In Arabia Saudita, sponsor delle “democrazie” a suon di bombe, sono 30mila i prigionieri politici

PressTv. Un gran numero di uomini, donne e bambini, in Arabia Saudita, hanno organizzato una manifestazione nella provincia centrale di al-Qassim per protestare contro la detenzione illegale dei propri familiari.

I manifestanti si sono radunati davanti davanti una prigione, domenica 23 settembre, ma la polizia li ha bloccati all’interno di un’area ristretta, per sei ore. E’ ciò che hanno affermato i dimostranti e gli attivisti per i diritti umani, secondo quanto riporta la Reuters.

“Rimarremo qui e non ci muoveremo finché loro non ascolteranno le nostre richieste, e cioè il rilascio dei nostri parenti detenuti”, ha dichiarato una manifestante, Rima al-Juraish, il cui marito è in prigione da otto anni senza imputazioni. “Abbiamo 60 uomini, 45 donne, e 13 bambini, e siamo qui senza cibo e acqua. La polizia ha detto che avrebbe arrestato chiunque cerchi di andarsene”.

Riyadh ha proibito tutti i tipi di manifestazioni nel regno.

Gli attivisti dicono che ci sono oltre 30mila prigionieri politici in Arabia Saudita. Molti di loro sono detenuti senza imputazioni. Gruppi per i diritti umani hanno accusato la Casa Saudita di imprigionare i dissidenti politici.

Secondo Human Rights Watch, il regime saudita “reprime abitualmente le espressioni critiche nei confronti del governo”.

Il 13 agosto, il ministro della Difesa svedese, Karin Enstrom, ha criticato l’Arabia Saudita per le violazioni dei diritti umani, descrivendo il regno come “un regime autoritario e una monarchia assoluta, dove vengono commessi gravi crimini nei confronti dei diritti umani”.

Da febbraio 2011, si sono svolte numerose manifestazioni in Arabia Saudita, principalmente a Qatif e Awamiyah, nella Provincia orientale, per chiedere il rilascio di tutti i prigionieri politici, libertà di espressione e riunione, e la fine delle diffuse discriminazioni contro gli Sciiti.