Il 'moderato' Abu Mazen tortura e uccide.

MARTEDÌ 4 MARZO 2008

Il "moderato" Abu Mazen tortura e uccide

La Coalizione contro la Tortura chiede un’indagine sulla morte di un detenuto imprigionato dall’Autorità Palestinese.

Rapporto della Coalizione Uniti Contro La Tortura, 3 Marzo 2008[1]

Majd al-Barghouti è morto lo scorso 22 Febbraio, mentre era 
illegalmente detenuto dal servizio segreto (GIS) dell’Autorità 
Palestinese (PA) a Ramallah. Il rapporto medico legale, ordinato dal 
Procuratore Generale palestinese, ha definito la morte improvvisa 
come "naturale" e ha dichiarato che la causa era dovuta a collasso 
cardiaco, per via di un cuore ingrossato in modo anormale. Sebbene il 
rapporto affermi che non c’erano segni di violenza in nessuna parte 
del corpo, afferma altresì che c’erano segni di colore scuro sulle 
braccia, sul ginocchio destro e sulla coscia destra, "che non erano 
in relazione con la causa della morte". In realtà vi sono le prove, 
incluse fotografie, che prima della sua morte Sheikh Majid Abdul Aziz 
MUstafa al-Barghouti, di anni 44, era stato sottoposto a torture e a 
maltrattamenti. Egli può essere stato anche vittima di negligenze 
mediche durante la detenzione. La Coalizione Uniti Contro la Tortura 
esprime la propria profonda preoccupazione per la morte improvvisa di 
al-Barghouti, come pure per la sua detenzione illegale, che è parte 
di un’ondata – tutt’ora in corso – di arresti di massa e di 
detenzioni illegali attuati dall’Autorità Palestinese. La Coalizione 
appoggia con forza la costituzione di una commissione d’indagine 
indipendente che esamini le circostanze che hanno portato alla morte 
di al-Barghouti. Chiediamo anche che le competenze di tale 
commissione comprendano la detenzione illegale di al-Barghouti, come 
pure quella di un gran numero di altri cittadini palestinesi.

Secondo i rapporti, Majid al-Barghouti era stato arrestato il 14 
Febbraio, otto giorni prima della sua morte. Due auto civili con 
targhe palestinesi erano entrate nel villaggio di Koubar, fuori 
Ramallah, e quattro uomini mascherati avevano fermato al-Barghouti 
quando era uscito dalla locale moschea, dove fungeva da Imam. Quando 
al-Barghouti ha chiesto aiuto, uno degli uomini [mascherati] si è 
presentato come un ufficiale del servizio segreto palestinese e ha 
condotto il prigioniero nel quartier generale del servizio a Nord di 
al-Bireh, per interrogarlo. Il prigioniero non è stato condotto 
davanti all’autorità giudiziaria entro le 24 ore successive 
all’arresto, come previsto dal codice penale palestinese. Al 
prigioniero non è mai stato permesso di ricevere visite durante la 
sua detenzione.

In una dichiarazione giurata fornita al Centro Palestinese per i 
Diritti Umani (PCHR), il testimone Al-Haq, un palestinese che era 
stato arrestato dal servizio lo stesso giorno di al-Barghouti, ha 
detto che al-Barghouti è stato violentemente picchiato durante la 
prigionia. Il testimone ha affermato di aver riconosciuto la voce di 
al-Barghouti che urlava aiuto da una stanza per gli interrogatori che 
stava di fronte alla propria cella, mentre egli stesso veniva 
interrogato sui suoi rapporti con la Forza Esecutiva del Ministero 
dell’Interno di Gaza [diretto da Hamas]. Il testimone oculare, che 
afferma di essere stato a sua volta torturato in prigione, afferma 
inoltre che era in grado di vedere al-Barghouti, attraverso un buco 
nel muro della propria cella, mentre veniva ammanettato con una 
catena di ferro collegata alla cima della finestra di vetro, in modo 
tale tenere il corpo sollevato sopra il pavimento. Un esponente del 
PCHR ha visto personalmente dei segni sulle mani di al-Barghouti che 
erano compatibili con l’essere stato incatenato e appeso per un lungo 
periodo di tempo.

Secondo il racconto del testimone, il 21 Febbraio egli ha ascoltato 
uno degli interroganti offrire ad al-Barghouti acqua e cibo, ma il 
prigioniero ha vomitato. Attraverso il buco nel muro, il testimone 
dice di aver visto un funzionario accostarsi ad al-Barghouti, 
dicendogli di stare in piedi, e di aver sentito al-Barghouti dire che 
non aveva più la forza per stare in piedi. Nel pomeriggio, al-
Barghouti è stato portato sul terrazzo e il testimone ha potuto 
ascoltare i suoi gemiti fino alle 8.30 mattutine del 22 Febbraio, 
quando ha smesso di lamentarsi. Non risulta che il servizio segreto 
abbia chiamato un dottore per dare assistenza medica ad al-Barghouti, 
sebbene fosse legalmente responsabile della salute del prigioniero.

