Il lavoro minorile a Gaza, tra povertà e assedio.

Gaza – Infopal. Mentre milioni di bambini nel mondo godono di un ambiente salutare, tra i loro famiglie e i loro compagni, trascorrendo una vita normale, centinaia di altri, nella Striscia di Gaza assediata vivono in condizioni tragiche, lavorando come ambulanti nelle strade.

La loro unica preoccupazione è vendere alcuni prodotti per aiutare le loro famiglie in gravi difficoltà, perché rimaste senza padre o perché questi è disoccupato o invalido a causa dell'assedio e delle bombe israeliane.

Shadi Mabruk, un bambino di dodici anni, abita nella città di Gaza. L’abbiamo incontrato mentre se ne stava sotto il sole cocente, con una scatola di gomme da masticare, all'incrocio di al-Saraya nel centro di Gaza. Gridava “gomma da masticare!” per attirare l'attenzione dei passanti: appena il semaforo diventa rosso, Shadi corre verso le auto per vendere le gomme agli automobilisti.

Ci siamo avvicinati a lui proprio con la scusa di comprarne un po’. Durante la nostra conversazione ci ha detto che egli esercita quest'attività da due anni e mezzo, dopo che il padre era rimasto disoccupato, poiché l'assedio israeliano imposto sulla Striscia di Gaza ha provocato la chiusura dello stabilimento dove lavorava.

Shadi ci ha raccontato che si sveglia dalle prime ore del mattino, per uscire con la scatola delle gomme e cercare di vendere qualcosa per le strade e i vicoli della città di Gaza. Il suo posto preferito è l'incrocio di al-Saraya, perché è sempre affollato.

Il ragazzino ha raccontato di essere stato costretto ad abbandonare la scuola per cercare, con i suoi fratelli, di garantirsi il cibo, dato che in famiglia non vi è alcun’altra fonte di sostentamento oltre a ciò che essi guadagnano.
Il lavoro minorile si è incrementato notevolmente, negli ultimi tre anni, a seguito dello stretto assedio israeliano imposto da terra, mare e cielo, e che ha causato un incremento esponenziale del livello di povertà e di disoccupazione nella Striscia.

Cifre incredibili. L'avvocato Sabiha ar-Rantisi, attiva nel campo dei diritti umani, ha spiegato che il numero di bambini che lavorano nella Striscia di Gaza ha raggiunto cifre incredibili, nonostante le convenzioni internazionali abbiano limitato l'età lavorativa nell'infanzia.

L'Organizzazione Internazionale del Lavoro (ILO) ha fissato l'età lavorativa in almeno quindici anni nei Paesi “sviluppati” e in quattordici anni per quelli “in via di sviluppo”.

Essa ha poi aggiunto: “La legge palestinese fissa il limite lavorativa a quindici anni, ma ci dovrebbe essere un controllo sull'età, sulle ore lavorative (4 al giorno, con una pausa) e sulle condizioni idonee; ma tutto questo vale veramente nella Striscia di Gaza?”

L’avv. ar-Rantisi ritiene che la responsabilità ricade sulle istituzioni pubbliche e sulla società civile: “Quando diciamo che esistono delle leggi, le parti competenti sono obbligate a controllare e a perseguire chi le viola, poiché i bambini sono quelli che rischiano di più”.

La vittima è il bambino. Da parte sua, il dottor Fadl Abu Hein, professore di psicologia presso l'Università di al-Aqsa, ha osservato che il tasso di disoccupazione nella Striscia di Gaza ha prodotto due tipi di persone nella comunità: il primo, negativo, si disinteressa a quello che succede intorno a lui; l'altro, preferisce rimanere a casa perché dal lavoro si ricava poco. I bambinim, invece, accettano gli impieghi che i grandi rifiutano.

Ha poi aggiunto che la crescita del lavoro minorile è dovuta al fatto che il minore fa mestieri che il padre non riesce a svolgere, riuscendo a coprire una parte dei bisogni della famiglia.

Ce ne sono alcune che preferiscono mandare al lavoro i loro figli: i piccoli sono dunque le vere vittime, in quanto deprivati dell'istruzione, delle cure e di un sostegno psicologico. I bambini finiscono così per fare dei lavori pericolosi che pregiudicano il loro futuro.

Invece, per quanto riguarda i problemi che derivano dal lavoro minorile, sia nell'immediato sia a lungo termine, il dott. Abu Hein ha affermato che il minore, durante il tragitto verso il posto di lavoro, apprende cattive abitudini, di conseguenza cambia la sua personalità; inoltre, quando il bambino si allontana dalla scuola, perde molte fonti di apprendimento che servirebbero per arricchire la sua personalità.

Egli ha sottolineato che il lavoro minorile può trasformarsi anche in una richiesta d'elemosina, e ciò ne danneggia la personalità, che, indebolendosi, può trasformarlo in un piccolo criminale.

Abu Hein ha infine aggiunto che i ragazzini subiscono la povertà, lavorando sin dall'infanzia per guadagnare soldi: il loro obiettivo principale diventa perciò portare a casa denaro con qualsiasi mezzo, anche illegale. E ha concluso che tale dramma non deve essere gestito soltanto dalle famiglie, ma dalle istituzioni e dalla tutta la società.

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