Isolamento carcerario … Una vita tra le tombe

807506705PICLa pena dell’isolamento, in assoluto il provvedimento più razzista e inumano applicato nelle carceri israeliane, è pensato per minare la salute psicologica e morale dei detenuti.

Secondo il Servizio di Sicurezza generale israeliano, l’intelligence, chiamato anche Shabak (Shin Bet), l’isolamento si applica ai detenuti con condanne gravi o accusati di aver commesso atti di resistenza.

L’ex ministro dei Detenuti dell’Autorità palestinese, Wasfi Qabha, ha dichiarato: “Questo provvedimento è il peggiore che si possa prendere nei confronti dei detenuti. Molti di loro hanno scioperato a lungo per abolirlo, ma Israele si ostina ad adoperarlo”.

Ha aggiunto: “La questione dell’isolamento, se affrontata seriamente e legalmente, condannerà l’occupazione israeliana a livello internazionale”.

L’ex detenuto Fadi Samarah, rilasciato qualche giorno fa dopo 13 anni di carcere, ha dichiarato: “Nonostante la determinazione e la forza dei detenuti palestinesi, l’isolamento è il provvedimento più duro da affrontare. Porta a gravi problemi fisici, che si aggiungono al trattamento crudele usato dalle guardie nei loro confronti”.

Mousa Sufan, detenuto in isolamento per due anni, descrive le condizioni come estremamente difficili, spiegando che ai prigionieri è concesso uscire dalla cella soltanto per un’ora al giorno.

“La cella d’isolamento è molto piccola, piena di insetti, e il cibo servito è scadente”.

Ha inoltre lamentato una grave negligenza dei medici nei suoi confronti.

Esam Ahmad Zeineddin, un altro detenuto in isolamento, ha affermato che non gli è concesso vedere i suoi familiari nonostante numerose richieste da lui avanzate, sollecitando la condanna e la fine della politica di isolamento, che è come “seppellire vive le persone”.

Traduzione di Giovanna Niro