In preparazione del 60° anniversario di Israele, la Nakba palestinese.

Da Ramallah

 

Lo stato di Israele si sta preparando a festeggiare in pompa magna i sessant’anni della sua fondazione: le comunità ebraiche e i rabbini integralisti in tutto il mondo stanno organizzando eventi di diverso genere, il cui clou sarà sicuramente a Gerusalemme, città contesa e insanguinata dalla storia, dove dal 13 al 15 maggio è in programma una tre giorni di incontri alla quale è prevista la partecipazione di almeno 2000 persone, inclusi molti capi di governo dei paesi amici di Israele, primo fra tutti George Bush atteso il 14 maggio. Israele sta insomma cercando di coinvolgere il mondo intero nelle sue autocelebrazioni, oscurando l’altro lato della storia: le terribili conseguenze che la fondazione del suo stato ha causato nella vita del popolo palestinese. Nei suoi festeggiamenti Israele non ricorda certamente 60 anni di morte, distruzione ed esilio per milioni di palestinesi, per i quali quel maggio 1948 ha significato la Nakba, la catastrofe.

 

Per ricordare al mondo l’altro lato della storia, numerose associazioni di solidarietà con il popolo palestinese, locali e non, stanno organizzando in ogni luogo e soprattutto in Palestina eventi, manifestazioni, incontri, in coincidenza della tre giorni ufficiale israeliana. A queste si aggiungono le contromanifestazioni organizzate dai partiti politici, in primis Hamas e Fatah, di cui ancora tuttavia non si conosce il programma esatto. Il presidente dell’ANP Abu Mazen ha espresso l’intenzione di boicottare “temporaneamente” i leaders che parteciperanno alle celebrazioni israeliane, anche se non ha precisato in che modo, limitandosi a dichiarare che “Chi prenderà parte ai festeggiamenti verrà dichiarata persona non grata in Cisgiordania”. Tuttavia questi dirigenti non saranno banditi a vita, bensì solo per un certo periodo di tempo.

 

Ben più chiare le idee e i programmi di attivisti palestinesi, sostenuti da diverse associazioni internazionali che stanno preparano manifestazioni di protesta per mandare un forte messaggio al mondo e allo stato di Israele: milioni di palestinesi non  dimenticano i sessant’anni di sofferenza e le continue violenze da parte dell’occupante israeliano, il quale, invece di ricercare la pace, si impegna a costruire divisioni e muri. Ma l’intenzione è anche quella di inviare un messaggio di incoraggiamento ai palestinesi stessi, per incitarli alla resistenza quotidiana e alla speranza di un futuro di giustizia e di pace, al di là delle divisioni interne e ai conflitti tra i partiti.

 

Tra le diverse iniziative forse quella più creativa è in programma il 15 maggio: tutti i palestinesi sono invitati a vestirsi di nero, a osservare un minuto di silenzio dopo la preghiera di mezzogiorno e a raggiungere i check point di Qalandya e Betlemme, da dove verranno liberati in aria 21.915 palloncini neri (numero risultante dalla moltiplicazione dei giorni di un anno per 60 anni) con l’intento di tingere di nero il cielo delle celebrazioni israeliane. Per la riuscita di questo evento da giorni sono in corso incontri preparativi in diverse città della Cisgiordania: a Ramallah giovedì scorso si è tenuta una partecipatissima festa di raccolta fondi, e mercoledì 30 ci sarà una riunione organizzativa sia nella capitale della Cisgiodania, sia a Betlemme, nella speranza di coinvolgere sempre più persone, palestinesi ed internazionali, agli eventi in memoria della Nakba e in solidarietà della quotidiana resistenza all’occupazione.

 

Irene Ghidinelli Panighetti

 

 

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