Israele: 60 Anni di Apartheid, di Colonialismo e di Pulizia Etnica
E tempo per lalternativa di uno stato laico e democratico
Omar Barghouti, Italia, ottobre 2007
Che liberazione! La soluzione due-stati per il conflitto israelo-palestinese è finalmente morta. Ma qualcuno deve emettere un certificato ufficiale prima che al cadavere putrefatto venga data una degna sepoltura e prima che noi tutti possiamo andare avanti e esaminare lalternativa più giusta, più morale – e perciò più duratura – per una pacifica coesistenza fra Ebrei e Arabi nel Mandato di Palestina: la soluzione di uno stato laico e democratico.
Il programma due-stati, oltre ad aver superato la data di scadenza, non è stato mai una soluzione morale con cui iniziare. Nello scenario migliore, se la risoluzione dellONU 242 fosse stata meticolosamente applicata, si sarebbe rivolta, principalmente, ai diritti legittimi di meno di un terzo della popolazione palestinese su meno di un quinto della loro terra dorigine. Più dei due terzi dei palestinesi, i profughi più i cittadini palestinesi di Israele, sono stati cancellati, in modo ambiguo e miope, dalla definizione di palestinesi. Tale esclusione può soltanto garantire la continuazione del conflitto.
Ma chi offre lo scenario migliore per incominciare? Nessuno, a dire la verità. Lofferta migliore finora rimane significativamente al di sotto delle relative risoluzioni dellONU. Da Oslo a Camp David II, a Taba, a Ginevra, lofferta israeliana più generosa è stata sempre ben al di sotto delle richieste minime del diritto internazionale, per non parlare dei principi base di giustizia.1 Con lammissione che la giustizia non è stata pienamente assicurata dalle offerte del suo governo a Camp David, per esempio, lex ministro degli esteri israeliano, Shlomo Ben-Ami, ha detto, i palestinesi possono scegliere tra giustizia o pace.2
Umanità-relativa e il conflitto
Fin dallinizio, i due principali pretesti dei sionisti per giustificare la colonizzazione della Palestina furono: A) La Palestina era una terra senza popolo, un territorio desolato senza civiltà; e B) Gli Ebrei avevano un diritto divino a liberare la Palestina, secondo la promessa fatta loro dallOnnipotente.
Fino ad ora, sia gli argomenti politici sia quelli religiosi, sono stati presentati come se fossero niente di più di miti senza fondamento, grazie soprattutto al lavoro diligente di alcuni storici e archeologi israeliani di dubbia moralità.3
Mettendo da parte sia la macchinazione politica sia la mitologia biblica, Joseph Weitz, capo del Dipartimento colonizzazione dellAgenzia Ebraica nel 1940, spiegava la verità su come questa redenzione dovesse essere portata avanti:
Fra noi deve essere chiaro che non cè spazio per entrambi i popoli insieme in questo paese. Noi non possiamo acquisire il nostro obiettivo se gli Arabi stanno in questo piccolo paese. Non cè altra strada se non quella di trasferire gli Arabi, tutti gli arabi, da qui ai paesi vicini. Non un villaggio, non una tribù deve essere lasciata.4
Al centro vero della razionalizzazione della espulsione dei palestinesi sta una radicata convinzione coloniale dellirrilevanza, o della mancanza di un valore paragonabile, dei diritti, dei bisogni e delle aspirazioni dei palestinesi, che sono così percepiti e trattati da Israele come umani-relativi, che, come conseguenza, hanno diritto solo ad una minima parte dei diritti che sono dovuti ai pienamente umani. Questo fattore ha giocato un ruolo fondamentale nellimpedire levoluzione verso una soluzione basata su uno stato unico.
