
Palestine Chronicle. Di Fayha Shalash. Ayham è stato arrestato due volte dall’inizio del 2023. Il primo arresto è durato un giorno ed è stato rilasciato su cauzione. La seconda volta è stata alla fine di marzo di quest’anno. Ha trascorso un mese intero in carcere, oltre a nove mesi di arresti domiciliari dal momento della scarcerazione.
Ayham Al-Hadra, 14 anni, non si aspettava che le sue vacanze estive iniziassero con la reclusione in casa sua. Ha trascorso le settimane precedenti a fare progetti con i suoi amici per l’estate perfetta.
Tuttavia, la decisione del tribunale israeliano di porre Ayham agli arresti domiciliari per ben nove mesi ha infranto tutti i suoi sogni. Ora trascorre le sue giornate semplicemente guardando fuori dalla finestra con le lacrime agli occhi a causa delle dure restrizioni che gli sono state imposte.
Arresti domiciliari, secondo Israele.
Gli arresti domiciliari sono un tipo di detenzione utilizzata da Israele nei confronti dei cittadini di Gerusalemme e dei Palestinesi nella Palestina del ’48, l’attuale Israele. Colpisce principalmente i ragazzini di età inferiore ai 18 anni, attivisti e influencer. Viene utilizzato come alternativa alla reclusione vera e propria, ma i suoi effetti psicologici sono dannosi, poiché a questi cittadini viene impedito di uscire di casa e svolgere le loro attività quotidiane.
Anche la madre di Ayham sta attraversando momenti difficili, essendo diventata tristemente la carceriera di suo figlio. Infatti, il tribunale israeliano ha annunciato che lei è la garante per i suoi arresti domiciliari.
“Mi sento molto triste quando lo vedo seduto vicino alla finestra a guardare fuori”, ha detto la madre di Ayham a The Palestine Chronicle. “Mi si spezza il cuore quando vede i suoi amici giocare mentre lui è chiuso in casa. Vedo le lacrime che gli scorrono sulle guance e comincio a piangere anch’io.
Imprigionato durante il Ramadan.
Ayham è stato arrestato due volte dall’inizio del 2023. Il primo arresto è durato un giorno ed è stato rilasciato su cauzione. La seconda volta è stata alla fine di marzo di quest’anno. Ha trascorso un mese intero in carcere, oltre a nove mesi di arresti domiciliari dal momento della scarcerazione.
Sua madre ci ha raccontato che la reclusione di Ayham è avvenuta durante il mese sacro di Ramadan e la seguente festività dell’Eid. Questo ha fatto sentire ancora di più la sua assenza in famiglia.
“Mi è mancato molto e non ho sentito la bellezza del mese di Ramadan o dell’Eid. Continuavo a pensare a come digiunava da solo e mangiava tutto da solo. Tutto era freddo in sua assenza”, ha spiegato sua madre.
“Peggio della prigione”.
Ayham ha subito diversi processi nei tribunali israeliani. L’ultimo si è concluso con la sua scarcerazione, seguita dagli arresti domiciliari e da una sanzione.
Sebbene ingiusta nei confronti del ragazzo, la famiglia era relativamente felice di questa decisione, poiché la priorità per loro era che il figlio tornasse a casa.
Tuttavia, con il passare dei giorni, il ragazzo ha cominciato ad annoiarsi e a chiedere ai suoi genitori di uscire di casa. Sfortunatamente, fare un passo fuori dalla porta significherebbe essere nuovamente arrestato.
“Questo tipo di detenzione è molto difficile per lui. Si sente annoiato e talvolta frustrato. È diventato agitato e sono iniziati i problemi con i suoi fratelli”, ha raccontato la madre di Ayham. “È anche diventato meno loquace e meno coinvolto nelle riunioni di famiglia”.
Si tratta di un altro lato oscuro di questo tipo di detenzione, in quanto non riguarda solo i ragazzi che sono agli arresti domiciliari, ma tutta la loro famiglia.
