Il presidente egiziano Mursi affronta il primo test diplomatico

Il presidente egiziano Mursi affronta il primo test diplomatico

Di Daud Abdullah 

Memo. Ad un mese esatto dall’incarico presidenziale, il viaggio di nozze del presidente egiziano Mohammed Mursi è termianto per il sopraggiungere di un brusco momento. Trappole diplomatiche spuntano da ogni parte. Che il suo primo test di prova di politica estera fosse proprio quello con Israele, questo si sapeva. Prima compare un video in cui alcuni ragazzi israeliani posano con la sua foto, poi un documento fa trapelare uno scambio epistolare tra Mursi e Peres. Il Cairo respinge la veridicità di questi fatti, Tel Aviv la conferma e i media di entrambi i Paesi ci speculano sopra.

In circostanze normali, nella diplomazia lo scambio di congratulazioni è raramente una faccenda che occupa le prime pagine. Ma questo è l’Egitto del post Mubarak e il successore del presidente spodestato è stato, fino a poco tempo fa, una figura di spicco nella tanto chiaccherata Fratellanza Musulmana. Per decenni Movimento è stato il chiodo fisso di Israele, ancora prima della fondazione dello Stato ebraico sulla terra di Palestina. Stando alla stampa, Peres avrebbe scritto a Mursi congratulandosi per la vittoria elettorale e gli avrebbe scritto di nuovo per fare gli auguri di Ramadan.

Questa settimana, il quotidiano israeliano Yedioth Ahronoth scriveva che Mursi avrebbe risposto per ringraziare Peres. Ma la copia della lettera che Mursi avrebbe recapitato in Israele, pubblicata dal quotidiano in questione, è stata definita dall’ufficio presidenziale egiziano “una falsificazione”.

Dalla cadutra du Mubarak, nel gennaio 2011, i leader israeliani hanno espresso angoscia per le conseguenze politiche. La perdita di Mubarak ha rappresentato la perdita di un “tesoro” senza pari, come disse l’ex ministro della Difesa Abraham Ben Eliezer. Nella corsa alla ricerca di un sostituto, in Israele si è sempre sostenuto il canditato Ahmad Shafiq. Da un punto di vist israeliano, quasi chiunque altro sarebbe stato preferibile alla Fratellanza Musulmana, sia perchè molti di essi furono inviati sul fronte nella guerra del 1948, sia perchè il Movimento non ha mai riconosciuto la legittimità dello Stato di Israele.

I ledaer israeliani hanno sempre considerato le espressioni dell’Islam politico l’unico vero ostacolo in grado di impedire l’egemoia israeliana nella regione. Di questo Israele è riuscito a convincere gli alleati occidentali, soprattutto l’America e lo ha fatto a tal punto che i funzionari americani all’improvviso sono riusciti ad abbandonare la propria tendenza di sempre di ignorare il Medio Oriente nel corso dell’anno elettorale egiziano.

In qualità di “protettori” degli Accordi di Camp David, gli Usa sentono il dovere di assicurare l’esistenza di quel trattato di pace. Questo è stato in testa all’agenda di tutti gli incontri al Cairo nonostante il chiaccherio pubblico si sia soffermato su questioni come democrazia e Diritti Umani.

Mentre è giusto e conveniente per il presidente Mursi rispettare il trattato con Israele, egli dovrebbe chiarire ai suoi ospitti americani di non poter onorare la prima parte degli Accordi di Camp David in cui si tratta di Palestina. Mursi dovrebbe anche spiegare le ragioni di ciò.

Tanto per cominciare; quegli accordi non permettevano ai palestinesi di esercitare pienamente i propri diritti. Il trattato offre una mera “autonomia” e “un’autorità di autogoverno” ai palestinesi di Cisgiordania e della Striscia di Gaza. Esso ignora tutti gli altri diritti violati nel 1948, anzitutto quello al Ritorno dei profughi, diritto che il presidente Mursi dovrebbe assumere. Mursi inoltre, dovrebbe ricordare agli americani che gli accordi ricevettero la condanna dall’Onu il 29 novembre 1979: “quegli di Camp David non hanno validità, insieme ad altri accordi, nella misura in cui i rispettivi contenuti puntino a stabilire il futuro del popolo palestinese e quello dei Territori palestinesi occupati da Israele dal 1967”. Questa è la risoluzione Onu n°34/65.

Ricevute le rassicurazioni da funzionari egiziani e dlla Fratellanza Musulmana, pare che Washington ora stia preparando ad affrontare la questione su un altro livello; vale a dire organizzare un incontro tra Mursi e Peres. Su questo esiste una forte opposizione al Cairo.

In un articolo scritto questa settimana dallo scrittore egiziano Fahmi Huweidi, egli esorta il presidente Mursi a “non incontrare Peres”. Il popolo egiziano che ha fatto cadere Mubarak non voleva un cambiamento di facciata al potere, con Fratellanza Musulmana al potere o con altri. Il popolo chiedeva un cambio di direzione e in nessun caso accetterà la vecchia asimmetria di relazioni con Israele. Come sostiene Huweidi: “Anche se gli accordi internazionali obbligano al rispetto di Camp David, in essi non esistono vincoli che costringono l’Egitto a farsi complice dei crimini israeliani”.

Nel complesso della vicenda, non bisognerebbe dare troppo peso all’affare dello scambio epistolare nè questa storia non dovrebbe diventare uno spettacolo per mettere Mursi in imbarazzo, per gettare discredito sulla sua persona, o indebolirlo in patria. Adesso che la luna di miele è terminata, la sua scommessa è concretizzare gli ideali della Rivoluzione del 25 Gennaio. Questo conta molto di più dei protocolli della diplomazia, implica la fine del ciclo di dipendenza e la rinascita del programma per il quale Mursi è stato eletto.