Nella consapevolezza che il fallimento del paradigma due-stati riaccenderà molto probabilmente la soluzione dello stato-unico, molti leader sionisti ora chiedono un accordo provvisorio a lungo termine, che di fatto mantenga i principali aspetti dello status quo, caratterizzato da tre forme di ingiustizia sionista contro il popolo palestinese:
I. Rifiuto dei diritti dei profughi palestinesi
II. Occupazione militare, colonizzazione e repressione in West Bank e a Gaza
III. La versione sionista di apartheid allinterno di Israele
I. Rifiuto dei diritti dei profughi
Lungi dallammettere la propria responsabilità nellaver creato il più vecchio e il più ampio problema di profughi, e nonostante la schiacciante dimostrazione che la incrimina, Israele ha sistematicamente evaso ogni responsabilità per la Nakba. La dimensione più tipica nel discorso pubblico israeliano riguardo alla nascita dello stato è la negazione, quasi generale, delle ingiustizie commesse. Anche persone di sinistra impegnate, spesso si affliggono per la perdita delle superiorità morale di Israele dopo loccupazione della Cisgiordania e di Gaza nel 1967, come se prima di tutto questo Israele fosse stato uno stato civile, legittimo e rispettoso della legalità come la Finlandia!
Gli israeliani hanno sempre desiderato di essere membri di uno stato normale, fino a che hanno cominciato effettivamente a credere che lo fosse. E come se la maggioranza di quelli che hanno attivamente partecipato o sono stati testimoni della Nakba fosse stata collettivamente contagiata da una amnesia selettiva cronica.
Questo rifiuto ha le sue radici nellOlocausto e nelle circostanze uniche create come sua conseguenza, che hanno permesso a Israele di affermare che, rispetto a qualsiasi altro stato, era costretto a rifiutare ai profughi p
alestinesi il loro inequivocabile diritto al ritorno nelle loro case e nelle loro terre. Preservare il carattere ebraico dello stato, questa è stata largomentazione, è molto più importante dei diritti dei palestinesi. Nessun altro paese può oggi sostenere un atteggiamento così apertamente razzista per quanto riguarda i propri diritti ad una purezza etnica senza essere messo al bando dalla comunità internazionale.
Dal momento che sostenere il diritto al ritorno dei profughi palestinesi alle loro case è, a mio parere, la cartina di tornasole della moralità di tutti quelli che suggeriscono una soluzione giusta e duratura al conflitto israelo-palestinese, molti, incluso lintero spettro della sinistra ufficiale in Israele, non hanno superato il test. Sinistra e destra sono termini relativi dovunque, ma in Israele la distinzione è alle volte totalmente infondata. Sulle questioni della purezza etnica, demografia e sciovinismo, i politici e gli intellettuali israeliani di sinistra, anche quelli che si auto-definiscono la sinistra5 fanno in modo che i partiti di estrema destra europei sembrino in confronto umani come Madre Teresa.
Malgrado questo, non si può negare che il diritto al ritorno dei profughi palestinesi contraddice le basi di una soluzione negoziata due-stati. Israele semplicemente non lo accetterà mai. Non ha nulla a che fare con i meriti o labilità dei negoziatori palestinesi, ma piuttosto con un squilibrio di potere così eccessivo che permette a uno stato razzista e coloniale di salvaguardare la sua natura esclusivista dettando condizioni a un interlocutore pateticamente più debole. Questo è il motivo per cui il diritto al ritorno non può realisticamente essere raggiunto eccetto che in una soluzione di un unico stato democratico e solo attraverso campagne significative di boicottaggio, disinvestimenti sanzioni, o BDS. Il modello del Sud Africa è quello più pertinente a cui riferirsi.
II. Governo coloniale: Crimini di Guerra
Durante una visita alla striscia di Gaza completamente chiusa, Oona King, ebrea, membro del parlamento britannico ha commentato con ironia quello che gli ebrei israeliani si trovano a fronteggiare, dicendo: sfuggendo le ceneri dellOlocausto, hanno imprigionato un altro popolo in un inferno simile per la sua natura anche se non di quella entità al ghetto di Varsavia.6
Ogni essere umano dotato di coscienza che ha recentemente visitato i territori occupati non può non concordare con King. I due esempi seguenti possono aiutare a chiarire questo punto.
