Il ritorno gonfiato dei Fratelli Musulmani siriani

Al-Akhbar. Di Laith al-Khatib. Con la crisi attuale, i Fratelli Musulmani stanno facendo la loro seconda comparsa nella storia moderna della Siria, dopo l’insurrezione del 1982. In entrambi i casi, la violenza e il settarismo erano ai loro vertici – al punto che il nome del gruppo è diventato sinonimo di crisi nella memoria collettiva siriana. Molte delle cose riguardanti questo gruppo, tuttavia, rimangono sconosciute ai siriani.

Damasco. A partire dall’inizio degli anni Ottanta, in Siria non passa quasi mai giorno senza che vengano menzionati i Fratelli Musulmani. Perdura la dolorosa memoria della fallita insurrezione a Hama guidata dai Fratelli Musulmani nel 1982. Inoltre il gruppo è stato collegato alla pressione occidentale sulla Siria alla vigilia dell’invasione statunitense in Iraq nel 2003. Per queste ragioni, non è strano che i Fratelli Musulmani siano stati una figura di spicco durante la crisi siriana. Questo accade nonostante l’offerta dei loro leader di rimanere fuori dalla ribalta, anche se temporaneamente, a favore di contesti di coalizione dai nomi apparentemente onnicomprensivi come il Consiglio Nazionale.

“Ora è il tempo della rivoluzione contro il tiranno, non dello scontro tra programmi politici”, ha affermato il membro della Fratellanza Abu Hamed al-Midani, che ha parlato con al-Akhbar. Il quarantenne ha aggiunto che “è per questo motivo che agli organici del gruppo è stata provvisoriamente data istruzione di essere coinvolti in tutte le attività politiche e militari della rivoluzione”.

L’obiettivo è il potere

In Siria e paesi simili, la sinistra ha preso la forma di partiti secolari e nazionalisti – Ba’ath, il Partito Comunista, il movimento di Nasser – mentre la destra ha preso la forma di movimenti religiosi che si sono impegnati in attività politico-religiose radunando quelle affiliazioni che precedono lo stato-nazione, specialmente l’affiliazione settaria. Tra questi gruppi ci sono i Fratelli Musulmani e Hizb-ut-Tahrir, particolarmente attivo negli anni Sessanta.

Secondo Abu Hamed, il vocabolario settario nel discorso degli organici dei Fratelli Musulmani non è nient’altro che “realismo da parte del gruppo, dire pane al pane e vino al vino”. Non “come il discorso dei secolaristi, che lacera l’unità della nazione con termini come “nazionale”, “di sinistra”, “liberale” e “socialista”, rendendo secondaria l’onnicomprensiva identità islamica”. Tuttavia, ha continuato Abu Hamed, “questa disputa è ideologica, e non dovremmo soffermarvici su mentre il popolo siriano viene macellato dalle mani del regime”.

L’uomo non ha esitato a rivelare che l’obiettivo dei “Fratelli Musulmani era semplicemente acquisire potere… Perché è il potere che protegge il popolo dal male dei fuorviati e dagli alti e bassi degli stranieri”. A proposito di problematiche come l’economia, ha detto che il gruppo cerca di costruire un’economia islamica attraverso banche e istituzioni islamiche, incoraggiando il settore privato e attraendo investimenti stranieri. Abu Hamed dà al commercio un posto particolare nella sua visione dell’economia islamica, affermando che “il commercio è una professione benedetta, e i mercanti sono le colonne del nostro gruppo”.

L’organizzazione del gruppo

All’inizio della crisi siriana, la generazione più giovane di Damasco ha scoperto con sorpresa che nella capitale erano ancora presenti i maggiori centri affiliati ai Fratelli Musulmani, e che molti dei loro simboli storici si trovavano ancora all’interno della Siria, a conoscenza del governo siriano. Tra questi centri della Fratellanza c’è la moschea Imam Hassan Habannaka, nel distretto di Midan, dedicata ad uno dei predicatori più famosi del gruppo nella Damasco della metà degli anni Sessanta. Poi c’è la moschea Sheikh Abdul-Karim al-Rifai, vicino alla rotonda Kfar Sousa, anch’essa dedicata ad una figura dei Fratelli Musulmani. Di sicuro, mentre questa generazione sa molte cose sulla guerra tra il regime e i Fratelli Musulmani, sa pochissimo dei patti stretti tra le due parti all’inizio degli anni Ottanta.

