Il ruolo di al-Mubadara nella riconciliazione. Intervista a Mustafa Barghuthi

Wutterpal – Speciale InfoPal. 

Dalla nostra inviata Elisa Gennaro. “Dignità, indipendenza e Diritto al Ritorno”. Questi i tre concetti che Mustafa Barghouthi, membro del Consiglio legislativo (Clp), leader del partito “al-Mubadara”, e soprattutto oggi, protagonista attivo nella riconciliazione nazionale palestinese, ha riaffermato salutando la IX Conferenza dei palestinesi in Europa.

E proprio a queste comunità di palestinesi sono stati indirizzati i ringraziamenti di Barghouthi “per aver reso possibile una giornata di ricongiungimento”.

Da celebre sostenitore di una resistenza non violenta, ma efficace, per mezzo di azioni di boicottaggio, similmente al modello sudafricano, Barghouthi ha chiesto il coinvolgimento di tutti perché “la questione palestinese non riguarda solo noi, ma è di tutta l’umanità”.

“Il doppio standard utilizzato dall’Occidente nelle proprie politiche di intervento oggi nelle rivolte arabe, dimostra che una Palestina democratica è scomoda a qualcuno che tenta e tenterà di ostacolare il nostro riavvicinamento politico con l’unità”.

Incontrandolo subito dopo il primo intervento, abbiamo voluto sentire direttamente da lui per capire qualcosa di più sui retroscena della riconciliazione palestinese, tema che ha prevalso in quest’edizione della conferenza.

InfoPal: Dottor Barghouthi, sono in molti a giurare sul ruolo decisivo del suo partito, “al-Mubadara”, nel raggiungimento di questo accordo. Ci può confermare che è stato così?

Mustafa Barghuthi: “Sì, abbiamo lavorato a tempo pieno per attirare l’attenzione delle fazioni palestinesi. Lo abbiamo fatto rapidamente e con la massima discrezione, soprattutto siamo stati molto abili nell’eludere la stampa. Poiché nel discorso della riconciliazione palestinese abbiamo incluso anche il rifiuto di ingerenze esterne, la parola d’ordine è stata l’assunzione di questo atteggiamento”.

InfoPal: Come giudica il ruolo del nuovo Egitto a tal proposito?

M. B.: “Egregio. L’Egitto ha dimostrato di essere in totale sintonia con lo spirito con cui i palestinesi chiedevano genericamente a tutte le parti di non manifestare faziosità per un partito o per un altro o di fare ingerenze negli affari interni alla Palestina. E così è stato. Fino a pochi giorni prima della firma, l’Egitto non è stato messo al corrente da noi sulla fase cui eravamo giunti nell’intesa. Ci hanno risposto: ‘Preparate tutto quanto ritenete di dover sottoscrivere e noi vi invieremo gli inviti'”.

InfoPal: Quale crede siano stati i motivi che hanno spinto i principali partiti palestinesi, Hamas e Fatah, a ritrovarsi al Cairo per la firma?

M. B.: Nel complesso, la riconciliazione ha costituito la proprietà per tutte le fazioni palestinesi. Non avevamo altra alternativa politica e, se non ci fossimo mossi, saremmo stati criticati di favorire le divisioni e o di voler tollerare l’occupazione israeliana per altri decenni. Vorrei poi escludere la tesi secondo la quale i disordini di Damasco hanno spinto Hamas al Cairo. Quando abbiamo avviato i colloqui, in Siria non si registrava nulla di ciò a cui assistiamo oggi. Farsi promotori di un’unità politica è stato un dovere comune sentito da tutti.

InfoPal: Il neo-capo dell’Intelligence egiziana, Murad Mawafi, ha dichiarato alla stampa che la riconciliazione palestinese è l’esito di un lungo percorso di incontri, avviato nel 2008 tra Gaza e Il Cairo, Damasco e Ramallah. Dobbiamo pensare che, ad un anno dalle aperte ostilità tra Hamas e Fatah, i palestinesi stessero già lavorando a questa riconciliazione?

M. B.: “Io non collegherei in maniera diretta la firma dell’accordo del Cairo con quegli incontri. Avendovi preso parte, posso testimoniare che sono stati propedeutici a questa riconciliazione. In questi anni abbiamo sondato il terreno delle possibilità, ma in seno a quei colloqui non abbiamo sottoscritto niente. Solo discussioni”.

InfoPal: Proprio riguardo ai rapporti sul campo, lei crede che una cooperazione in materia di sicurezza sia realmente fattibile da un giorno all’altro in una Striscia di Gaza assediata, dove è impossibile condurre una performance di governo, e in una Cisgiordania occupata militarmente dove Hamas è praticamente messa al bando?

M. B.: “Ma in Cisgiordania Hamas non è più al bando. Si possono vedere sventolare le bandiere di Hamas per strada. Anzi, le dirò di più, il presidente ‘Abbas si è espresso proprio al riguardo impegnandosi a sottoscrivere la cancellazione delle forme di persecuzione nei confronti dei sostenitori di Hamas. E’ notizia recente, di appena pochi giorni fa. E membri e uffici di Fatah sono presenti a Gaza”.

InfoPal: Ci può fare una panoramica degli accordi raggiunti tra le fazioni palestinesi in materia di coordinamento di sicurezza e sul rilascio dei detenuti?

M. B.: “Per quanto riguarda sicurezza e rilascio dei prigionieri non c’è nulla di prestabilito. Sono entrambe tra le questioni più delicate che saranno valutate per gradi. Ora è necessario concentrarci anzitutto su forma e figure responsabili della rappresentanza politica palestinese”.

InfoPal: Qual è il modello di rappresentanza proposto nell’accordo del Cairo?

M. B.: “In base all’accordo di riconciliazione, la riforma dell’Organizzazione di liberazione della Palestina (Olp) consisterà nella creazione di un comitato ad interim del quale entreranno a far parte pure il mio partito, al-Mubadara, Hamas e il Jihad islamico per la supervisione del processo elettorale da svolgersi entro un anno.

InfoPal: Questo non vincolerà quelle fazioni palestinesi che si sono dichiarate esterne ad una logica politica a far parte del governo di unità nazionale?

M. B.: No, la loro presenza nel periodo provvisorio è finalizzata a fornire garanzie esclusivamente ai propri sostenitori palestinesi. Se la riconciliazione ha segnato un punto di svolta sul fronte palestinese, nessuna ipotesi è da escludersi negli sviluppi. Tra le questioni affrontate, vi è anche la necessità di assumere posizioni comuni su politica e resistenza.

InfoPal: Al-Mubadara è un partito giovane, costituito per essere espressione dalle nuove generazioni. Come pensate di rispondere alle richieste popolari in particolare dei ragazzi del ‘Movimento del 15 Marzo’ per la fine delle divisioni, che già sono al lavoro con il monitoraggio delle violazioni all’accordo e che chiedono di essere partecipi nella vita politica?

M. B.: “Dai giovani siamo costantemente sollecitati a rendere conto. Non potevamo ignorare le richieste del ‘Movimento del 15 Marzo’, soprattutto di fronte alle voci dei popoli arabi in rivolta. Se lo avessimo fatto, avremmo agito al pari di chi ha interesse a normalizzare uno stato di occupazione. Non potevamo restare immobili e, se non avessimo dato questo scossone con la riconciliazione, l’alternativa sarebbe stato il vuoto per il popolo palestinese”.

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