– Nascita e Morte ad un posto di blocco militare israeliano
Rula, una donna palestinese era allultima fase del travaglio. Suo marito, Daud, non riusciva a convincere i militari di un tipico posto di blocco a lasciarli passare per raggiungere lambulanza che era trattenuta dagli stessi militari dallaltro lato. Dopo una lunga attesa, Rula non riusciva più a trattenersi. Cominciò a urlare per il dolore, nella totale indifferenza dei militari. Daud descrisse lesperienza traumatica dicendo:
Cera un masso vicino al filo spinato. . Mia moglie cominciò a strisciare verso quel masso e vi si lasciò cadere sopra, mentre io continuavo a parlare con i militari. Uno solo di loro prestò un po di attenzione, gli altri neanche guardavano. Lei cercò di nascondersi dietro il masso, si sentiva a disagio a farsi vedere dai soldati in quelle condizioni. Cominciò a urlare e continuò a urlare. I soldati dissero: Spingila verso la nostra direzione, non lasciarla andare troppo lontano. Lei urlava sempre di più, ma questo non li smosse. Improvvisamente lei gridò: Ho partorito, Daud, ho partorito! Io cominciai a ripetere quello che lei diceva in modo che i soldati udissero. In ebraico e in arabo. Essi udirono.7
Poi Rula gridò: La bambina è morta! La bambina è morta!. Daud, sconvolto e temendo per la stessa vita della moglie, fu costretto a tagliare il cordone ombelicale con un sasso. In seguito, il medico che esaminò il piccolo cadavere allospedale, rilevò che la bambina era morta per una grave ferita causata da una forza contundente, subita quando era venuta alla luce.
Commentando una morte analoga di un altro neonato palestinese ad un altro posto di blocco israeliano, una portavoce di Medici Israeliani per i Diritti Umani ha accusato il suo governo di terrorismo di stato.8
– Dar la caccia ai bambini per sport
Il giornalista americano Chris Hedges, un veterano, ha narrato9 sullHarpers Magazine come le truppe israeliane a Gaza insultano e provocano sistematicamente i bambini palestinesi che giocano tra le dune a sud di Gaza. Quando poi i bambini alla fine si arrabbiano tanto da cominciare a tirare pietre, i soldati rispondono deliberatamente con pallottole vere da fucili muniti di silenziatori. In seguito, scrive Hedges, allospedale vedo la distruzione: i ventri straziati, i buchi aperti negli arti e nei tronchi. E poi conclude: Anche in altri conflitti che ho seguito sono stati uccisi bambini, ma non avevo mai visto prima soldati attirare bambini come topi in una trappola e ucciderli per sport.
A partire dalla barbarie delle colonie e del Muro dellapartheid, costruito sui territori occupati e dichiarato illegale dalla Corte Internazionale di Giustizia nel 2004, e delle centinaia di blocchi stradali militari che impediscono ai palestinesi laccesso alle loro terre, al loro lavoro, ai loro ospedali e alle loro scuole, Israele ha agito con un livello di criminalità e impunità tale che Shulamit Aloni, ex ministro dellistruzione israeliano, si è sentita in dovere di dire coraggiosamente: Noi non abbiamo le camere a gas e i forni crematori, ma non cè un metodo fisso per il genocidio.10 Lappello palestinese al boicottaggio, che fa riferimento al modello del boicottaggio in Sud Africa, si caratterizza in questo contesto come una risposta prevedibile al fallimento della comunità internazionale nellottenere il rispetto da parte di Israele del diritto internazionale e dei diritti umani fondamentali.