Oltre al conflitto armato ad Hama e altrove tra il governo e l’Avanguardia Combattente – l’ala militare della Fratellanza –, a Damasco erano stati conclusi accordi tra il regime e i Fratelli Musulmani, che avevano garantito che i leader della Fratellanza – principalmente i maggiori mercanti della capitale siriana – e i loro sostenitori sarebbero rimasti neutrali in battaglia. L’ex membro dei Fratelli Musulmani O. Taha, 53 anni, ha raccontato ad al-Akhbar che “i Fratelli Musulmani di Damasco non hanno avuto altra scelta che accettare l’accordo, che ha salvaguardato i loro interessi commerciali nel paese. I Fratelli Musulmani di Hama e Aleppo del tempo ci accusarono di non averli aiutati, ma la vittoria militare contro il regime sostenuto dai sovietici era impossibile, mentre l’Occidente non offriva nient’altro al gruppo che un posto di esilio”.

Riguardo alle dimensioni del gruppo e alla sua presenza a Damasco, Taha ha raccontato che “la presenza primaria del gruppo era a Midan e Kfar Sousa, che a quel tempo era parte della campagna, oltre a Daria. Rispetto ai nasseriani e ai ba’athisti, il gruppo non era fortemente presente nel Ghuta orientale [le campagne che circondano Damasco]. Oggi le cose sono molto diverse. I gruppi armati i cui nomi iniziano con la parola “liwaa”, battaglione, sono affiliati con i Fratelli Musulmani, in modo particolare Liwaa al-Islam, Liwaa al-Ridwan, Liwaa Ahfad al-Rasoul. Questi gruppi sono soprattutto presenti nel Ghuta orientale.

Tuttavia, molti osservatori respingono questa valutazione, affermando che l’affiliazione si basa primariamente sulla fonte del finanziamento. O. al-Jazi, 29 anni, dell’Esercito Siriano Libero (Esl) di stanza a Qaboun, ha affermato che “se tornassimo agli inizi dell’azione armata della rivoluzione, scopriremmo che il nome intorno al quale ruotavano tutti i ribelli era l’Esl. Allora, perfino la Fratellanza, che aveva pochi sostenitori, doveva operare sotto l’Esercito Siriano Libero. Ma il controllo del processo di finanziamento da parte della coalizione ha conferito alla Fratellanza il suo attuale peso. La maggior parte dei combattenti appartiene ai battaglioni del gruppo solo per il loro nome, in realtà appartengono all’Esl”.

Gli operativi della Fratellanza incontrati da al-Akhbar sembrano tutti avere severi ordini di non rivelare informazioni sulle dimensioni dell’ala politica né su dove sia attiva. La risposta che abbiamo ricevuto da più d’uno di loro è stata: “i battaglioni rappresentano l’ala militare, mentre l’ala politica lavora al sostegno della rivoluzione dal di fuori della Siria”. Alcuni tuttavia attribuiscono questo oscurantismo al fatto che il braccio politco sia più debole rispetto alla sua impronta mediatica.

Abu Bakr Kseibati, attivista civile dell’opposizione e cooperante, ha affermato che “la vaghezza tra le ali militare e politica del gruppo è intenzionale, tesa a reclamare migliaia di ribelli che sono stati costretti dalle circostanze ad unirsi a Liwaa al-Islam e altri gruppi come membri della Fratellanza Musulmana. Questa è una versione incoraggiata dal regime, dato che i media del regime hanno ritratto tutti i membri dell’opposizione come agenti dei Fratelli Musulmani, trasformandoli in uno spettro gigante e invincibile; personalmente, durante le mie visite nel Ghuta orientale, ho incontrato solo un piccolo numero di ufficiali davvero affiliati ai Fratelli Musulmani”.

La base popolare

A partire dalle prime proteste scoppiate a Douma, nella campagna di Damasco, i Fratelli Musulmani hanno sperperato molta della popolarità maturata in 31 anni. Questa realtà può essere intravista facilmente nel cambio di atteggiamento nei confronti del gruppo islamico durante le fasi della crisi siriana.

