In Palestina, non vi può essere dignità senza giustizia

Palestinians search the debris of their houses for their belongiMemo. Di Samira Shackle. L’ex capo del Mossad, l’agenzia di spionaggio israeliana, non è una persona dalla quale ci si può attendere un approccio molto conciliante nei confronti dei Palestinesi. Ma questo è esattamente quel che Efraim Halevy ha fatto.

In un’ampia intervista concessa al Times of Israel, Halevy, che è stato a capo del Mossad dal 1998 al 2002, lavorando in seguito come consigliere speciale di Ariel Sharon, ha criticato le politiche del governo dimissionario. Ha affermato che le prossime elezioni di maggio 2015 non saranno solo un voto per la leadership, ma una possibilità di decidere “in quale modo trattare l’altra parte”. Ha detto: “Una decisione questa volta non sarà soltanto su chi farà, ma anche su quel che sarà fatto. Non solo su chi determinerà le politiche, ma anche su quelle che saranno le politiche”.

Halevy ha criticato il primo ministro Benjamin Netanyahu e il ministro dell’economia, Naftali Bennett, per aver violato lo status quo a Gerusalemme e per aver permesso agli ebrei nazionalisti di spostarsi verso i quartieri arabi ad est della città.

Ma il commento che ha attirato maggiore attenzione è stato il suo invito a porre fine alle politiche “condiscendenti” nei confronti dei Palestinesi. Ha raccontato un aneddoto a proposito di un suo amico il quale ha notato che non esiste nessuna parola in ebraico per dire ‘dignità’, continuando: “Il problema che abbiamo incontrato negli anni è stato che i Palestinesi hanno ricercato la loro dignità e l’ultima cosa a cui noi abbiamo pensato era di affrontarli in modo che potessimo farli sentire un minimo dignitosi”. Ha affermato che gli Israeliani trattano gli Arabi come esseri inferiori, e ha ribadito che, fintanto che questo continuerà, non vi sarà pace. Citando l’esempio del trattato di pace di Israele con l’Egitto del 1979, Halevy ha detto che questo è stato possibile soltanto perché entrambe le parti si consideravano i vincitori della guerra dello Yom Kippur del 1973. Ha detto che ciò significava che entrambe le parti si sentivano alla pari e che questa situazione – quella che permette ad entrambe le parti di considerarsi dignitosi – è un pre-requisito per la pace tra Israele e Palestina.

“Non credo faremo nessun progresso fino a quando ciò non accadrà, e temo che ci vorrà molto tempo prima che succeda, se mai succederà”, ha continuato, “e se non accadrà mai, non vi sarà mai pace tra noi ed i Palestinesi. E se non accadrà mai, saremo condannati ad un periodo molto lungo di battaglia”.

Halevy indica un punto interessante, cioè che i negoziati non possono essere condotti liberamente ed equamente mentre una delle parti crede nella sua assoluta superiorità, perchè questa posizione minaccia la possibilità di concessioni significative. Egli ha ammesso ciò piuttosto esplicitamente: “Dentro di noi sentiamo, in un modo o nell’altro, che si tratta di uno di loro o di uno di noi. Crediamo di essere superiori a loro. Riteniamo di essere meglio organizzati, meglio equipaggiati, con molta più esperienza. Sappiamo come condurre i nostri affari. Ed attualmente siamo noi ad avere il controllo della situazione. Ed è pressoché umanamente impossibile, in una situazione come questa, portare avanti un negoziato in quanto, perché possa produrre qualcosa alla fine, occorre essere nella situazione in cui voi siete alla pari con l’altra parte”.

Il suo invito a trattare i Palestinesi con dignità è da accogliere con favore, ma sembra improbabile che possa essere ascoltato nelle stanze del potere israeliane. I suoi commenti arrivano proprio quando gli USA hanno annunciato che non appoggeranno una risoluzione giordano-palestinese durante il Consiglio di Sicurezza dell’ONU, che chiede una fine del processo di pace entro il 2017.Ciò a seguito di settimane di pressioni intense sugli USA, da parte del governo israeliano, perchè utilizzi il suo potere di veto per far naufragare la risoluzione.

Israele ha provato più volte a bloccare l’ingresso della Palestina nell’ONU e le varie azioni che ha compiuto al suo interno, temendo soprattutto che potesse infine ricorrere alla Corte Criminale Internazionale ed essere così in grado di perseguire Israele per crimini di guerra. Queste non sono le azioni di un governo che intenda trattare la controparte con dignità. Il ministro degli esteri Avigdor Lieberman ha affermato più volte che la risoluzione – che pone semplicemente un termine ai negoziati di pace e al ritiro delle truppe israeliane – è “molto, molto controproducente”. Havely ha ragione quando afferma che non vi può essere nessun accordo fintanto che esiste questo enorme squilibrio di potere. E’ anche un fatto triste che non vi possa essere dignità senza giustizia. E non sembra nemmeno entro breve.

Traduzione di Aisha Tiziana Bravi