Chi imporrà la visione, Abbas o il popolo?

Memo. C’è una leggenda su una guerra tra due tribù, in seguito alla quale la tribù vincitrice rese schiave e stuprò le donne della tribù perdente. Solo una donna riuscì a resistere al proprio violentatore, e lo uccise. Trascinò il suo corpo fino alla propria abitazione, e lì lo uccise. Quando le donne dovettero spiegare ai loro mariti l’accaduto, questa donna raccontò a tutti, con orgoglio, com’era riuscita a opporsi al soldato, risultando pertanto l’unica donna inviolata. Le altre donne la uccisero, di modo che non rimase nessuna donna che non fosse stata stuprata, tutte furono uguali agli occhi della società e nessuna dovette spiegare come mai non fosse riuscita a opporsi al suo stupratore, come fece lei.
Questa storia mi ricorda ciò che Abbas e le diverse forze stanno facendo al popolo palestinese, che rappresenta la donna che riuscì a uccidere il proprio stupratore. Abbas sta cercando di uccidere tutti i palestinesi, come le donne fecero con la donna inviolata. Egli vuole che tutti i palestinesi seguano il suo percorso e che nessuno rivendichi l’onore e la perseveranza di resistere al progetto israeliano. Egli vuole che le masse palestinesi ammettano che nessuna opzione è praticabile, oltre alla concessione del 78% del territorio storico palestinese all’occupazione israeliana e allo stabilire relazioni con l’occupazione come se si trattasse di una cooperativa, di un vicino amichevole.
Il popolo palestinese rifiuta l’approccio di Abbas, ma è l’unico approccio di cui si parli. Egli non vuole che se ne presentino altri, come ha chiarito l’ex ministro degli affari religiosi, Mahmoud Habbash, durante il sermone del venerdì. Egli ha anche detto che Abbas proseguirà con la sua politica, e che a lui non serve l’appoggio di altre forze o fazioni. Purtroppo sono stati in tanti, prima di Habbash, a esprimere questa posizione e ad attrarre l’attenzione del Fronte popolare per la liberazione della Palestina (Pflp), che ha emesso una dichiarazione nella quale si chieda ad Abbas di chiarire la sua posizione.
Ci sono tanti esempi di un simile approccio, il più recente dei quali risale ai recenti negoziati, durati 9 mesi e falliti, mediati dal segretario di Stato Usa John Kerry. La decisione di Abbas di occuparsi dei colloqui da solo non ha minimamente tenuto conto della posizione di rifiuto dell’Organizzazione per la liberazione della Palestina (Olp). Un altro esempio può essere la proposta di progetto palestinese presentata al Consiglio di sicurezza dell’Onu, senza previa consultazione con altre fazioni o forze, che anzi vennero a conoscenza della proposta dai media e dai social network. Perfino le proposte di emendamenti, presentate come prodotto delle critiche rivolte al progetto, vennero fatte senza consultazioni.
Questo è il modo in cui Abbas gestisce le questioni dei palestinesi, e se succede che qualsiasi forza considerata sotto la protezione dell’Olp si oppone, per non prendersi le responsabilità, pur non assumendo alcuna posizione reale, ciò viene considerato un fattore influente nella politica di esclusione e di monopolio di Abbas. Il presidente vuole spingere tutti i palestinesi al suo angolo, e imporre le sue politiche come fatto compiuto su qualsiasi questione.
Questo metodo di leadership è datato, e non è più adatto alla Palestina, anche se può andar bene in altri Stati, arabi e non: sono quei Paesi che hanno una loro sovranità e indipendenza, mentre noi ci troviamo ancora sotto occupazione. Mahmoud Abbas vuole corrompere tutti, di modo che tutti siano come lui, e nessuno sia migliore. Ora egli vuole liberarsi di tutti, in senso figurato o letterale, come le donne stuprate si liberarono della donna che combatté il suo aggressore; egli ha concesso agli israeliani, e vuole che tutti quanti concedano. Egli non vuole una resistenza, e vuole liberarsene con il pretesto di avere un governo e uno strumento. Facendo così egli collabora con l’occupazione israeliana, e ora si ritrova ad avere una mano nel blocco della Striscia di Gaza, che egli ritiene spingerà i palestinesi di Gaza ad abbandonare la resistenza.
Abbas è stato molto esplicito sulle sue posizioni, e non si vergogna di quello che dice. Egli assume addirittura dei portavoce affinché ripetano le sue parole. Ora, la questione è semplice: dopo questa franchezza e chiarezza, troveremo una posizione palestinese che porrà fine al suo monopolio, all’esclusione e alla dittatura?
Oggi abbiamo il bisogno di assumere una politica volta a una posizione, un obiettivo, un fine. Abbiamo bisogno di unità, e dobbiamo abbandonare le divisioni interne, che sono iniziate dopo la firma degli accordi di Oslo. Abbas si convincerà dell’unità basata sulla collaborazione, o spingerà le masse palestinesi verso il suo progetto? Abbiamo bisogno di una risposta concreta presto.
Traduzione di Stefano Di Felice