All’inizio della crisi, i Fratelli Musulmani avevano ricevuto molta solidarietà dai ranghi dell’opposizione popolare nella campagna di Damasco. Era evidente dagli slogan in alcune delle proteste, che denunciavano detenzioni politiche e gli esili. Kseibati ha affermato che “era una compassione del tipo che può esistere per ogni prigioniero politico, specialmente perché il regime ci ha costretto a maledire i Fratelli Musulmani ogni mattina a scuola”. Tuttavia il gruppo islamista l’ha inteso altrimenti, “credendo che quelli che protestavano fossero automaticamente loro sostenitori, e che solo loro erano idonei a guidare le masse sul giusto cammino, esercitando così una mentalità di potenza prima di prendere il potere”.

Secondo gli osservatori, le attività dei Fratelli Musulmani sul campo non avvengono tramite organizzazioni politiche, che sono pressoché inesistenti, ma attraverso i loro battaglioni militari, che sembrano ricevere la loro guida da leader basati all’estero. Di conseguenza, la loro condotta è diventata una causa del risentimento tra la popolazione del Ghuta orientale, fino al punto in cui ci sono state proteste che denunciavano il “dominio dei battaglioni””.

Il finanziamento della Fratellanza

Questa è un’altra questione problematica, dato il ruolo composito che la Fratellanza ha giocato nel passato e nel presente della Siria. Fonti vicine al gruppo non negano che i Fratelli Musulmani siriani abbiano ricevuto supporto finanziario da Londra, dove hanno base molti dei leader del gruppo, e dall’Arabia Saudita. Tuttavia, gli operativi del gruppo sostengono ostinatamente che il grosso dei loro fondi viene dai sostenitori, vantandosi che “i mercanti di Damasco non hanno mai mancato di sostenere la rivoluzione”.

Scavando più in profondità nella natura dei finanziamenti, diventa possibile distinguere tra due tipi fondamentali di aiuto: il primo è di natura militare e logistica, ed è per questo un sostegno essenzialmente internazionale (dall’Occidente e dal Golfo); poi c’è quello che potrebbe essere chiamato denaro politico, che è una parte chiave della tadizione del gruppo, e che viene principalmente dai mercanti di Damasco. Nonostante i costi astronomici del secondo tipo di supporto, sembra che i Fratelli Musulmani riescano a coprirli facilmente. La ragione, secondo gli osservatori, è che i Fratelli Musulmani siriani possono contare su asset finanziari considerevoli, in Siria e non solo.

L’Arabia Saudita e i Fratelli Musulmani siriani

C’è una relazione speciale tra l’Arabia Saudita e i Fratelli Musulmani siriani, quasi indipendente e non influenzata dalla “guerra fredda” tra il conservatore regno saudita e l’organizzazione internazionale dei Fratelli Musulmani, specialmente i capi del gruppo in Egitto.

È vero, l’Arabia Saudita teme il modello di uno “stato dei Fratelli Musulmani”, il modello concorrente che gli Stati Uniti hanno proposto come alternativa ai vecchi regimi arabi. Tuttavia, l’Arabia Saudita non ha altra scelta che fare affari con la Fratellanza in Siria. La ragione, secondo gli osservatori, è che, nella Siria multiculturale, il regno saudita non può attrarre i musulmani della strada in altro modo se non attraverso la Fratellanza.

Ma il contrario è altrettanto vero, se non di più. Una fonte che conosce bene i meccanismi interni del gruppo ha raccontato ad al-Akhbar che “i Fratelli Musulmani in Siria hanno un grande bisogno dell’Arabia Saudita, perché fin dagli eventi di Hama hanno perso quasi del tutto la loro influenza storica. Tendono più ad affidarsi all’intervento esterno che alle proprie forze. Inoltre, una larga parte degli investimenti del gruppo ha base nel Golfo”.

La fonte ha anche fatto notare che figure famose dei Fratelli Musulmani, come Zahran Alloush, comandante di Liwaa al-Islam, sono connesse al casato dei Saud molto più che ad ogni altro ente, compresa l’organizzazione stessa dei Fratelli Musulmani internazionali. La fonte ha affermato: “[Alloush] ha studiato la sharia in Arabia Saudita. Suo padre era un religioso dei Fratelli Musulmani con legami diretti con la famiglia regnante, ma, cosa più importante, in segreto [Alloush] viaggia ancora da e verso l’Arabia Saudita, anche durante la guerra”.

Traduzione di Elisa Proserpio