Il tribunale di Londra scarcera due attivisti del Bahrein, mentre la situazione del regime rimane tesa

Londra. Comunicato stampa. Il 6 dicembre, un giudice del tribunale di Marylebone, Central London, ha scarcerato due attivisti del Bahrein che all’inizio di quest’anno si erano arrampicati sul tetto della loro ambasciata. Ali Mushaima e Moosa Abd Ali sono stati ripresi per “violazione di domicilio” di una sede un edificio diplomatica e avvertiti che il fatto non si dovrà ripetere.

Il 17 aprile 2012 i due attivisti hanno interrotto lo sciopero della fame fuori dall’Ambasciata americana e si sono diretti verso Belgrave Square, sono saliti sopra un’impalcatura collegata all’edificio vicino e hanno occupato il tetto dell’ambasciata del Bahrein. Dopo ventiquattro ore di trattative, Ali Mushaima e Moosa Abd Ali sono scesi  volontariamente e sono stati immediatamente arrestati dalla polizia. Due settimane fa sono stati portati in tribunale per l’udienza.

La giornata di ieri ha segnato la fine delle loro traversie, quando un magistrato della Corte, dopo aver esaminato il caso sotto ogni aspetto, ha ordinato la scarcerazione, ingiungendo a entrambi il pagamento di 100 sterline per il costo delle massicce operazioni di polizia sul posto. Il giudice ha espresso chiara comprensione nei loro confronti, soprattutto dopo che l’aula di giustizia si era trasformata in un processo nei confronti del sanguinario regime di Al Khalifa.

Mentre il regime è diventato ancora più estremo, a dispetto della determinazione del popolo del Bahrein, incoraggiato dalla presenza di “esperti di sicurezza” britannici come John Yates, Sir Daniel Bethlehem e Sir Jeffrey Jowell all’interno delle forze di polizia e di sicurezza. Nel corso degli ultimi mesi le violazioni dei diritti umani si sono aggravate, mentre, grazie all’aiuto degli esperti “legali” e “professionali”, migliora la capacità del regime di nascondere i propri crimini.

Lo scorso martedì 5 dicembre, gli squadroni della morte di Al Khalifa hanno attaccato la città di Bani Jamra, usando munizioni esplosive e fucili da caccia. Un ragazzo di 20 anni è stato colpito al volto e lasciato morire. Il suo volto è diventato un altro simbolo della rivoluzione pacifica del Bahrein, schiacciata dal potere dei dittatori. Tre donne della zona, Lubaba Jaffar Mulla Ahmad, la sorella Salma e Fatema Hassan Hussain, sono state arrestate. Le squadre della morte avevano l’intento di catturare un altro attivista del Bahrein, Redha Al Ghasra, ma hanno fallito il loro obiettivo. Un altro ragazzo, Mohammad Ibrahim Al Zaki, è stato arrestato il 3 dicembre nella città di Maqaba.

Negli ultimi due giorni gli squadroni della morte del regime hanno attaccato diverse città e villaggi, tra i quali Bani Jamra, Dair, Wadyan e Samaheej. La perquisizione delle case, le distruzioni e i saccheggi sono continuati tutta la notte.

Sabato 1° dicembre le forze Al Khalifa hanno abbattuto altre quattro moschee in diversi luoghi. A Karzakkan, i mercenari del regime hanno demolito la Moschea di Fadak con dei trattori. Altre tre moschee sono state demolite nella città di Hamad: Fadak Al-Zahra alla 2ma Rotonda, Abu Talib alla 19ma Rotonda, Imam Hassan Al-Askari alla 22ma Rotonda. Queste moschee,distrutte da Al-Khalifa l’anno scorso, erano state parzialmente ricostruite dalla popolazione. Le forze di regime hanno anche bruciato una tenda eretta alla 20ma Rotonda, sul luogo della moschea dell’Imam Al-Hadi.
Il 3 dicembre il “Washington Post” ha pubblicato un editoriale di Elisa Massimino, presidentessa e amministratrice delegata di “Human Rights First”, dal titolo “Uno status quo intollerabile in Bahrein”. Dopo aver parlato degli atti del processo del 22 novembre al personale medico perseguito dalla legge dopo aver curato i manifestanti feriti durante la rivolta democratica dello scorso anno, ha scritto: “Durante i miei 25 anni in qualità di avvocato difensore dei diritti umani sono stata in molti tribunali in diversi paesi, ma non ho mai visto niente di simile a ciò a cui ho recentemente assistito in Bahrein, partecipando come auditore ad una delle udienze dei 28 medici”.

“In una regione in cui abbondano le minacce per gli interessi degli Stati Uniti”, ha concluso, “l’amministrazione Obama potrebbe cadere nella tentazione di concludere che, anche se la situazione non è ideale, lo status quo in Bahrein per ora è tollerabile. Sarebbe un errore, perché non.c’è status quo in Bahrein. La situazione si sta deteriorando, e gli attivisti pro-democrazia sono ormai pronti a tutto: tutto ciò potrebbe sia portare ad una riforma, sia al decadimento in una situazione di violenza ancora peggiore. Gli Stati Uniti possono non essere in grado di controllare il risultato, ma devono fare tutto il possibile per convincere il regime a scegliere la strada giusta,per i propri interessi strategici e per il bene del popolo del Bahrein”.

Movimento per la liberazione del Bahrein

7 dicembre 2012

Traduzione per InfoPal a cura di Daniela Sala