Riconoscendo che gli israeliani sono a conoscenza o anche che vi partecipano direttamente — di questi crimini, sia attraverso il servizio regolare nella forze di riserva dellesercito di occupazione o attraverso i media si possono proporre due spiegazioni possibili che non si escludono necessariamente a vicenda per spiegare la loro accettazione, e a volte il loro fervido sostegno, della violazione sistematica dei diritti umani palestinesi:
– La diffusa convinzione che la loro guerra demografica contro i palestinesi può essere vinta adottando il suggerimento dellex ministro Benny Elon che ha proposto di intensificare lassedio e la repressione contro i palestinesi con lobiettivo di: rendere loro la vita talmente amara che si trasferiranno di loro volontà.11
– Una tradizione coloniale e razzista e il crescente fondamentalismo ebraico, che nutre la percezione profondamente radicata da parte israeliana dei palestinesi come esseri meno pienamente umani.
Su questultimo punto, a differenza del fondamentalismo islamico, il fondamentalismo ebraico in pratica non viene mai menzionato malgrado il fatto che sta progressivamente guadagnando terreno in Israele, rendendo lo Stato sempre più fanatico nella ideologia che lo guida.12 Ad esempio, il rabbino Ginsburg, dirigente della potente setta hassidica, ha difeso il massacro, nel 1994, dei fedeli mussulmani nella moschea al-Ibrahimi di Hebron riferendosi alla legge ebraica, la Halachà, e dicendo:
Dal punto di vista legale, se un ebreo uccide un non ebreo, non viene chiamato assassino. Non ha trasgredito il sesto comandamento. Cè qualche cosa di infinitamente più sacro ed unico nella vita di un ebreo che in quella di un non ebreo.13
III. Il sistema israeliano di discriminazione razziale: Intelligente Apartheid
Ronnie Kasrils, un ministro ebreo del governo sudafricano e ex leader dellANC ha scritto recentemente :
Alla minoranza palestinese in Israele è stata per decenni negate luguaglianza di base nella salute, istruzione, nel possesso di case e di terreni, solamente perché non è ebrea. Il fatto che a questa minoranza è permesso di votare compensa difficilmente la dilagante ingiustizia in tutti gli altri diritti umani fondamentali. Essi sono esclusi dalla stessa definizione di "stato ebraico", e hanno in pratica nessuna influenza sulle leggi o sulle politiche sociali ed economiche. Di qui lanalogia con i neri sudafricani.
Israel Shahak, il famoso accademico defunto, paladino dei diritti umani, spiega lo schema intricato utilizzato per negare ai palestinesi in Israele laccesso alla proprietà della terra :
Lo stato di Israele ha trasformato la maggior parte della terra in "terra di stato." Dopo che queste terre sono state definite di proprietà statale possono essere date in affitto solo agli ebrei. Il diritto di affittare queste terre è negato a tutti i non-ebrei, senza una sola eccezione. Questo rifiuto è rafforzato con la collocazione di tutte le terre statali sotto lamministrazione del Fondo Nazionale Ebraico, un ramo dellOrganizzazione Sionista Mondiale, il cui statuto razzista proibisce il loro affitto o ogni altro uso ai non-ebrei.14
Anche a livello popolare, recenti sondaggi hanno mostrato in modo consistente che una maggioranza significativa di ebrei israeliani si oppone a una completa eguaglianza di diritti per i palestinesi cittadini di Israele e ritiene che dovrebbero essere incoraggiati ad emigrare.
La Pulizia Etnica: la Soluzione Finale di Israele alla Minaccia Demografica Palestinese
I politici, gli intellettuali e i media di massa israeliani discutono spesso con passione come far fronte alla guerra demografica del paese contro i palestinesi. Pochi israeliani dissentono dalla convinzione che tale guerra esiste o che potrebbe esistere. La richiesta popolare di subordinare la democrazia alla demografia ha, quindi, portato allladozione di meccanismi di controllo della popolazione per tenere sotto controllo il numero dei palestinesi.
