Il tentato golpe di Bolsonaro contro Lula – Parte III

InfoPal. Di Lorenzo Poli. Il tentato golpe di Bolsonaro contro Lula – Parte III. La tensione politica e l’omicidio politico di Reginaldo Camilo dos Santos.

I mezzi di cyber-war contro Lula sono un prodotto americano e hanno agito, per esempio, oscurando il fatto che in Brasile ci sono stati degli impedimenti gravi a questa campagna elettorale da parte dei bolsonaristi e dall’apparato militare, tra cui l’omicidio politico del leader del PT Reginaldo Camilo dos Santos, con tanto di silenzio stampa dei media mainstream occidentali[1].

L’ex consigliere Reginaldo Camilo dos Santos[2], chiamato “Zezinho”, era uno dei principali sostenitori di Lula nel Comune di Jandira ed è stato assassinato il 28 ottobre a colpi di arma da fuoco da un uomo che gli ha sparato da un veicolo, appena due giorni prima delle elezioni presidenziali in Brasile.

Camilo dos Santos, 51 anni, si era candidato nel Partito dei Lavoratori (PT) come deputato federale alle elezioni del 2 ottobre, dove ha ricevuto quasi 9.000 voti, ma alla fine non era stato eletto.

Nel 2020 si era candidato a sindaco di Jandira, occupando il terzo posto dopo le elezioni, per le quali è stato consigliere comunale, venendo nominato dal Partito dei Lavoratori deputato federale per lo Stato di San Paolo alle ultime elezioni legislative.

Nelle ultime settimane della campagna elettorale sono state pubblicate diverse immagini sui social network che lo mostrano mentre faceva campagna per Fernando Haddad del PT, candidato a governatore, e per Lula, candidato alla presidenza del Brasile.

Nonostante le testimonianze facciano pensare ad un omicidio politico, le autorità hanno indicato che per ora il movente del crimine è sconosciuto. Il deputato federale Jilmar Tatto ha sottolineato che i primi rapporti indicano un crimine d’odio: “Testimoni hanno riferito che una persona è passata gridando Bolsonaro, lui (Zezinho) ha urlato Lula e la persona ha estratto la pistola e ha sparato tre colpi. Tutto indica che è stata l’azione di un simpatizzante di Bolsonaro in questo clima di intolleranza nel Paese”, ha detto, anche se il caso deve essere analizzato in dettaglio.

Gli impedimenti militari al processo elettorale.

Il giorno stesso delle elezioni il magistrato Alexandre de Moraes, Presidente del Tribunale Superiore Elettorale (TSE) del Brasile, ha chiesto spiegazioni al Direttore Generale della Polizia Stradale Federale (PFC) Silvinei Vasques per lo svolgimento di operazioni di polizia che avrebbero ostacolato la circolazione degli elettori durante il voto in diverse località del Nordest. Vasques, secondo fonti ufficiali, avrebbe imposto addirittura 514 posti di blocchi stradali, nonostante l’autorità elettorale avesse precedentemente vietato qualsiasi azione di polizia che potesse ostacolare il trasporto degli elettori. Caso vuole che, alla vigilia del voto, Vasques abbia postato un’immagine sui social media chiedendo alle persone di votare per Jair Bolsonaro, nonostante il suo ruolo istituzionale.

Blocchi attuati solo ed esclusivamente dove la maggioranza degli elettori erano simpatizzanti di Lula. Questo spiega ampiamente come mai i sondaggi sembravano errati. Moraes ha affermato che Vasques può essere ritenuto penalmente responsabile per disobbedienza e reato elettorale.

La richiesta del TSE nasce dalla segnalazione del deputato Paulo Teixeira (del PT di Sao Paulo), che ha affermato che c’è stata una “strumentalizzazione” della Polizia Stradale e di quella Federale (PF) per interferire nel processo elettorale.
Nella richiesta alla Corte, il deputato ha citato specificamente la denuncia di un episodio registrato nella città di Cuité, Paraiba, comune a 219 chilometri da João Pessoa. Secondo la denuncia, il blitz della Polizia Stradale avrebbe allontanato la popolazione della zona rurale della città che si stava recando a votare. Il sindaco di Cuité, Charles Camaraense (Cittadinanza), ha ribadito la denuncia. Sui social ha espresso indignazione per l’operazione portata avanti dal PRF in città. “Se pensano che in questo modo impediranno alla gente di votare per Lula, si sbagliano”, ha scritto in un post su Twitter. Elettori e leader politici hanno avanzato accuse simili in altre città e Stati come il Rio Grande do Norte. Anche il senatore Humberto Costa (PT-PE) ha ricevuto e condiviso alcune delle denunce.
L’eletto senatore ed ex governatore del Maranhão Flávio Dino (PSB) ha affermato che c’è stato un blitz e il sequestro di veicoli nell’area rurale della città di Caxias, nel Maranhão – denuncia che è stata trasmessa alla Corte Elettorale. Flávio Dino ha anche denunciato che la Polizia Stradale Federale ha effettuato operazioni contro i trasporti, vietati dalla giustizia elettorale. Non è un caso che, nello Stato del Maranhão, Lula ha ottenuto il 68,84% nel primo turno. Inoltre, secondo ispezioni del TSE, ci sarebbero dei dubbi sulle sezioni scrutinate più velocemente in quanto proprio quelle a maggioranza bolsonarista.

