Intervista a Khalida Jarrar, deputata del FPLP.

Un’intervista alla deputata del Fronte Popolare Khalida Jarrar:

  • il Fronte non voterà quando il governo sarà sottoposto alla fiducia del Consiglio legislativo

  • non partecipare al governo è una decisione politica, e non è provocata dalla spartizione dei ministeri  

Il rifiuto del Fronte Popolare a partecipare al governo di unità nazionale è definitivo?

“La decisione del Fronte Popolare è chiara: non prendere parte al governo di unità nazionale e rimanere nelle fila dell’opposizione costruttiva, perché dopo le prime trattative con il presidente Mahmoud Abbas e il primo ministro Ismail Haniyah abbiamo riscontrato un punto di differenza politica: si tratta del testo del documento di incarico e il suo contenuto per ciò che riguarda il rispetto degli accordi firmati tra OLP e Israele. Quando abbiamo appreso che era la stesura finale, abbiamo ritenuto impossibile accettare un qualcosa che consideriamo un passo indietro rispetto al Documento della Concordia nazionale”. 

Ci può spiegare meglio in cosa consiste questo ‘passo indietro’?“Il punto “3” del documento di incarico, ultimo paragrafo, contiene l’impegno da parte del governo a rispettare gli accordi firmati con Israele. Noi ci siamo opposti a questi accordi, che non hanno realizzato gli interessi del nostro popolo, ma che lo hanno fatto soffrire molto, in particolare la resistenza.

La prima parte del punto “1” del documento, in particolare il paragrafo tre, che parla del rispetto della legalità internazionale e delle decisioni dei Consigli nazionali palestinesi precedenti. Noi del FPLP c’eravamo ritirati dal comitato esecutivo dell’OLP e avevamo boicottato due riunioni del Consiglio nazionale – la prima, nel 1988, quando si è affrontato il programma di pace palestinese che contiene il riconoscimento delle leggi internazionali 242 e 338. La nostra posizione contraria era chiara. Poi abbiamo boicottato la seduta che trattava dell’annullamento o della modifica dell’accordo nazionale palestinese. E’ difficile, dunque, che il Fronte Popolare possa far parte del documento di incarico che richiede il rispetto degli accordi che abbiamo rifiutato di accettare e abbiamo rifiutato di rispettare.

Ma confermiamo che noi abbiamo apprezzato l’accordo di Mecca perché ha fermato la lotta. Faremo un’opposizione positiva, per migliorare la situazione palestinese, appoggeremo il governo in maniera costruttiva per le posizioni che meritano, ci opporremo in maniera democratica quando non incontreranno la nostra visione e i nostri impegni”. 

Il Fronte darà la fiducia al governo di unità nazionale quando si presenterà al Consiglio legislativo?

“E’ ancora presto per dirlo, tuttavia, poiché che non parteciperemo al governo non daremo la fiducia, ci asterremo”. 

Qual è l’opinione del FPLP sulla distribuzione dei ministeri, in relaziona ancha alla vostra richiesta di due portafogli e di un incarico nella sicurezza?

“Questo non è vero per niente: chi ha dichiarato ciò a nome del Fronte Popolare ha sbagliato, perché non era presente alle riunione. Noi non abbiamo mai discusso delle quote ministeriali. Se questo fosse vero, il Fronte avrebbe potuto partecipare al governo precedente quando poteva avere più ministeri.

Il Fronte non discute i fatti dall’angolazione stretta delle quote, ma dal punto di vista degli interessi palestinesi. Credo che questo sia un tentativo per danneggiare l’immagine del nostro movimento. Noi non ci vergogniamo di discutere di pluralismo e di democrazia, noi rispettiamo i risultati delle elezioni. A noi non interessano le quote, perché temiamo che anche negli impieghi pubblici, nella giustizia, si diffonda la logica della “lottizzazione”, della spartizione di cariche in base a criteri di appartenenza politica”.

 

Ma non credete che il vostro ritiro come “terza forza” dalla scena politica palestinese potrà influenzare la formazione del governo di unità?

“Continueremo nel ruolo di chi unisce, anche se siamo all’opposizione, e non ci comporteremo come oppositori al governo. Siamo a favore della concordia nazionale e della gestione dell’opposizione in maniera civile. Non permetteremo ulteriori provocazioni e pressioni contro il nostro popolo, il nostro rifiuto di partecipare al governo non influenzerà il nostro rapporto con i due movimenti Hamas e Fatah”. 

Crede che il governo sarà in grado di affrontare questi pressioni?

“Chi crede che Israele e gli Stati Uniti siano pronti per le trattative per mettere fine all’occupazione, sogna. Il piano proposto dagli americani ha come obiettivo la Road Map e le soluzioni parziali e transitorie. Perciò chi si illude di potere arrivare alla fine dell’occupazione attraverso queste trattative, deve smettere di sognare”. 

Per quanto riguarda la fine dell’assedio politico e economico imposto al popolo palestinese, crede che il prossimo governo possa riuscire a ottenerlo?

“Noi crediamo che qualsiasi governo che riuscirà subito a togliere l’assedio, significa che ha accettato le condizioni del Quartetto. Ma noi pensiamo che se la parte palestinese avrà una posizione unitaria, fedele al Documento della Concordia nazionale, potremo affrontare politicamente il mondo rompendo gradualmente questo assedio. Ma ciò richiede, appunto, una posizione palestinese forte.

Dobbiamo sempre fermaci davanti alle pressioni e lavorare attraverso il piano per rompere l’assedio a livello arabo, europeo ed internazionale. Gli Usa continueranno sempre a chiedere di più, e questo richiede rinunce”.

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