‘In mare, con i pescatori palestinesi’.

Riceviamo da Vittorio Arrigoni, del Free Gaza movement.

 Striscia di Gaza. Orfani della Free Gaza e della Liberty, ritornate a Cipro portandosi dietro alcuni palestinesi, finalmente liberi, siamo tornati a pescare.
Siamo usciti in alto mare con sei pescherecci palestinesi, e ad una distanza stimata dal capitano della mia barca di 7 miglia nautiche dalla costa, abbiamo gettato le reti e iniziato la nostra giornata di pesca dinanzi ad una Gaza di nuovo liberata.

Due navi da guerra israeliane si sono affrettate a raggiungere la nostra posizione, e una di queste, per ben quattro volte durante tutto il periodo di pesca, si è messa a fianco del mio peschereccio (forse perché l’unico sprovvisto di telecamera a bordo) a da meno di duecento metri  ha aperto il fuoco.

Fuoco intimidatorio sparato in mare, anche se alcune raffiche di mitragliatrice hanno sfiorato lo scafo della nostra barca.
In una occasione i soldati israeliani hanno sparato alle nostre reti, e successivamente ci hanno navigato sopra con l’intento di danneggiarle. Un colpo di cannone è stato sparato a tre metri dalla nostra prua.

Mi sono attaccato alla radio spiegando chi eravamo e quali erano le nostre intenzioni, semmai fosse stato difficile intuire che eravamo lì solo per pescare. Tutto vano, non è stato possibile alcun contatto via radio. I soldati israeliani intimavano di evacuare l’area in ebraico dai megafoni delle loro navi da guerra, poi sparavano. Spesso sparavano, poi intimavano.

I pescatori palestinesi come me imbarcati mi hanno mostrato i danni al peschereccio dovuti ai recenti attacchi israeliani: la poppa è ridotta in un colabrodo. Due di essi, si sono svestiti rivelandomi cicatrici di ferite da proiettili, altri mi hanno raccontato di amici o familiari, pescatori come loro, assassinati dai soldati israeliani mentre erano fuori in mare, mare palestinese, a cercare di portare a casa un quantitativo di pesce, pesce palestinese, appena il minimo per sopravvivere.

Malgrado le intimidazioni israeliane, vero e proprio atto di terrorismo,
la pesca è stata ricca e proficua, una decina di volte superiore alla media, a detta del capitano della mia imbarcazione, che di solito può spingersi di sole poche miglia dalla costa.

Da parte mia gli ho ribattutto che evidentemente i pesci terrorrizzati dai proiettili israeliani, sono finiti nelle reti palestinesi.  Shukran Olmert! (Grazie Olmert!)

Ps.
Consegnatici i passaporti, è diventata effettiva la cittadinanza palestinese onoraria che ci hanno conferito.
Che siamo palestinesi a tutti gli effetti è riprovato a Rafah, dove da qualche giorno 4 miei compagni cercano di oltrepassare il confine, chi per tornare dalla moglie gravida, chi dai propri bambini, chi alla propria professione di dottore.
Invano, come migliaia di altri palestinesi, siamo rispediti indietro.
Io attenderò che le navi tornano indietro, per ora sono più utile e a mio agio qui nella più grande prigione a cielo aperto mai edificata dall’odio che altrove nel mondo.
I reietti, gli ultimi, i miserabili, sono sempre stati i miei compagni di viaggio preferiti, i più umani, e forse il viaggio è finito.

Restiamo umani.

Vik

Vittorio Arrigoni 

blog:http://guerrillaradio.iobloggo.com/ 

website della missione: http://www.freegaza.org/ 

contatto: guerrillaingaza@gmail.com

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