Care tutte e tutti,
anche le piccole cose contano. A Nablus, nella vecchia città, vi è un caravanserraglio, patrimonio culturale di grande valore che nei secoli si è degradato e negli ultimi anni è stato colpito e ferito dai tanks israeliani. Accanto vi era una storica fabbrica di sapone, distrutta nel 2002 dai colpi dei soldati israeliani.
Il comune di Nablus in un progetto in comune con l’Unesco e l’Università di An-Naja’a con il sostegno economico della Commissione Europea ha iniziato l’operazione di restauro. Spesse volte con i gruppi di solidarietà siamo andati a vedere i lavori di restauro.
Con le ultime elezioni il comune di Nablus ha un sindaco di Hamas. L’Unione Europea, con una politica che dobbiamo far cambiare, aveva sospeso i finanziamenti perchè andavano alla municipalità di Nablus.
In Agosto sono stata a Nablus e mi hanno detto che la chiusura del cantiere, oltre ai danni culturali, aveva tolto il lavoro a molti palestinesi. Ho parlato con il responsabile Unesco, l’architetto Osama Hamdan, che seguiva i lavori e mi hanno raccontato le nefaste conseguenze della sospensione dei finanziamenti Ue. Ho immediatamente parlato con il responsabile Ue a Gerusalemme che mi ha detto che non poteva fare nulla. Insieme ad Osama e Fontana dell’Unesco abbiamo pensato che la proposta da fare era nell’immediato chiedere che i finanziamenti andassero direttamente all’ Unesco.
Al mio ritorno a Bruxelles ho immediatamente parlato con il responsabile dei progetti Ue, argomentando sulla gravità della sospensione del progetto e sul fatto che avrebbero potuto trasferire i finanziamenti all’Unesco. Non ha detto immediatamente si ma che avrebbero valutato la proposta. Dopo una settimana mi ha comunicato la mia richiesta era stata accolta e che la Commissione avrebbe provveduto a trasferire i fondi all’Unesco. Potete certo immaginare la mia gioia e soprattutto quella dei palestinesi coinvolti nel progetto.
Piccola cosa dicevo, ma dimostra che qualcosa si può ottenere.
Il problema vero però rimane quello della fine dell’occupazione militare israeliana e nell’immediato la fine delle sanzioni politiche ed economiche al governo palestinese legittimamente eletto. Per questo dobbiamo fare pressioni sull’Unione Europea e sui nostri governi. Un aiuto può venire anche dalle autorità palestinesi se riuscissero a formare un nuovo governo di unità nazionale sulla base del documento dei prigionieri politici palestinesi che riconosce lo stato palestinese sui territori occupati del 67 implicitamente riconoscendo lo stato israeliano, una delle condizioni Ue per riprendere i finanziamenti in modo diretto e non con lo strumento temporaneo che crea enormi problemi di gestione, discrimina gli aiuti e punisce collettivamente la popolazione palestinese.
Un abbraccio.
Luisa Morgantini