Palestine Chronicle. Di Romana Rubeo
“La Mostra del Cinema di Venezia è rimasta in silenzio sulle atrocità di Israele contro il popolo palestinese,” si legge nella lettera.
Oltre 300 artisti, tecnici e operatori culturali hanno sottoscritto un appello in cui rifiutano “la complicità con il regime israeliano di apartheid” e si oppongono “all’artwashing del genocidio di Gaza contro i palestinesi all’81° Festival del cinema di Venezia”.
Tra i signatari della lettera, figurano nomi importanti del cinema italiano, come Sarah Felberbaum, Alessandro Gassman, Asia Argento, Moni Ovadia, Laura Morante, Gabriele Muccino, Ascanio Celestini, Simona Cavallari, Paola Michelini.
Tra i musicisti, invece, a esporsi in prima persona sono stati, tra gli altri, Levante, Paola Turci, Giuliano Sangiorgi, Elisa Toffoli, Malika Ayane, Elodie, Lo Stato Sociale, i 99 Posse.
“La Mostra del Cinema di Venezia è rimasta in silenzio sulle atrocità di Israele contro il popolo palestinese,” si legge nella lettera.
“Questo silenzio ci indigna profondamente. Come operatori artistici e cinematografici di tutto il mondo, chiediamo misure efficaci ed etiche per chiedere a Israele dell’apartheid di rispondere dei suoi crimini e del sistema di oppressione coloniale contro i palestinesi”.
La lettera, poi, denuncia esplicitamente che “due film proiettati al Festival, Of Dogs and Men e Why War, sono stati creati da società di produzione israeliane che sono complici nel mascherare l’oppressione di Israele contro i palestinesi”.
Nascondere il genocidio
Una delle pellicole al centro della controversia, ‘Al Klavim Veanashim’ (Of Dogs and Men), è firmato da Dani Rosenberg e racconta in particolare i fatti avvenuti in seguito all’operazione del 7 ottobre 2023 e, secondo l’appello, “nasconde il genocidio”.
L’altro film, Why War, scritto e diretto da Amos Gitai, è ispirato al rapporto epistolare tra Albert Einstein e Sigmund Freud.
Quello che gli oltre 300 artisti italiani sottolineano, tuttavia, è la “inaccettabile” decisione, da parte del Film Festival, di presentare “film realizzati da società di produzione complici di un regime impegnato in continue atrocità contro il popolo palestinese.”
“Il festival cinematografico non dovrebbe programmare produzioni complici dei crimini di apartheid, della pulizia etnica e del genocidio, indipendentemente da chi li perpetra, e dovrebbe astenersi dal farlo in futuro,” l’appello sostiene.
Genocidio in corso
La lettera ricorda come la Corte Internazionale di Giustizia abbia “dichiarato che Israele sta plausibilmente perpetrando un genocidio contro 2,3 milioni di palestinesi a Gaza e che il suo regime di apartheid e di occupazione militare è illegale.”
“Il procuratore della Corte penale internazionale ha chiesto alla Corte un mandato d’arresto per il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu e il ministro della Difesa Yoav Gallant, con l’accusa di ‘sterminio e di ‘aver affamato deliberatamente la popolazione civile e causato la morte di decine di migliaia di persone innocenti’,” prosegue.
In spregio a una risoluzione del Consiglio di Sicurezza delle Nazioni Unite che chiedeva un cessate il fuoco immediato, Israele ha sfidato la condanna unanime giunta a livello internazionale per la sua continua e brutale offensiva su Gaza.
Attualmente sotto processo davanti alla Corte Internazionale di Giusiz per genocidio contro i palestinesi, Israele sta conducendo una guerra devastante su Gaza dal 7 ottobre.
Secondo il Ministero della Sanità di Gaza, 40.602 palestinesi sono stati uccisi e 93.855 feriti nel genocidio in corso a Gaza dal 7 ottobre.
Inoltre, almeno 11.000 persone sono irreperibili, presumibilmente morte sotto le macerie delle loro case in tutta la Striscia.
sraele afferma che 1.200 soldati e civili sono stati uccisi durante l’operazione Ciclone di Al-Aqsa del 7 ottobre. I media israeliani hanno pubblicato rapporti che suggeriscono che molti israeliani sono stati uccisi quel giorno da “fuoco amico”.
Le organizzazioni palestinesi e internazionali affermano che la maggior parte delle persone uccise e ferite sono donne e bambini.
La guerra israeliana ha provocato una grave carestia, soprattutto nel nord di Gaza, che ha causato la morte di molti palestinesi, soprattutto bambini.
L’aggressione israeliana ha anche provocato lo sfollamento forzato di quasi due milioni di persone da tutta la Striscia di Gaza, con la stragrande maggioranza degli sfollati costretti nella città meridionale di Rafah, densamente affollata e vicina al confine con l’Egitto, in quello che è diventato il più grande esodo di massa della Palestina dalla Nakba del 1948.
Inoltre, durante la guerra, centinaia di migliaia di palestinesi sono stati costretti a spostarsi dal sud al centro di Gaza, alla costante ricerca di sicurezza.