“Ad Ayham è stato anche impedito di andare a scuola, il che è molto difficile per lui. Nelle ultime due settimane aveva gli esami finali, così abbiamo presentato una richiesta speciale alla polizia israeliana e al tribunale per consentire che andasse a scuola a sostenere gli esami”, ha spiegato sua madre.
“Ogni giorno lo accompagnavo a scuola, lo aspettavo fuori e tornavo a casa con lui perchè finisse la sua reclusione”.
La vita della famiglia al-Hadra è stata stravolta. Per un mese intero, sua madre non ha potuto andare a lavorare a causa della sua reclusione.
Con l’inizio del nuovo anno scolastico, il prossimo settembre, la mamma dovrà accompagnarlo a scuola tutti i giorni.
“A volte mi dice che tornare nella prigione vera e propria sarebbe più misericordioso. Mi dispiace per lui”, ha detto.
Cancellare l’infanzia.
Dall’inizio dell’anno, Israele ha incarcerato a Gerusalemme 25 bambini palestinesi di età inferiore ai 12 anni e 340 minorenni di età compresa tra i 12 e i 18 anni, secondo il Comitato per le Famiglie dei Prigionieri di Gerusalemme.
Il capo del comitato, Amjad Abu Asab, ha dichiarato al Palestine Chronicle che la maggior parte di questi bambini è stata “posta agli arresti domiciliari”, che sono di due tipi: uno per un periodo di tempo definito e l’altro per un periodo indefinito. A volte, i detenuti vengono addirittura deportati fuori dalle loro città d’origine, a casa di loro parenti.
Secondo Abu Asab, Israele usa gli arresti domiciliari come punizione collettiva per colpire il bambino e la sua famiglia. Per loro ci sono ripercussioni molto dure, soprattutto perché la casa si trasforma in una prigione e i genitori si trasformano in carcerieri dopo aver sottoscritto importanti impegni finanziari per liberare il figlio dalla prigione vera e propria. Al momento della firma, vogliono solo che i loro figli vengano scarcerati.
“È stato dimostrato attraverso l’esperienza che gli arresti domiciliari possono avere un impatto ancora maggiore sulla vita dei detenuti, soprattutto perché nelle vere prigioni vivono con i loro compagni”, ha detto Abu Asab.
“Al contrario, quando sono agli arresti domiciliari, la loro famiglia e i loro amici possono ancora vivere una vita normale. Ma questi bambini vedono i loro amici andare al parco giochi, fare spese e andare a scuola. Per loro, la libertà è semplicemente irraggiungibile”.
L’impatto psicologico della reclusione in casa è molto grave su un bambino, in quanto porta a danni emotivi e alla distruzione delle sue relazioni sociali.
Il bambino tende a diventare ribelle nei confronti della sua famiglia. Alcuni hanno persino tentato il suicidio e altri hanno aggredito i loro genitori. Diventano isolati e aggressivi. Tutto ciò porta anche a danni fisici come la caduta dei capelli e l’incontinenza urinaria, secondo Abu Asab.
Inoltre, i tribunali israeliani non specificano sempre la durata degli arresti domiciliari quando condannano i bambini palestinesi. Pertanto, alcuni minori passano anni agli arresti domiciliari anche se sono stati condannati a due mesi di reclusione effettiva.
“La maggior parte dei genitori si sente angosciata ed esausta perché deve stare con il bambino”, ha continuato Abu Asab.
“Per tutto il periodo, il bambino è spesso privato del suo diritto all’istruzione. Fondamentalmente, le autorità israeliane rubano la loro infanzia”, ha concluso.
– Fayha’ Shalash è una giornalista palestinese residente a Ramallah. Si è laureata alla Birzeit University nel 2008 e da allora lavora come reporter e giornalista. I suoi articoli sono apparsi in diverse pubblicazioni online. Ha contribuito con questo articolo sul Palestine Chronicle.
Traduzione per InfoPal di Edy Meroli