Il mese di Ramadan, la città di Gerusalemme e il Muro dell’Apartheid

Gerusalemme occupata – Pal.infoI musulmani di tutto il mondo stanno cominciando a vivere i giorni del mese benedetto di Ramadan. Purtroppo, questo mese ha un sapore diverso in Palestina. Il popolo palestinese sopravvive ancora sotto l’occupazione sionista, i posti di blocco e il Muro dell’apartheid dividono i suoi territori e ne limitano i movimenti.

Questo maledetto Muro ha diviso la Moschea di al-Aqsa in due e l’ha separata dalla West Bank. È la luna, la mezzaluna del mese benedetto di Ramadan, che riunisce tutti i palestinesi della Città Santa, della Cisgiordania e della Striscia di Gaza.

Lontano dalla grande moschea
Quest’anno, il mese benedetto di Ramadan viene dopo la fine del sit-in dei deputatii palestinesi della città di Gerusalemme, alla sede della Croce Rossa, nel quartiere di Sheikh Jarrah. Infatti, le forze speciali sioniste presero d’assalto la loro tenda il 23 gennaio del  2012. Il deputato Ahmed Atton fu espulso nella città di Ramallah, in Cisgiordania. Il deputato Mohammed Totah e il ministro Khaled Abu Arfa furono arrestati.

L’anno scorso, la tenda del sit-in era un luogo di ritrovo di centinaia di palestinesi che condividevano con i deputati i pasti e la preghiera.
Il deputato Ahmed Atton ha dichiarato a Pal.info che c’è una forte differenza tra il mese di Ramadan di quest’anno e quello dello scorso anno: “Nella tenda del sit-in, malgrado la sofferenza, sentivamo di vivere vicino alla santa moschea di al-Aqsa.  Sentivamo anche la chiamata alla preghiera di al-Aqsa” .

Questa separazione gli crea dolore: “Hanno separato il nostro corpo dalla nostra anima: la moschea, la famiglia, la storia e la vita”.
Tutto quello che succedeva nella tenda del sit-in rappresentava la volontà della città di Gerusalemme di resistere, di  sfidare l’occupante. Pasti collettivi destinati a rompere il digiuno e preghiere collettive cui delegazioni venute dappertutto partecipavano e dimostravano la loro solidarietà ai deputati e alla causa palestinese.
“Ci habbo allontanati con la forza dalla nostra città di Gerusalemme, dalla Moschea al-Aqsa, Ci hanno privati a causa del loro razzismo, del Muro, ritirandoci le carte d’ identità. Ci hanno negato il diritto di entrare nella nostra terra”.

Egli conferma che presto compiranno  le loro preghiere nel santuario.
Da parte sua, il palestinese Omer Salem, del campo di Shufafat, a Gerusalemme, ha dichiarato che gli occupanti sionisti cercano di imporre ogni anno un nuovo tributo alla città. Ad esempio, il Muro dell’Apartheid lascia il campo all’esterno della città. Inoltre, essi espellono decine di abitanti della città.

Politica di discriminazione
Gli occupanti sionisti vietano ai residenti in Cisgiordania e nella Striscia di Gaza di raggiungere la città di Gerusalemme e la moschea di al-Aqsa, applicando la loro politica di giudaizzazione. Con il Muro dell’Apartheid e le porte di sicurezza, puntano a isolare gli abitanti della Città Santa, a cacciarli dalla loro città.

Gli occupanti sionisti fanno tutto affinché i palestinesi, provenienti da ogni parte della Palestina, non si riuniscano nella loro moschea.
Ahmed Hamdan, che abita ad Anata, a nord della città di Gerusalemme, ha detto al corrispondente di Pal.infoche a causa dell’occupazione e del Muro dell’Apartheid non possono andare a pregare nella moschea al-Aqsa, benché siano a pochi metri da essa: “Ci impediscono di andarci con il pretesto che non abbiamo la carta verde, il che significa che siamo abitanti della Cisgiordania. “Ci impediscono di superare i posti di blocco e il Muro anche se  abitiamo nei villaggi di Gerusalemme”.

Si noti infine che il Muro separa la città di Gerusalemme dai villaggi e le città del nord, dell’est e del sud di Gerusalemme. A causa della politica discriminatoria sionista, la santa al-Aqsa resta isolata.