In quelle ore venne messa in atto una strategia di tensione nei social media brasiliani, promossa da canali reazionari per preparare il terreno a un colpo di stato contro Lula. I sostenitori di Bolsonaro hanno organizzato tutto il giorno, e il giorno successivo, i blocchi stradali e cercato di portare il Brasile nel caos. Un brutto presentimento in quanto il colpo di Stato in Cile di Pinochet iniziò proprio con il blocco dei trasporto.

Anche se ha vinto di poco da gennaio Lula diventerà davvero Presidente e avrà i poteri che gli consentiranno di governare, sempre se da oggi a gennaio non ci sarà nessun golpe militare contro di lui.

Per ben due giorni si è atteso un pronunciamento di Bolsonaro che ha anche avuto il coraggio di parlare di “brogli” non apparendo in pubblico da quando è stato annunciato il risultato delle elezioni. In seguito Bolsonaro ha condannato le proteste dei blocchi stradali continuando a non riconoscere la vittoria di Lula, per poi in seguito autorizzare la transizione.

“Nessun broglio” a dirlo è il ministro di Bolsonaro.

Fin da subito i media alternativi latinoamericano hanno dato la notizia di tentati brogli da parte di Bolsonaro. Secondo alcune ispezioni del TSE ci sarebbero stati dei dubbi sulle sezioni scrutinate più velocemente in quanto proprio quelle a maggioranza bolsonarista, oltre ai presunti impedimenti della polizia stradale nei confronti degli elettori degli Stati a maggioranza lulista. Nonostante i dubbi, i brogli sembrano non esserci stati da parte bolsonarista, anche se i bolsonaristi hanno continuano a incolpare Lula nonostante anche le ispezioni del Centro Carter abbiano sancito che il voto elettronico brasiliano con dispositivi biometrici ha garantito lo sviluppo trasparente e legale della tornata elettorale.

Il Centro Carter ha però dichiarato[3]:

“Sfortunatamente, questo ciclo elettorale è stato afflitto dalla disinformazione, che ha minato la fiducia di lunga data del Paese nel sistema di voto. Nell’ambito della sua missione, il Centro sta analizzando la risposta del TSE alle minacce della disinformazione, nonché le risposte delle piattaforme dei social media e delle organizzazioni della società civile. Elogia la TSE per lo sviluppo di un programma contro la disinformazione. Mentre l’attenzione si sposta sul deflusso, il Centro invita tutte le parti interessate a mantenere un ambiente pacifico.

Il team del Carter Center, composto da esperti provenienti da Argentina, Germania, Portogallo, Spagna e Stati Uniti, conduce le sue missioni elettorali in conformità con la Dichiarazione dei principi del 2005 per l’osservazione elettorale internazionale. La missione di esperti pubblicherà una relazione finale con raccomandazioni dopo la conclusione del processo elettorale.”

I bolsonaristi hanno veicolato, nei canali social, notizie senza fondamento secondo cui Lula si sarebbe appoggiato al Sistema di voto Dominion[4], una società che produce macchine per il voto, la quale avrebbe “cancellato” milioni di voti Bolsonaro. Un esempio di disinformazione divulgato da QAnon durante la campagna elettorale, diemnticando che l’ex operaio metallurgico perseguitato e ingiustamente imprigionato dall’ex giudice Sergio Moro per 580 giorni, non sia mai stato coinvolto in processi decisionali sulla tornata elettorale in quanto non al potere da più di 10 anni.

Finalmente, a smentire i cyber-mercenari e i bolsonaristi, è stato proprio il ministro della Difesa del governo uscente di Bolsonaro, il quale ha dichiarato il 9 novembre che non è stata trovata alcuna prova di brogli durante le elezioni presidenziali dello scorso ottobre. Il rapporto, di 63 pagine, è stato inviato mercoledì alle autorità elettorali del Brasile ed era molto atteso, perché prima delle elezioni Bolsonaro aveva fatto intendere che non avrebbe riconosciuto una sua eventuale sconfitta, citando presunti brogli e irregolarità.

Il rapporto evidenzia alcune «inconsistenze» nei sistemi delle urne elettroniche impiegate durante il voto, ma raccomanda semplicemente che venga svolta un’indagine tecnica per assicurarsi che il loro funzionamento non possa essere compromesso in alcun caso. È stato pubblicato il giorno successivo a un’analisi dell’Ordine degli avvocati brasiliani, che aveva detto di non aver trovato alcuna infrazione nelle operazioni di voto, sia nel primo che nel secondo turno[5].


[1] https://www.pressenza.com/it/2022/10/brasile-assassinato-reginaldo-camilo-dos-santos-leader-del-partito-dei-lavoratori/

[2] https://www.telesurtv.net/news/brasil-asesinato-partidario-lula-pt-20221029-0009.html

[3] https://www.cartercenter.org/news/pr/2022/brazil-100522.html

[4] https://www.nbcnews.com/tech/tech-news/q-fades-qanon-s-dominion-voter-fraud-conspiracy-theory-reaches-n1247780

[5] https://www.theguardian.com/world/2022/nov/10/brazil-military-finds-no-evidence-of-election-dashing-hopes-of-bolsonaro-supporters