Il muro di Betlemme trasformato per la visita del Papa

Di Alex Shams. Betlemme-Ma’anIn anticipo rispetto alla visita di Papa Francesco in Terra Santa nella giornata di domenica 25 maggio, gli abitanti di Betlemme ed i suoi funzionari sono stati impegnati a ricoprire la città di manifesti per celebrare la sua prima visita ufficiale.

Grandi striscioni raffiguranti Sua Santità accanto al presidente Mahmoud Abbas adornano i principali incroci, mentre i più umili manifesti appesi vicino ai negozi ed alle case sono quelli riservati al suo benvenuto da parte delle famiglie di Betlemme.

Nella storica piazza della Mangiatoia di Betlemme, tuttavia, il Papa è stato accolto da uno scenario radicalmente diverso: grandi interpretazioni di classici dipinti europei di sofferenza biblica, giustapposti ad alcune fotografie delle attuali condizioni di vita palestinese.

Tali sorprendenti immagini fanno parte del progetto “In presenza della Santa Sede”, promosso dal Museo palestinese con lo scopo accogliere il Papa in un modo del tutto unico: esaminare l’esperienza palestinese in relazione ad uno dei più famosi martiri della terra, Gesù Cristo.

Gli striscioni includono alcune scene del compianto di Cristo accostate all’immagine di una donna intenta a spulciare tra i suoi averi dopo un attacco israeliano al campo profughi di Jenin e a quella di un uomo che trascina un corpo che è allo stesso tempo un palestinese, vittima del fuoco israeliano, ed il Cristo martire.

Il direttore del Museo John Persekian ha riferito a Ma’an che queste immagini hanno lo scopo di aiutare gli spettatori, Papa compreso, a rivalutare la questione palestinese ed a comprenderla attraverso una lente più “umana”, esplorando contemporaneamente la pertinenza degli insegnamenti cristiani oggi.

“Abbiamo cercato di diffondere il messaggio cristiano ed i suoi insegnamenti, giustapponendoli alla situazione attuale, per aiutarci a riflettere su quello che è successo negli ultimi 66 anni”, ha dichiarato; aggiungendo poi: “Come facciamo a comprendere queste esperienze in relazione ai messaggi di fede, pace, amore, perdono ed all’esistenza di un Dio giusto?”.

Gli striscioni sono esposti non solo nella piazza della Mangiatoia, ma anche nel vicino campo profughi di Duheisha che ospita circa 15.000 palestinesi fuggiti o espulsi dalle loro case per mano delle milizie sioniste nella guerra del 1948, che ha portato alla creazione dello stato di Israele.

In Giordania nella giornata di sabato, il Papa ha incontrato i bambini rifugiati siriani e il programma di domenica è l’incontro con quelli di Duheisha, dove avrà modo di vedere gli striscioni. Dal momento che il conflitto siriano ha comportato un esodo di massa dal paese negli ultimi anni, la situazione dei profughi palestinesi – cui è stato negato per 66 anni il diritto al ritorno nelle loro case da parte di Israele – si continua a stagliare sullo sfondo.

“Che cosa significa essere umiliati per così tanto tempo?” si domanda Persekian. “Che cosa ci dice della fede dei popoli espropriati?”.

L’accostamento di dipinti classici accanto a fotografie in bianco e nero crea un potente parallelismo che mette in evidenza l’universalità della sofferenza, soprattutto perché attinge a specifici esempi storici.

Allo stesso tempo, Persekian afferma che le opere artistiche fungono da specchio per il mondo occidentale e per le risposte più disparate che da esso sono state rivolte alla sofferenza del più famoso dei martiri palestinesi, Gesù, ed a quella dei suoi antenati, i palestinesi contemporanei.

«Come ha guardato il mondo ai palestinesi e come li ha trattati, in particolar modo il mondo occidentale in cui la maggioranza è cristiana? Come hanno applicato questi valori?” ha domandato.

Queste domande saranno impresse nella mente di molte persone domenica, quando il papa – il capo di una chiesa di oltre 1 miliardo di persone in tutto il mondo – verrà in visita nella piccola città di Betlemme.

Traduzione di Erica Celada