Il 'crimine' di essere malati e indifesi a Gaza. L'assedio che uccide i più deboli.

La commissione popolare in visita all’ospedale ash-Shifa per affrontare l’assedio

Riusciranno i malati di Gaza a farsi curare fuori dalla città prima di morire? 

Gaza – Infopal

  All’ospedale ash-Shifa le penne e le camere dei giornalisti hanno assistito alla sofferenza dei malati di Gaza ed ai lamenti di Laila Elewah, ricoverata in una camera dell’ospedale: lamenti che fendono le mura della sua stanza: “Abbiate pietà di noi … abbiate pietà dei malati … da più di tre mesi non riesco a dormire né a mangiare, vivo soltanto con la flebo .. che colpa abbiamo perché non possiamo andare a prendere le nostre cure? Noi siamo malati, non portiamo armi o altro… non chiediamo tanto, vogliamo solo medicine … vogliamo solo medicine”.

Elewah si è sforzata molto per nascondere il suo dolore ma le lacrime hanno preceduto il suo sforzo: “Abbiate pietà, mi fa male tutto il corpo e non trovo la cura… oh musulmani, dove siete? Le persone che stanno in alto e decidono del nostro dolore dovrebbero rompere l’assedio, che colpa hanno i malati? Cosa hanno fatto per essere puniti con il fuoco dell’assedio? Aiutate il povero popolo palestinese… non abbiamo nemmeno i soldi per comprare le medicine, i miei parenti non possono venire a trovarmi, non hanno i soldi per il viaggio… Dio è il più grande… Dio è il più grande… abbiate pietà di noi … mangiamo solo ‘Zatar’, timo e sale… vogliamo solo essere curati e guarire”.

 Vogliamo medicine

Anche Ni‘mah Ramadan non chiede molto, solo cure per il cuore, il diabete e la pressione. La mancanza di tutte queste medicine per lei significa molto, poiché rischia di perdere la vita.

Sul suo viso sono chiari i segni della stanchezza e del dolore, mentre dice: “Spesso non trovo le medicine, ottenerle per me è molto difficile, e, se si trovano in qualche farmacia, il prezzo non mi permette di acquistarle; così mi accontento di vederle, perché il mio portafoglio mi bisbiglia che i soldi che contiene non bastano nemmeno per comprarne la metà”. 

Non è molto diversa la situazione della piccola Diana Abu Amro: l’embargo, la chiusura dei passaggi e la mancanza di medicine, di cui ha bisogno ogni giorno, non le permettono di vivere come gli altri bambini del mondo, costringendola a preoccuparsi quotidianamente della sua sopravvivenza.

Si legge sul suo piccolo volto la speranza che possa guarire definitivamente dal diabete, e mettere fine al suo soffrire giornaliero, specialmente quando non trova le medicine, oppure quando sua madre, dopo aver faticato a trovarle, non ha abbastanza soldi per comprargliele.

La stessa madre di Diana, molto stanca e preoccupata, ha detto: “Dovrei misurare il diabete a mia figlia 7 volte al giorno, perciò dovrei comprare le strisce per testare l’urina, che però sono molto care visto che costano 120 Shekel, un prezzo che non posso permettermi”.

No all’assedio

A questo proposito, l’ing. On. Jamal al-Khudari, capo della Commissione Popolare per Affrontare l’Assedio, Rami Abdo, portavoce della Commissione, e molti altri intellettuali, che hanno voluto portare la sofferenza del loro popolo alla loro Commissione (che sostiene lo slogan “No all’assedio di Gaza”), si sono recati lunedì in visita ai malati dell’ospedale. 

Il deputato al-Khudari ha affermato che finché il malato palestinese soffrirà non potrà esistere nessuna sicurezza o pace nella zona: “La gente di Gaza vive in uno stato di lenta agonia”. Ha poi chiesto al mondo di non restare più sordo alle sofferenze del popolo palestinese in generarle e degli abitanti di Gaza in particolare, e ha precisato che ottenere delle medicine e poter spostarsi in un altro luogo per procurarsele è il minimo dei diritti umani.

Al-Khudari ha visitato il reparto di terapia intensiva dell’ospedale ash-Shifa, il reparto che mostra più di ogni altro il dolore dei malati la cui esistenza oscilla tra la vita e la morte, dove mancano le medicine e dal quale non è possibile partire per curarsi all’estero a causa della chiusura dei passaggi, oppure della difficoltà di ottenere il permesso per curarsi nei territori occupati.

Lo stesso al-Khudari si è domandato: “Cos’hanno fatto questi malati per essere assediati e non poter ricevere le cure?”, e ha rivolto un appello a "chiunque sia dotato di buon senso perché si accorga della sofferenza di queste persone che non hanno alcuna colpa per essere privati della cura”. 

In un angolo del reparto di cure intensive giace Ahmad al-Madhun, un bambino il cui corpo non ha la forza per muoversi, ma le medicine di cui ha bisogno si trovano solo negli ospedali dei territori occupati, e la sua salute continua a peggiorare ogni giorno. Il suo caso ha lasciato tutti senza parole, perché non ce ne sono che possano descrivere ciò che appare, e che non può che commuovere, non solo per la situazione del bambino ma per il silenzio che lo ucciderà.

Il capo della Commissione popolare per Affrontare l’Assedio ha confermato che la stessa commissione intende in primo luogo difendere l’interesse della fascia debole nella Striscia di Gaza senz’alcuna disputa tra diverse fazioni politiche. Ha quindi sollecitato tutti i settori della società palestinese e le sue forze influenti a collaborare per formare un grande fronte palestinese unito e per opporsi a questo assedio che intende indebolire la fermezza del popolo palestinese.

Muoiono sotto i nostri occhi

Da parte sua, il dott. Hasan Khalaf, direttore dell’Ospedale ash-Shifa, ha ricordato che tutto il personale fa il possibile con i mezzi a disposizione, “ma quando arriviamo al punto che non possiamo offrire i nost
ri servizi per la mancanza di medicine e la chiusura degli accessi alla città, siamo costretti ad ammettere che i nostri pazienti moriranno sotto i nostri occhi
”.
 
Ed ha confermato la mancanza di più di 35 tipi di medicine dai magazzini dell’ospedale, aggiungendo che in molti casi ci sarebbe bisogno di cure all’estero, ma le forze dell’occupazione vietano loro di partire, giustificando il divieto con diversi pretesti. 

Khalaf ha aggiunto: “C’è una chiara violazione dei diritti del malato, molte medicine non sono disponibili in quantità sufficiente e questo influisce pesantemente sulla salute dei malati”. 

Il piccolo Ahmad ha bisogno di essere trasferito urgentemente fuori dalla Striscia di Gaza  per essere curato, ma la domanda che si pongono dentro di sé i genitori e gli altri malati è una sola: cosa capiterà più in fretta, che il bambino riesca a ricevere delle cure fuori da Gaza oppure che l’attesa diventi troppo lunga?

 

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