Editoriale a cura della redazione di InfoPal.
Partiamo con il fatto. Dopo l’assalto alla Freedom Flotilla, di cui faceva parte – a bordo della nave riservata ai giornalisti – anche la nostra direttrice Angela Lano, dal “comitato di consulenti” della nostra agenzia vi è stata la fuga repentina e precipitosa di alcuni di essi.
Una precisazione è necessaria. Tale “comitato di consulenti” non svolge e non ha mai svolto alcuna attività specifica, anche se qua e là si è letto che il tale era “il presidente di InfoPal” (!?). Il “comitato”, invece, testimonia la vicinanza e la condivisione dei contenuti e della linea dell’Agenzia da parte di studiosi, giornalisti ecc. che a vario titolo si occupano della “Questione palestinese”. Insomma, un “riconoscimento” di un lavoro serio e professionale da parte di “esperti”.
Sinteticamente, prima di svolgere le nostre considerazioni in merito alla defezione di alcuni di questi “consulenti”, ricordiamo che cosa è stata la prima Freedom Flotilla: un convoglio di navi mercantili e passeggeri, regolarmente registrate, che trasportava aiuti – finanziati da un cartello di associazioni ed enti di beneficenza – per la popolazione sotto embargo israeliano della Striscia di Gaza da quasi quattro anni.
Una popolazione “colpevole” di essersi data, nel 2006, un governo ed un parlamento risultato di regolari consultazioni elettorali, secondo quanto è stato affermato anche dagli osservatori internazionali. Popolazione che, nel frattempo, è stata anche criminalmente bombardata a tappeto per una ventina di giorni, nell’inverno 2008-2009, per non parlare delle ristrettezze nelle quali deve vivere, tra stillicidio di bombardamenti, crisi energetica (la centrale elettrica spesso non va), merci di prima necessità che arrivano razionate o attraverso i “cunicoli” (dove è molto rischioso lavorare), cure mediche assenti o insufficienti, e così via.
Com’è andata a finire la prima Freedom Flotilla, poi, lo sappiamo tutti: un atto di pirateria sionista in acque internazionali, una strage, il sequestro di persone e beni destinati a gente che ne ha bisogno, con l’aggiunta della beffa macabra del consueto ribaltamento mediatico della realtà.
Veniamo ora a chi si è defilato dal “comitato” con una tempistica a dir poco sorprendente. I “consulenti” – potremmo dire gli “amici di InfoPal” – che si sono defilati sono in numero di quattro, e hanno un elemento in comune: si definiscono “di sinistra”. Cioè, ci tengono a questa definizione, a differenza di altri che, tra quelli che sono rimasti o si sono uniti al “comitato” dopo l’assalto alla Flotilla (ebbene sì!), hanno un bagaglio culturale, una storia, ecc., “di sinistra”, sebbene attualmente non interessi loro né autodefinirsi né come gli altri li definiscono.
È questa la differenza capitale. Chi se n’è andato, ciascuno accampando le proprie giustificazioni più o meno arzigogolate e meschine, ha voluto dire: “Siccome InfoPal non è un’agenzia ‘di sinistra’ [sorvoliamo sulle modalità delle rispettive ‘scoperte’] non voglio più essere suo ‘consulente’, quindi ‘amico’, poiché non condivido più né i suoi contenuti né la sua linea”. Tutto il resto (un link sul sito, un ipermediatizzato “Rapporto sull’antisemitismo”, le maldicenze di personaggi squallidi accreditatisi tra gli “amici della Palestina”, il sibilare di bisce senza nome né volto che popolano gli anfratti di internet, ecc.) risulta evidentemente una foglia di fico per non ammettere una divergenza sostanziale tra i contenuti e la linea seguita da InfoPal e la visione della “questione palestinese” dei filo-palestinesi “di sinistra”.
I contenuti e la linea della nostra Agenzia sono presto detti e sono sotto gli occhi dei lettori, in costante aumento…: notizie di prima mano dalla Palestina, quelle che i “media ufficiali” (contro i quali tuonano anche chi s’è defilato dal “comitato dei consulenti”) tacciono e distorcono; in particolare notizie dalla Striscia di Gaza, che attualmente rappresenta il ‘cuore della Palestina che soffre’.
