Il più antico laboratorio di artigianato di Hebron lotta per sopravvivere

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Memo. Hebron, cuore industriale della Cisgiordania, vanta una tradizione secolare nella produzione di oggetti di vetro e ceramiche. Sembra siano stati i Fenici a introdurre le tecniche di soffiatura del vetro in Medio Oriente, ma l’industria palestinese moderna trae probabilmente origine dall’epoca romana.

Prima dell’Intifada del 1987, a Hebron erano attivi molti laboratori, ma solo uno è sopravvissuto alle chiusure forzate imposte da Israele durante la famosa rivolta. Un nuovo impianto ha aperto i battenti in città negli anni ’90, ma il settore non si è mai ripreso.

Hamdi Tawfiq Natsheh gestisce l’impresa familiare ‘Vetri e Ceramiche Natsheh’, ruolo ereditato da suo padre e da suo nonno, che iniziò a lavorare il vetro circa 150 anni fa.

“Avevo solo 7 anni quando ho cominciato a osservare mio padre e mio nonno e a imparare da loro. È un lavoro difficile e ci vogliono anni per raggiungere la perfezione”.

Il laboratorio odierno è stato aperto nel 1976 e Natsheh sostiene che all’inizio gli affari andavano a gonfie vele, ma adesso l’impresa vive un momento di difficoltà: “Per svolgere un’attività del genere serve la pace, a livello politico. I nostri prodotti erano destinati essenzialmente ai turisti, ma oggi pochissime persone visitano Hebron. Con quello che sta accadendo a Gerusalemme, da queste parti arrivano una o due persone alla settimana”.

La famiglia si è impegnata molto per aprirsi al mercato internazionale ed è grazie alle esportazioni che l’impresa riesce a sopravvivere. Circa il 75% dei prodotti sono destinati al mercato estero.

Hebron è tra le città che soffre maggiormente l’occupazione imposta dal 1967 ed è l’unica in Cisgiordania in cui i coloni occupano gran parte del centro cittadino. Sebbene il laboratorio di Natsheh sia situato nell’ingresso settentrionale, lontano dalla Città Vecchia occupata dai coloni e presidiata da una massiccia presenza di militari, i turisti tendono a evitare questa destinazione.

Nonostante le difficoltà, Hamdi Natsheh è visibilmente orgoglioso dell’azienda di famiglia e dei suoi prodotti, ma esprime preoccupazione sul futuro:

“Non vogliamo perdere il patrimonio legato all’artigianato, che rappresenta la storia palestinese, ma oggi non riusciamo a introdurre i giovani a questa nobile arte, perché non vedono prospettive economiche rosee in questo settore”.

Traduzione di Romana Rubeo