lunedì, 28 gennaio 2008Un uomo migliore
Ieri, in molte chiese greco-ortodosse nel mondo, hanno commemorato Georges Hàbash (sì, l’accento va sulla prima), il medico (al-Hakîm) che i sionisti cacciarono da Lydda quando aveva vent’anni, fondatore del Fronte Popolare per la Liberazione della Palestina, morto in povertà come era sempre vissuto.[1]
In quegli anni, si è formata, tra i palestinesi in esilio, una gerontocrazia di opportunisti e di venduti, che avrebbe dato il peggio di sé dopo gli accordi di Oslo. Georges Hàbash è stato un’altra cosa.
Georges Hàbash aveva mille limiti; però ha sempre tenuto presente che la liberazione della Palestina non doveva essere una faccenda di accordi con i dominanti, bensì di liberazione sociale.
E si è sempre rifiutato di scendere a compromessi, restando fedele alla tesi fondante del Fronte: una democrazia laica tra il Giordano e il mare, che accogliesse tutti i popoli di quelle terre, senza discriminazioni.
E negli ultimi anni, ha anche capito – lui, cristiano, laico, nazionalista e marxista – che era meglio rapportarsi con l’ala islamista più lucida, che con la svergognata banda di Râmallâh-Ceppaloni.
C’è chi lo ricorda così:
Diversamente da altri, al-Hakîm non ha mai salutato un sionista, non ha mai "negoziato" sotto la bandiera israeliana, non ha mai scambiato baci con gli assassini del nostro popolo, non ha mai piegato il ginocchio davanti a un re e non ha mai allungato la mano per mendicare. E’ rimasto fedele alle proprie idee, non oscillando mai tra un campo politico e l’altro alla ricerca di un posto. Abu Maysa è vissuto ed è morto senza mai discriminare in base alla religione. Era fermamente radicato nell’insieme collettivo della nostra storia araba, dal Golfo all’Oceano. E mentre i disperati del nostro popolo cercavano briciole di pane e gocce di acqua pulita nella Striscia di Gaza e nei campi dell’esilio, lui non risiedeva in un palazzo, né si godeva i guadagni del tradimento.
Forse due immagini possono dare un’idea del mondo di Georges Hàbash e di quello dei suoi nemici; nonché delle speranze di quei tempi, e della disperazione di questi.
La prima, non a caso, è in bianco e nero, e risale al 1970, quando gli uomini del re della Giordania, dopo essersi consultati con Stati Uniti e Israele, fecero il grande massacro di palestinesi noto come Settembre Nero.
La secondo immagine invece è tutta a colori e piena di sorrisi; e risale ad alcuni giorni fa, quando George Bush è andato a pulirsi le scarpe sul suo tappeto orientale, il re dell’Arabia Saudita.
Nota:
[1] Fino alla deportazione e massacro dei suoi abitanti nel 1948, Lydda ospitava una delle più antiche comunità cristiane nel mondo, legata alla figura del forse mitico concittadino, San Giorgio. E pensando proprio a Georges Hàbash, viene in mente quel troparion ortodosso che invoca San Giorgio come "liberatore dei prigionieri, difensore dei poveri e medico degli ammalati".
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