Secondo quanto avevano dichiarato fonti israeliane, il giovane, che era stato arrestato il 18 febbraio 2013, sarebbe morto per un arresto cardiaco, ma nella giornata di domenica sono stati diramati i risultati dell’autopsia, che confermano l’ipotesi della tortura:
1 – ematomi nella parte superiore destra della schiena, 2 – tracce di tortura nella parte destra del petto, 3 – profonde contusioni nel muscolo della spalla sinistra, 4 – contusioni sotto la pelle nella parte destra del petto, 5 – frattura della seconda e della terza costola, nella parte destra del petto, 6 – ferite nel labbro inferiore e tracce di sangue sotto il naso, 8 – contusione nel muscolo facciale destro.
L’autopsia ha anche confermato che non erano presenti patologie cardiache o delle arterie tali da motivare un infarto.
Jaradat era sposato e aveva due figli e un terzo in arrivo. Studiava alla Al Quds Open University.
Sabato, gli avvocati del centro palestinese per i diritti dei prigionieri, Addameer, avevano dichiarato che l’uomo non soffriva di alcuna patologia, né prima dell’arresto né durante la detenzione.
I prigionieri palestinesi nel carcere di Nafha hanno dichiarato lo sciopero della fame per protestare con la morte di Jaradat. Manifestazioni e scioperi si sono svolte in varie località della Cisgiordania.