In un chiaro esempio di tali meccanismi, lIsrael Council for Democracy fu riconvocato lo scorso anno per incoraggiare le donne ebree di Israele — e soltanto loro — ad aumentare le nascite; un progetto che, se giudichiamo dallattività del consiglio precedente, cercherà anche di impedire gli aborti, come riportato da Haaretz.15 Questo organo prestigioso, che include i massimi ginecologi, figure pubbliche, giuristi, scienziati e medici israeliani si concentra principalmente sui modi per aumentare in Israele il numero degli israeliani in rapporto ai palestinesi.
Il ministro Effi Eitam ha recentemente proposto un meccanismo alternativo: Se non diamo agli arabi il diritto di voto, il problema demografico si risolverà da solo.16
Ma, finora, il meccanismo favorito in ogni momento è sempre stato la pulizia etnica. Il famoso storico Benny Morris ha sostenuto recentemente che lespulsione totale dalla Palestina dei suoi abitanti indigeni arabi nel 1948 avrebbe portato alla pace nel Medio Oriente.17 In risposta il defunto professor Baruch Kimmerling, dellUniversità Ebraica, ha scritto: Provo a sviluppare la logica di Benny Morris Se il programma nazista per la soluzione finale del problema ebraico fosse stato portato a termine, oggi ci sarebbe sicuramente la pace in Palestina.18
Allora, ci si potrebbe chiedere perché Israele non agisce e non espelle massicciamente i palestinesi ora? Lo storico israeliano Ilan Pappe ha una risposta convincente:
I limiti al comportamento di Israele non sono morali o etici ma tecnici. Quanto si può fare senza trasformare Israele in uno Stato paria? Senza provocare le sanzioni europee o rendere la vita troppo difficile agli americani?19
Un’altra possibilità è che Israele attualmente di
fatto riesce ad ottenere due risultati: sta mettendo in atto sul terreno – un elaborato insieme di misure che stanno rendendo sempre più impossibile la vita dei palestinesi, creando in tal modo un ambiente che porta ad una graduale pulizia etnica, allo stesso tempo evitando qualsiasi scena drammatica — tipo il Kosovo — che metterebbe in allarme il mondo, provocando condanne e possibili sanzioni.
Può uno stato che insiste sulla purezza etnica qualificarsi ancora come democrazia, senza privare questo concetto della sua essenza? Persino leali amici di Israele hanno cominciato a perdere fiducia nella sua capacità di conciliare ciò che è fondamentalmente inconciliabile: la moderna democrazia liberale e lanacronistico etnocentrismo. Il prof. Tony Judt della New York University, definisce Israele un anacronismo disfunzionale.20
Soltanto ponendo fine al sistema israeliano di ingiustizia a tre livelli contro il popolo di Palestina può esserci una speranza per una pace durevole fondata su giustizia, eguaglianza e diritti universali. La soluzione di uno stato laico e democratico offre una possibilità reale per la de-sionizzazione o una decolonizzazione etica della Palestina, senza trasformare i palestinesi in oppressori dei loro precedenti oppressori e può porre fine al circolo vizioso scatenato dallOlocausto.
Questa nuova Palestina de-sionizzazzata dovrebbe:
1) Permettere e facilitare il ritorno di tutti i profughi palestinesi e il loro risarcimento. Un tale processo deve però essere sempre accompagnato dallimperativo morale di evitare di infliggere sofferenze ingiuste o non necessarie alla comunità ebraica in Palestina;
2) Garantire pieni, uguali e non equivoci diritti di cittadinanza a tutti i cittadini, palestinesi-arabi, inclusi i profughi, e ebrei-israeliani;
3) Riconoscere, legittimare ed anche nutrire le particolarità e le tradizioni, culturali, religiose ed etniche di ciascuna comunità.