Majid al-Barghouti era sposato con otto figli. La sua famiglia 
insiste che egli non aveva alcun problema cardiaco prima della sua 
detenzione. Le prove, che includono fotografie del corpo della 
vittima, il rapporto dell’autopsia – secondo cui "c’erano delle 
notevoli escoriazioni sul corpo della vittima mentre le cosce e le 
ginocchia erano scolorite" – e le dichiarazioni giurate dei 
testimoni, indicano tutte che al-Barghouti è stato sottoposto a 
tortura e/o a maltrattamenti durante la sua detenzione da parte del 
servizio segreto dell’Autorità Palestinese – in violazione di uno dei 
diritti umani più basilari: il diritto a non essere sottoposto a 
tortura e a crudeltà, e a un trattamento inumano e degradante. La 
tortura è sempre proibita, sia dal diritto internazionale che dal 
diritto palestinese. La tortura è un crimine sottoposto a processo 
dovunque nel mondo in base a principi universalmente riconosciuti.

Secondo il comunicato stampa del 24 Febbraio della Commissione 
Palestinese Indipendente per i Diritti dei Cittadini (PICCR), Sheikh 
al-Barghouti "è stato arrestato in base alla propria appartenenza 
politica, e senza il rispetto delle procedure legali da parte del 
servizio segreto." Non si è trattato di un caso isolato; il PICCR fa 
notare nei suoi comunicati stampa che "c’è stata una notevole 
crescita del numero dei palestinesi imprigionati nelle galere e nei 
centri di detenzione palestinesi". Sheikh al-Barghouti non è stato 
portato innanzitutto davanti alle autorità giudiziarie competenti, 
come previsto dal codice penale palestinese. Egli è stato tenuto 
prigioniero in condizioni "molto dure" e non ha ricevuto le 
necessarie cure mediche. Gli è stato impedito di vedere i propri 
familiari durante la detenzione. Il trattamento cui è stato 
sottoposto non è stato controllato da nessuna autorità. In realtà, al 
PICCR, la sola organizzazione per i diritti umani che ha accesso alle 
prigioni e ai centri di detenzione controllati dall’Autorità 
Palestinese, è stato spesso negato l’accesso ai centri di detenzione 
del servizio segreto a Ramallah e a Gerico. Secondo il suo comunicato 
stampa, al PICCR è stato impedito di "controllare le condizioni 
carcerarie e di accertarsi che le procedure legali venissero 
rispettate". Nel Febbraio del 2008, al PICCR è stato negato l’accesso 
alla prigione dove al-Barghouti era detenuto. E’ stato formato ora un 
comitato parlamentare per indagare sulla morte di questo prigioniero 
e sulle circostanze in cui tale morte è avvenuta, e il PICCR è stato 
aggregato al comitato.

Alla luce dei fatti suddetti, la Coalizione Uniti Contro la Tortura 
chiede:

· Un’indagine attenta e indipendente della morte di Majid al-
Barghouti e delle circostanze in cui è avvenuta. La piena 
collaborazione da parte di tutte le autorità competenti con il 
comitato parlamentare affinché riesca ad adempiere al proprio mandato.
· La messa in stato di accusa di chiunque sia stato coinvolto nelle 
torture, nei maltrattamenti e nell’omissione di cure mediche nei 
riguardi di al-Barghouti, come pure la messa in stato di accusa dei 
superiori che possono aver ordinato o avallato questi provvedimenti. 
Nessuna impunità per i funzionari del governo.
· L’indagine deve includere la legalità delle procedure utilizzate 
per l’arresto e la detenzione di al-Barghouti.
· Un immediato stop agli arresti compiuti in base all’appartenenza 
politica e il rilascio immediato di tutti i prigionieri politici.
· L’autorità effettiva e senza restrizioni per il PICCR di 
ispezionare tutte le carceri palestinesi, incluse quelle gestite dal 
servizio segreto.
· La facilitazione delle visite compiute dalle organizzazioni 
umanitarie palestinesi per controllare le condizioni di detenzione e 
il trattamento dei detenuti, e per assicurare il rispetto delle 
procedure legali. Le visite da parte degli avvocati dei detenuti e 
dei loro familiari.
· La chiusura immediata e permanente di tutte le prigioni non ufficiali.

[1] Traduzione di Andrea Carancini. Il testo originale è disponibile 
all’indirizzo:
http://electronicintifada.net/v2/article9363.shtml

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