InfoPal, cari signori e signore “di sinistra&rdqu
o; – al caviale, o più o meno “rivoluzionaria” – non è “di sinistra”, né più né meno di come non è “di centro” o “di destra”. È una piccola agenzia stampa, specializzata nell’informazione quotidiana sulla Palestina e i palestinesi, tutti i palestinesi: quelli sotto embargo, quelli ammazzati, arrestati, privati di una “vita normale”. “Civili” e “resistenti”, di ogni tendenza, “pacifisti” e non, uomini e donne, vecchi e giovani, governo e popolo…
Ci dispiace per voi se avevate scambiato un’agenzia d’informazione per la sezione di qualche partito (che non esiste più), dove tutti pensano la stessa cosa e si ritengono “uguali”. Noi non la vediamo in questo modo. L’informazione non ha colore, così come non ce l’ha la notizia. È notizia e basta, riportata nel modo più veritiero e professionale possibile.
A noi, se per un verso, il ritiro del vostro “nome” è dispiaciuto a livello “umano” – poiché crediamo che le relazioni tra gli uomini siano pre-politiche e/o pre-mediatiche, se ci è concesso il neologismo –, per un altro ci ha invece fatto piacere, perché questa vicenda, dalla tempistica a dir poco infelice (con la direttrice appena rientrata non esattamente da una villeggiatura, offerta gentilmente dalla premiata ditta “Israele”), ha prodotto quella chiarificazione di cui da troppo tempo si sentiva l’esigenza.
La Palestina, il popolo palestinese, non ha bisogno di “amici di destra”, “di centro” e “di sinistra” che prendano in ostaggio la loro “causa” per strumentalizzarla, e tanto meno di “amici” che nella Palestina occupata (tutta, nevvero?) proiettino le rispettive predilezioni culturali e/o politiche frustrate da anni d’inconcludenza settaria.
Però, per coerenza, non dite più che siete “con il popolo palestinese”. Siete “di sinistra”, e questa è la cosa che più v’interessa, e se il popolo palestinese non lo è, tanto peggio per lui!
Il legittimo governo palestinese, non è “di sinistra”, come non è “di centro” o “di destra”. È palestinese e basta, e se i palestinesi l’hanno votato e sta bene a loro, voi, come minimo, dovreste rispettarlo, poiché così ha voluto il popolo palestinese. Invece fate esattamente come Israele, gli Stati Uniti, l’Unione Europea: vi rifiutate di ammettere la realtà e v’inventate mille scuse per non riconoscere il legittimo governo Haniyah, perché non è “laico”.
I governi occidentali s’inventano le liste delle “organizzazioni terroriste” e danno fiato ai loro “autorevoli” media-pappagallo; voi non ne volete sapere di chi non è “laico”, sebbene rappresenti la maggioranza, e anche se non possedete le grandi catene mediatiche mettete in opera ogni meschinità per sparlare, diffamare e abbindolare qualche poveretto che ancora vi dà credito.
In questo, davvero, non differite sostanzialmente da chi ha messo in opera tutto un sistema per privare i palestinesi della loro legittima rappresentanza politica: cambiano i mezzi e le possibilità, ma il gioco è esattamente lo stesso e produce lo stesso risultato: un danno al popolo palestinese e alla sua “causa”.
Ma c’è di più. A forza di fare distinzioni, di additare, di diffondere maldicenze vi siete ridotti a un ghetto, un ghetto innanzitutto mentale, di cui quello politico (siete ormai spariti anche dal Parlamento) è solamente una conseguenza. E se in questo ghetto vi ci trovare bene, allora, in effetti, non siete neppure tanto differenti dai sionisti, che pur di non “contaminarsi” si sono asserragliati dietro una miriade di barriere, mentali e materiali. Vi siete ridotti esattamente come loro, che si ritrovano sempre tra “eguali” perché prima di ogni altra cosa interessa definirsi allo stesso modo: loro “sionisti”, voi “di sinistra”.