Il premier palestinese: “L’aiuto finanziario per le famiglie dei martiri e dei prigionieri non sostiene il ‘terrorismo’”

Ramallah-Wafa. Lunedì, il primo ministro Muhammad Shtayyeh ha respinto le dichiarazioni di un tribunale israeliano contro l’Autorità Palestinese che l’accusano di sostenere il “terrorismo” in quanto aiuta economicamente le famiglie delle vittime e dei prigionieri. Shtayyeh ha sottolineato che il sostegno del suo governo non favorisce il “terrorismo”, ma è piuttosto “nostro dovere nei confronti dei figli orfani dei martiri e dei prigionieri e delle loro famiglie che necessitano di tutto il nostro aiuto”. 

Nell’incontro settimanale del gabinetto tenutosi a Ramallah, Shtayyeh ha detto che l’accusa è inaccettabile, illegale e illegittima, considerato che la corte è “uno degli strumenti dell’occupazione”. 

Il primo ministro ha affermato che l’aggressione contro i Palestinesi in Cisgiordania e in particolare a Gerusalemme, e le ripetute irruzioni nella Moschea al-Aqsa, così come gli attacchi dei coloni e le richieste degli ufficiali israeliani al loro pubblico di armarsi “alimenta l’escalation e l’appello a uccidere”.

Israele pratica la politica di “sparare per uccidere”, ha dichiarato. “Tale politica, insieme all’intensificazione degli insediamenti ed il completamento della costruzione del muro, è usata dai partiti israeliani per preservare se stessi e, da una parte, come base per le loro campagne elettorali, dall’altra per la tutela delle loro coalizioni”.

Ha evidenziato come l’assenza di un orizzonte politico e la rabbia dei Palestinesi nei confronti del doppio standard della comunità internazionale è “un avvertimento serio che la situazione sta peggiorando e quindi che la comunità internazionale debba frenare l’aggressione israeliana e la politica omicida”.

Il primo ministro ha sottolineato che è un dovere della comunità internazionale adottare una politica che fermi l’occupazione e l’aggressione nei confronti dei Palestinesi, che li protegga e ponga fine al doppio standard, insistendo che la soluzione risiede nella fine dell’occupazione, permettendo quindi ai Palestinesi di vivere sulla propria terra e stabilire il loro stato su confini riconosciuti a livello internazionale, con Gerusalemme come capitale. 

(Foto: una seduta del parlamento palestine. Wafa).

Traduzione per InfoPal di Michela Cioppa