Il nuovo Egitto: un potenziale alleato per l’Iran

Da Geopolitica.

Di Nasser Saghafi-Ameri.

Iran ed Egitto sono sulla strada del ristabilimento di relazioni bilaterali dopo più di tre decenni di ostilità. Il Presidente Mahmoud Ahmadinejad, nella sua prima telefonata al neo-eletto Presidente egiziano Mohamed Morsi, ha affermato che l’Iran non porrà alcun limite al rafforzamento dei legami con l’Egitto. Egli ha invitato la sua controparte al summit delle nazioni del Movimento dei Non Allineati che avrà luogo a Teheran alla fine del prossimo agosto. Ahmadinejad ha enfatizzato il fatto che le due nazioni condividano un’eredità culturale e che l’Iran sia pronto ad approfondire i rapporti in campo tecnologico, industriale ed economico, sottolineando inoltre la necessità di un dialogo politico.

Le relazioni irano-egiziane sono precipitate in un periodo di stagnazione all’indomani della firma degli Accordi di Pace di Camp David tra Egitto ed Israele, nel 1979. La rottura dei legami tra Il Cairo e Teheran, e il riallineamento dell’Egitto verso Israele, erano in sintonia con gli interessi israeliani. Infatti, il prosieguo dell’antipatia egiziana nei confronti dell’Iran è divenuto uno dei pilastri della sicurezza nazionale di Israele. Dopo l’assassinio di Anwar al-Sadat, e durante il regime di Hosni Mubarak, l’avvicinamento dell’Egitto agli Stati Uniti era stato rafforzato fino al punto da rendere l’Egitto un alleato statunitense in Medio Oriente, appoggiandone tutte le iniziative nella regione. Durante la guerra tra Iran e Iraq, tra il 1980 e 1988, l’Egitto diede il proprio supporto a Saddam Hussein fornendo armi per un valore stimato di cinque miliardi di dollari. Dopo un periodo di stasi, iniziato nel 2000, durante la presidenza di Mohammad Kathami in Iran, una serie di tentativi infruttuosi erano stati effettuati per sanare le relazioni tra i due paesi. Tuttavia, la pressione statunitense impediva qualsiasi ripresa. Altri tentativi fallirono o produssero minimi risultati anche quando il Presidente Ahmadinejad espresse il suo entusiasmo a favore del ripristino di relazioni diplomatiche affermando che “noi siamo determinati a perseguire una normalizzazione delle relazioni con l’Egitto, e se il governo egiziano si dichiarasse pronto, prima che termini la giornata lavorativa, siamo disposti ad aprire una ambasciata iraniana al Cairo”.

Ad ogni modo, il grande cambiamento è intercorso nel febbraio 2011, poco dopo le dimissioni di Mubarak, quando l’Iran ha richiesto il permesso di far transitare due navi da guerra attraverso il Canale di Suez e le autorità egiziane hanno accettato. Presumibilmente, la percezione di entrambi era che essi avrebbero profittato del ravvivarsi delle loro relazioni in un contesto regionale in divenire. Per l’Iran, la rivoluzione egiziana ha creato una nuova situazione politica, in cui l’Egitto sta progressivamente appoggiando i Palestinesi e distaccandosi da Israele. Per trent’anni la Repubblica Islamica d’Iran ha ritenuto di essere sola e soprattutto senza alcun aiuto nel difendere la causa palestinese. È dunque motivo di sollievo vedere l’Egitto di nuovo parte della politica della regione e dal lato giusto dell’equazione di sicurezza politica. Per l’Egitto, come tradizionale guida del mondo arabo, attivare relazioni con l’Iran aiuterebbe a ristabilire una posizione di leadership che ha perduto sulla scia del sostegno a Stati Uniti e Israele nella precaria equazione geopolitica del Medio Oriente.

I paesi del Nord Africa e del Medio Oriente, dal Marocco ad ovest all’Oman ad est, sono colpiti da rivolte senza precedenti. Le turbolenze nella regione hanno avuto significative ripercussioni per l’Egitto quale attore principale nel mondo arabo e pivot strategico. Internamente, l’Egitto sta affrontando numerose e importanti sfide: primo, la crisi politica che rappresenta la causa diretta delle linee di frattura che caratterizzano il complesso panorama politico ed etnico. Islamisti, copti, conservatori, liberali, nazionalisti e, certo, gli alti gradi militari sono tutti coinvolti nella lotta al potere. Un elemento essenziale in tale processo è dato dalla forza della gioventù che con vigore si appella al cambiamento nel nuovo Egitto. Essa costituisce più del 60% della popolazione under 25. Nonostante i giovani facciano parte dei segmenti di popolazione meglio educati della nazione, circa l’80% di questi sono disoccupati. Non sorprende che essi siano tra quelli che hanno dato avvio alla rivoluzione a Piazza Tahrir.

