Il cuore e la parola.

Il cuore e la parola

 

di Abu Yasin Merighi

4/02/07 

Silenzio.  

   Nelle pieghe di una domenica nebbiosa e infreddolita, sul bordo di tavoli di redazione svuotati, per l’affranto dolore dell’immane perdita, per il vuoto incolmabile e per lo smarrimento che assale l’uomo di fronte alla morte, lo sguardo su di un cappotto appeso sapendo che il suo padrone non tornerà mai più a casa. 

   Silenzio. 

   Il cuore di Stefano Chiarini ha smesso di battere, di stendersi la sua parola.  

   Silenzio. 

   Si affollano, nella mente di chi ha avuto la fortuna di conoscerlo, i pensieri ed i ricordi, l’immagine di momenti condivisi, delle attese e delle speranze, ritagli di vita appesi nelle bacheche delle stagioni, oggetti diversi che la polvere ha finito per proteggere dall’usura del tempo…. 

   Su tutto questo la luce, la luce di un uomo straordinario, la bellezza delle sue parole nette, precise, puntuali; e le testimonianze di colleghi e coetanei a confermarne la statura di uomo oltre che di professionista, la generosa disponibilità, la passione per le ragioni dei più deboli, l’insofferenza all’ingiustizia, talvolta gli spigoli di un carattere deciso.

    La lettura dei suoi splendidi articoli non era mai avara di sorprese: e ci si stupiva di come riuscisse a condensare, in uno spazio magari esiguo, una selva di personaggi e le ragioni che ne incarnavano l’azione, di come sapesse tratteggiare con poche sapienti note la più che complessa realtà dello scenario mediorientale. A ben vedere, dava quasi l’impressione di un fotografo, che si fissa sul soggetto e lo ferma, progressivamente, con pose sempre più accurate e precise, aspettando la luce giusta, il contrasto necessario, con rispetto e mano ferma. 

   E il risultato era quasi sempre di una nitidezza abbagliante, così come sa essere la luce di quell’angolo di mondo mediorientale che da anni albergava nel suo cuore, immagino senza particolari filtri.

    Nel gennaio del 1991, quando l’insulsa volgarità sgomitava rivendicando insignificanti scoop su chi avesse fatto vedere per primo le bombe americane su Baghdad, lui era là, sotto quelle stesse bombe, sorridente e cordiale con la gente del posto, rassicurante. 

   Assiduo testimone della violenza occidentale, talvolta della stupidità araba. E non dava mai l’impressione di retrocedere, anzi procedeva sicuro, magari a piccoli passi, come si addice all’umiltà dell’uomo di valore. 

   Silenzio. 

   Eredità pesante, di coraggio e onestà, di fatica e meticolosa precisione. 

   Silenzio. 

   A Baghdad, in Palestina, a Sabra e Chatila e ovunque si sia posato il suo sguardo capace. 

   Silenzio. 

   Se ne è andato un grande Testimone. 

   Silenzio.   

 

    4 febbraio 2007

 

 

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