniyeh era considerato da molti diplomatici e politici come un moderato rispetto ad altri membri più intransigenti del gruppo che governa Gaza.

Durante le “primavere arabe”, l’Ufficio politico di Hamas si era spostato da Damasco, in Siria, a Doha, nel Qatar e nel maggio del 2017, era successo a Khaled Mashaal nella direzione politica del movimento.

In questo ruolo, Haniyeh viaggiava tra la Turchia e il Qatar, consentendogli di agire come negoziatore nei colloqui per il cessate il fuoco.

Tre dei figli di Haniyeh – Hazem, Amir e Mohammad – sono stati uccisi il 10 aprile quando un attacco aereo israeliano ha colpito l’auto nella quale viaggiavano, come ha confermato Hamas. Nello stesso attacco, Haniyeh ha perso anche quattro dei suoi nipoti, tre femmine e un maschio.

Haniyeh aveva smentito con decisione le affermazioni israeliane secondo cui i suoi figli erano combattenti di Hamas e, quando gli è stato chiesto se il loro omicidio avrebbe avuto un impatto sui colloqui per la tregua, aveva risposto che “gli interessi del popolo palestinese vengono prima di tutto”.

Anche sua sorella era stata arrestata ad aprile, quando la polizia israeliana e lo Shin Bet l’avevano incarcerata perché sospettata di essere in contatto con i leader di Hamas e di aver incitato “attacchi terroristici” in “Israele”, dove viveva.

Diplomatici e funzionari arabi lo hanno sempre considerato come un personaggio relativamente pragmatico rispetto alle altre personalità più intransigenti che si trovano a Gaza.

Nello stesso momento in cui Haniyeh e il suo predecessore alla leadership di Hamas, Khaled Meshaal, dichiaravano che l’esercito israeliano sarebbe “annegato nelle sabbie di Gaza”, facevano la spola nella regione per i colloqui su un accordo di cessate il fuoco, mediato dal Qatar con Israele, che avrebbe incluso lo scambio di ostaggi con le migliaia di palestinesi detenuti nelle prigioni israeliane, la maggior parte senza accusa o processo, e per chiedere la fornitura di maggiori aiuti a Gaza.

Quando Haniyeh aveva lasciato Gaza, nel 2017, gli era successo Yahya Sinwar, ora sua successore alla guida di Hamas, che aveva trascorso oltre vent’anni nelle carceri israeliane e che aveva fatto ritorno nella Striscia nel 2011, dopo uno scambio di prigionieri.

Figura diplomatica e politica.

“Haniyeh sta guidando la battaglia politica per Hamas con i governi arabi”, aveva detto Adeeb Ziadeh, esperto in questioni palestinesi presso la Qatar University, prima che il leader di Hamas fosse ucciso a Teheran. “Rappresenta il fronte politico e diplomatico di Hamas“, aveva aggiunto Ziadeh.

Haniyeh e Meshaal avevano incontrato funzionari in Egitto, un altro paese che ha avuto un ruolo di mediazione nei colloqui per cercare un cessate il fuoco. All’inizio di novembre 2023, Haniyeh si era recato a Teheran per incontrare il leader supremo dell’Iran, l’ayatollah Ali Khamenei, secondo quanto riferito dai media governativi iraniani.

Haniyeh era stato uno dei primi sostenitori dell’ingresso di Hamas nel contesto politico. Nel 1994 aveva affermato che formare un partito politico “avrebbe consentito a Hamas di affrontare in modo migliore gli sviluppi futuri”.

Nel 2012, quando gli chiesero se Hamas avesse abbandonato la lotta armata, Haniyeh aveva risposto “certamente no”, aggiungendo che la resistenza sarebbe continuata “in tutte le forme: resistenza popolare, politica, diplomatica e militare”.

Un essere umano, padre di famiglia, un marito, un nonno.

A sinistra, Haniyeh, con la moglie, Umm al-Abed. A destra, la moglie al suo funerale, a Doha.

Di seguito, le foto di figlie, figli e nipotini.

(Foto e fonti: PIC, Quds News, MEMO, PC e social)

(Ringraziamo Aisha T. Bravi per le traduzioni di alcune fonti presenti in questo articolo, tra le quali MEMO).

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