Il secondo rilevante fattore di sfida riguarda il settore economico. Sebbene l’Egitto abbia la più diversificata economia del mondo arabo, esso sta affrontando numerose difficoltà in relazione ai piani di sviluppo economico. Il sistema di economia di libero mercato durante il regime di Mubarak, promosso dal FMI e dagli Stati Uniti, non ha migliorato l’economia, con il risultato che i principali benefattori sono stati solo gli egiziani più ricchi. Così, oggi il nuovo establishment politico deve far fronte ad una moltitudine di sfide economiche. Un’ulteriore considerazione riguarda il ruolo dei militari, i quali hanno profondamente incrementato i propri interessi nell’economia egiziana sin dai primi anni ’50, con il colpo di Stato delle forze armate. Si ritiene che, attualmente, questa istituzione controlli il 30% del PIL dell’Egitto. Ciò che rende il quadro ancora più complesso è la stretta relazione a livello militare con gli Stati Uniti, fondata sugli annuali 1,3 miliardi di dollari di aiuti statunitensi all’Egitto. Così, la questione è capire fino a quale punto le forze armate desiderino abbandonare il proprio controllo sull’economia, quando cederanno il potere al governo civile e con quale intensità gli Stati Uniti siano pronti ad influenzare tale processo. Un altro tema che attende una soluzione riguarda lo stato del conflitto tra Israele e Palestina ed il futuro degli Accodi di Camp David. Coloro che ricercano una revisione dell’accordo sottolineano che le condizione sono mutate da quando esso è stato siglato. Essi ritengono che l’accordo era basato sull’equilibrio di potere regionale del periodo della Guerra Fredda, mentre ogni accordo dovrebbe essere fondato su un bilanciamento di interessi.

Il Vicino Oriente

Sulla scia della rivoluzione egiziana, i recenti eventi tra Egitto e Iran hanno puntato a forgiare delle rinnovate relazioni diplomatiche tra le due nazioni. Questi sono segnali che l’Egitto sta dando inizio ad un nuovo capitolo delle sue relazioni estere, guardando significativamente alla tendenza di formare interessi indipendenti da quelli statunitensi. L’Iran accoglie positivamente questo cambiamento nella posizione di politica estera dell’Egitto. Tutte le indicazioni dimostrano che sia l’Iran che l’Egitto sono pronte a formare un nuovo legame nel mutevole panorama mediorientale.

Le prospettive di relazioni sono promettenti ad ogni livello sia esso bilaterale, regionale o internazionale. In termini bilaterali, commercio, turismo, cooperazione tecnica, specialmente per le infrastrutture in campo energetico, potrebbero essere sulla lista. In termini regionali, il nuovo Egitto potrebbe positivamente modificare l’equilibrio di potere soprattutto per quanto concerne il problema palestinese, e calmierando l’estremismo nel mondo arabo, che ha preso piede a seguito della mancanza di una leadership potente ed effettiva. Il nuovo Egitto potrebbe inoltre giocare un ruolo di primo piano nello smorzare le forze radicali e guerrafondaie in Israele, quelle che appoggiavano le politiche di appeasement di Mubarak, come nel caso della tragedia di Gaza nel 2008.

In termini internazionali, Egitto ed Iran potrebbero avere una voce più forte nel Movimento dei Non Allineati nella promozione della cause da esso sponsorizzate. Ciò è vero anche in relazione al Trattato di Non Proliferazione (TNP) salvaguardando i diritti degli Stati membri di tale trattato per lo sviluppo di tecnologie nucleari a fini pacifici. L’Egitto sta pianificando il suo primo impianto nucleare a El Dabaa. Nel frattempo, l’Iran è dotato di un patrimonio di conoscenze e di tecnologie nel settore degli impianti nucleari che potrebbe condividere con l’Egitto. In questo contesto ed in futuro, l’Egitto potrebbe divenire un candidato come l’Iran per la membership nel gruppo degli “Stati nucleari senza armi”. Intanto, entrambe le nazioni potrebbero coordinare le loro attività in materia di disarmo nucleare e nella definizione di una zona priva di armi di distruzione di massa in Medio Oriente, che l’Iran ha iniziato e che fu co-sponsorizzata dall’Egitto nel 1974.

Indubbiamente, i succitati piani per future collaborazioni non mancano di sfide. Alcuni paesi della regione stanno già mostrando segni di timore circa le prospettive future delle relazioni irano-egiziane. Il quotidianoal-Sharp al-Awsat, noto per aver supportato il governo saudita, ha avvertito il Presidente Morsi ed il suo governo di non stringere amicizie con l’Iran. L’editoriale afferma che “se l’Egitto ristabilisce relazioni diplomatiche con il regime degli Ayatollah in Iran, ciò potrebbe suggerire che il Presidente Morsi non abbia comprensione né consapevolezza della realtà del fronte arabo orientale. Le minacce iraniane – nello specifico il fatto che bombarderanno la regione del Golfo se i siti nucleari iraniani verranno presi di mira, i tentativi di pervadere l’identità araba di Iraq e Siria, e il suo dominio delle aree del Libano (attraverso il mini-Stato di Hezbollah) – dovrebbero tutte indurre l’Egitto, il più grande Stato arabo, ad essere guardingo, cauto e attento”. L’articolo ha inoltre manifestato una velata minaccia relativa alla possibile espulsione di due milioni di lavoratori egiziani nei paesi del CCG se l’Egitto non terrà conto dell’avvertimento.

L’Egitto è ben consapevole del crescente rilievo dell’Iran nel Medio Oriente e la sua influenza sulle forze regionali, e non è propenso ad aderire al gioco a somma zero, sposato da alcune potenze della regione. Tuttavia, dovrebbero non essere scontate, per il prossimo futuro, le continue pressioni di Stati Uniti e dei suoi alleati nella regione nel tentativo di tenere l’Egitto lontano dall’Iran. Nonostante le numerose ambiguità, una cosa sembra certa, gli elementi ostili in Egitto che in passato lavoravano incessantemente contro qualsiasi significativa relazione con l’Iran non occupano più le loro precedenti posizioni. Dunque, la prospettiva di relazioni crescenti sembra sempre più promettente di quanto non lo sia stato mai.

(Traduzione dall’inglese di Chiara Felli)

Nasser Saghafi-Ameri è un ex diplomatico iraniano, studioso di politica estera, sicurezza internazionale e disarmo nucleare.

Iran Review, 18 luglio 2012.