Gli israeliani dovrebbero percepire la sfida morale dei palestinesi alla loro esistenza coloniale non come una minaccia esistenziale verso di loro, ma piuttosto come un magnanimo invito a smantellare il carattere coloniale dello Stato. Questo permetterebbe agli ebrei in Palestina di trasformarsi da colonizzatori in esseri umani e in cittadini eguali di uno stato laico democratico – una terra veramente promettente, piuttosto che una falsa Terra Promessa.
Note
1. For more details on Baraks myth of the generous offer, refer to: David Clark, The Brilliant Offer Israel Never Made, The Guardian, April 10, 2002, or: Faisal Husseini, The Compromise that Wasn’t: Why Camp David II Failed to Satisfy Minimal Palestinian Conditions, www.AMIN.org, December 12, 2000, or: Tanya Reinhart, The Camp David Fraud, Yedioth Ahronoth, July 13, 2000.
2. Barbara Demick, Philadelphia Inquirer, January 16, 2001.
3. Several archaeological studies have shown that most of the stories in the Bible used by Zionists to buttress their claim to Palestine were indeed not supported by the regions history, which is based on direct evidence from archaeology and historical geography and is supported by analogies that are primarily drawn from anthropology, sociology and linguistics, as archaeologist Thomas L. Thompson has written (http://www.bibleinterp.com/articles/copenhagen.htm). His findings are supported by the extensive, painstaking and authoritative research of distinguished Israeli archaeologists, including Zeev Herzog (http://www.prometheus.demon.co.uk/04/04herzog.htm) and Israel Finkelstein (see Aviva Lori, Grounds for Disbelief, Haaretz, May 10, 2003).
4 Joseph Weitz, A Solution to the Refugee Problem, Davar, September 29, 1967; cited in: Uri Davis and Norton Mevinsky, eds., Documents from Israel, 1967-1973, p.21.
5. Celebrated Israeli writers A.B. Yehoshua and Amos Oz wrote: We shall never be able to agree to the return of the refugees to within the borders of Israel, for the meaning of such a return would be the elimination of the State of Israel.
A.B. Yeshoshua & Amos Oz, Support Barak Conditionally, Haaretz, December 19, 2000.
6. Oona King, Israel Can Halt This Now, The Guardian, June 12, 2003. http://www.guardian.co.uk/comment/story/0,3604,975423,00.html
7. Gideon Levy, Birth and Death at the Checkpoint, Haaretz, September 12, 2003.
8. John Pilger, Israels Routine Terrorism, The Mirror, September 16, 2002. http://www.mirror.co.uk/news/allnews/page.cfm?objectid=12202728&method=full&siteid=50143
9. Chris Hedges, A Gaza Diary, Harpers Magazine, October 2001.
10. Shulamit Aloni, Murder of a Population under Cover of Righteousness, Haaretz, March 6, 2003. [Translated from Hebrew by Zvi Havkin].
11. Shulamit Aloni, ibid
12. David Hirst, The War Game, The Observer, September 21, 2003.
13. Israel Shahak, http://www.cactus48.com/jewishlaw.html
14 Israel Shahak, Israel’s Discriminatory Practices Are Rooted in Jewish Religious Law, From the Hebrew Press, July/August 1995. P. 18, 119. Reprinted in: Washington Report on Middle East Affairs: http://www.washington-report.org/backissues/0795/9507018.htm
15 Gideon Levy, Wombs in the Service of the State, Haaretz, September 9, 2002.
16 Yuli Tamir, Divide the Land or Divide Democracy, Haaretz, April 14, 2002.
17 Benny Morris, A new exodus for the Middle East, The Guardian, October 3, 2002. http://www.guardian.co.uk/israel/comment/0,10551,803417,00.html
18 Baruch Kimmerling, False logic, The Guardian, October 5, 2002. http://www.guardian.co.uk/letters/story/0,3604,805123,00.html
19 Geraldine Bedell, Set in Stone, The Observer, June 15, 2003.
20 Tony Judt, Israel: The Alternative, New York Review of Books, Vol. 50, #16, October 23, 2003. http://www.nybooks.com/articles/16671