MEMO. Di Hossam Shaker. Mentre la data per l’annessione pianificata di Israele alle terre palestinesi si avvicina, gli ambienti israeliani hanno espresso una crescente preoccupazione per le conseguenze di questa azione.
Le preoccupazioni non derivano tuttavia dal fatto che l’annessione viola il diritto internazionale, sovverte gli obblighi di una potenza occupante o i principi del “processo di pace” e della “road map” stabiliti dal Quartetto; ma risiedono principalmente nel timore di riscontri insoddisfacenti a livello internazionale e regionale in merito alla prevista fase di annessione, nonché dei suoi costi di sicurezza sul terreno, delle sue conseguenze amministrative ed economiche e se, più in generale, sarà concretamente fattibile per l’autorità di occupazione.
La volontà israeliana di annessione dei Territori della Cisgiordania ha palesato il segnale definitivo per cui, prima di tutto, Israele non si occupa assolutamente della creazione di uno stato palestinese indipendente, anche se smilitarizzato, geograficamente scollegato e privo di basi economiche.
L’occupazione controlla praticamente tutta la Cisgiordania e gode di un ampio sostegno americano al riguardo. L’annuncio di questa annessione è l’unico passo concreto rimasto, dopo che i governi israeliani che si sono succeduti gli hanno spianato la strada con politiche ed interventi per oltre mezzo secolo. Hanno sequestrato terre palestinesi, realizzato insediamenti su di esse ed esercitato il dominio in nome del governo militare, tuttora in corso in Cisgiordania, dal 1967.
Il piano di annessione comprende, ad esempio, la Valle del Giordano ed il Mar Morto settentrionale, una regione di importanza strategica e vitale che occupa circa il 30% dell’area della Cisgiordania. L’autorità israeliana per l’occupazione ha da tempo lavorato per imporre restrizioni sistematiche ai cittadini palestinesi della Valle, ai quali raramente viene permessa la gestione delle loro stesse risorse. L’annessione della Valle del Giordano, oltre alle sue conseguenze strategiche, significa semplicemente che qualsiasi stato palestinese esisterà solo all’interno di un’area ristretta e isolata nelle mani di Israele, e questo “Stato” non avrà frontiere esterne, poiché la valle costituisce una barriera lungo il confine della Cisgiordania con la Giordania.
In questo modo, ciò che è rimasto delle promesse del “processo di pace” cesserà completamente con l’annessione di vaste aree della Cisgiordania, oltre alle zone che l’occupazione ha invaso precedentemente con vari pretesti, insediamenti, costruzione del Muro di separazione, taglio di strade, necessità militari, ecc.
Una delle conseguenze di questo passaggio è che l’Autoritá Palestinese perderà la ragione stessa della sua esistenza, poiché venne originariamente istituita nel 1994 come una semplice fase di transizione sulla strada per la creazione di uno stato palestinese indipendente nei cinque anni che sarebbero seguiti.
Nel corso degli anni, i vari governi israeliani si sono sforzati di sostenere l’occupazione, promuovere l’insediamento e troncare sul nascere la creazione di un qualsiasi potenziale stato palestinese. Si può dire che gli slogan di negoziazione e pace sono stati solo una copertura per l’evasività cronica praticata a spese del popolo palestinese, che era bloccato, diviso e strettamente controllato. L’occupazione israeliana ha approfittato della “fase di pace e negoziati” per imporre ulteriori cambiamenti sul terreno. Tra questi, gli insediamenti che sono quadruplicati nell’ultimo quarto di secolo, mentre Gerusalemme Est è stata isolata dalla Cisgiordania, e ne è stata distrutta la situazione demografica.
La realtà ha altri aspetti crudeli, tra cui la politica di ricatto finanziario praticata dal governo israeliano con l’Autorità Palestinese, ad esempio, impedendo il trasferimento di fondi fiscali. Una nuova crisi si verifica ogni mese a causa di questo denaro e le autorità di occupazione hanno tagliato parte di esso con vari pretesti. L’istituzione di uno “Stato palestinese” in queste condizioni non porterà ad alcuna indipendenza economica, dal momento che questo “Stato” sarà un’entità che non avrà le più minime condizioni di indipendenza e sovranità.
Piuttosto, sarà uno stato incapace di proteggere i suoi cittadini, poiché tutte le sue armi saranno necessarie per ricorrere alla repressione interna e prevenire la rivoluzione contro l’occupazione, invece di respingere le continue violazioni perpetrate dalle forze di occupazione sul campo.
Se il governo Netanyahu-Gantz prenderà o meno la decisione di annettere vasti territori della Cisgiordania, il messaggio è comunque chiaramente arrivato. Esso ha affermato che la controparte israeliana non si é occupata prevalentemente di presunti processi di pace o di seri negoziati e che ha invece costantemente cercato di imporre instancabilmente i cambiamenti desiderati sul terreno, giorno dopo giorno, e non è stata frenata dalle critiche della comunità internazionale e dalle sue reiterate dichiarazioni verbali. Queste includono risoluzioni, relazioni e avvertimenti emessi dall’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, dal Consiglio di Sicurezza, dalla Corte Internazionale di Giustizia, dal Consiglio per i Diritti Umani, dall’Unione Europea e da altri organismi. E’ un finale infelice a cui la comunità internazionale, a lungo lassista, ha partecipato con un’occupazione militare cronica e che non ha ancora osato fare un passo punitivo o dissuasivo.
Si dovrebbe riconoscere che il “processo di pace in Medio Oriente”, iniziato a Madrid nel 1991, e che ha attraversato fasi successive, comprese le promesse del Quartetto internazionale di stabilire uno “Stato palestinese praticabile, indipendente e geograficamente contiguo”, è come una continua processione funebre di diritti, giustizia e diritto internazionale. La realtà è che i diversi governi israeliani, in primo luogo, non volevano l’indipendenza palestinese. Allo stesso modo, nessun governo israeliano ha ancora osato pronunciare il termine “popolo palestinese”, soprattutto perché sarebbe in conflitto con la credenza sionista e l’ideologia dell’insediamento. La scena si è conclusa con una realtà accuratamente intessuta di dominio e oppressione, nella quale le autorità di occupazione israeliane hanno sviluppato il proprio sistema di apartheid, Bantustan, segregazione, controllo, censura e persecuzione, mentre la comunità internazionale sta guardando con noncuranza.
Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi