Israele aveva diviso la famiglia di Fadi Alloun prima di ucciderlo

Fadi-Samir-AllounMemo. Budour Youssef Hassan. Una settimana prima di morire, Fadi Alloun aveva festeggiato il suo diciannovesimo compleanno con gli amici a Issawiyeh, un villaggio nella Gerusalemme Est occupata. Era felice perché aveva da poco preso la patente e il padre aveva promesso di regalargli un’automobile.

Fadi non aveva un lavoro stabile, ma non vedeva l’ora di trovarne uno per realizzare questo sogno.

Cinque giorni dopo, è stato assassinato dalla polizia militarizzata israeliana nel quartiere di Musrara, nei pressi della Città Vecchia di Gerusalemme.

Secondo la polizia, Fadi aveva tentato di accoltellare un adolescente israeliano, ma le immagini riprese dalle telecamere in quei tragici momenti non convalidano questa versione.

Mostrano anzi la polizia che lo uccide a sangue freddo e un gruppo di ebrei israeliani che esultano alla sua morte.

La famiglia di Fadi è concorde nel sostenere che le accuse rivolte al ragazzo siano solo un pretesto addotto da Israele per “giustificare” l’esecuzione.

“Se avesse tentato di accoltellare un colono, non l’avremmo negato,” ha dichiarato Haya Alloun, una delle otto zie di Fadi. “I giovani palestinesi hanno tutto il diritto di resistere contro coloro che occupano la nostra terra. Ma sono sicura che non l’abbia fatto e le mie certezze sono confermate dalla visione dei video.”

Fadi ha iniziato a fare i conti con il sistema di apartheid quando aveva poco meno di due anni.

Sua madre, con passaporto giordano, si era recata ad  Amman per fare visita al padre malato e aveva portato con sé il fratello minore di Fadi.

Le autorità israeliane le impedirono di rientrare a Gerusalemme, dividendo per sempre la famiglia. Per quasi 18 anni, Fadi non ha potuto vedere la madre né il fratello, e ha potuto parlare con loro solo per telefono o tramite internet.

Anche dopo la sua morte, le autorità israeliane non hanno concesso alla madre e al fratello del ragazzo neanche la possibilità di porgergli l’estremo saluto.

A causa di questa tragica misura, Fadi era stato cresciuto dal padre, che si era rifiutato di risposarsi e si era dedicato completamente a suo figlio; lo descriveva come “il mio cuore, la mia anima, tutto ciò che ho nella vita.”

“Era tutto per me, la cosa più preziosa della mia vita,” ha dichiarato a The Electronic Intifada Samir Alloun. “Ero per lui un padre, una madre, un amico. Avevamo un rapporto speciale.”

Cantante di talento

Fadi era un bravissimo fotografo e amava lo sport, soprattutto la corsa e il nuoto. Da piccolo, suo padre lo portava in una piscina di Ramallah tutti i fine settimana e ricorda quei momenti come i più felici mai trascorsi insieme.

Il ragazzo aveva una voce splendida. Intonava sempre la preghiera alla Moschea dei Martiri di Issawiyeh, recitava il Corano e cantava durante gli eventi in famiglia.

Durante le gite con gli amici,  era sempre il primo a prendere il microfono sull’autobus e a intrattenere il gruppo con canzoni e battute.

“Se mi vedeva un po’ giù, faceva di tutto per tirarmi su il morale,” ha ricordato ancora suo padre Samir.

La crudeltà della morte di Fadi si manifesta anche nel rifiuto da parte di Israele di restituire i resti alla famiglia.

All’inizio, le autorità israeliane avevano chiesto il pagamento di 20.000 shekel (5.200 dollari) per la restituzione del cadavere, fissando a 70 persone il tetto massimo di partecipanti al suo funerale.

Adesso, a essere contestato è anche il luogo della sepoltura: la famiglia di Fadi lo vorrebbe tumulare nel cimitero di  Bab al-Zahara, vicino al luogo dell’uccisione, dove sono sepolti anche la nonna e altri parenti.

Le autorità israeliane vogliono imporre la tumulazione a Issawiyeh per evitare scontri nella zona della Città Vecchia.

“Lo hanno ucciso due volte”

Per Samir Alloun, l’attesa per riottenere il corpo del figlio è straziante.

“Non avrò il minimo sollievo finché non seppellirò mio figlio con le mie mani, nel rispetto dei canoni della nostra religione,” ha dichiarato.

“Lo hanno ucciso due volte,” dice Haya, zia del ragazzo. “Prima, sparandogli a bruciapelo domenica scorsa e poi trattenendo la salma e procastinando la data dei funerali. È una continua violazione del suo corpo, non è bastato ucciderlo ingiustamente? Perché vogliono continuare a tormentare su padre?”

Nella giornata di lunedì, alla famiglia è stata comunicata la restituzione della salma e la tumulazione fissata nel quartiere di Shuafat a Gerusalemme Est. I residenti hanno allestito una tenda del lutto e atteso per ore, finché la polizia non ha comunicato un’ulteriore  proroga.

A poche ore dall’uccisione, le forze israeliane hanno fatto irruzione nella casa della famiglia del ragazzo a Issawiyeh.

“Hanno sfondato la porta e condotto atti di vandalismo,” ha dichiarato Nada, altra zia di Fadi, che era in casa durante l’attacco. “Hanno picchiato le donne e sono entrati nella stanza della vittima con i cani poliziotto.”

Il padre e lo zio sono stati anche detenuti brevemente e interrogati.

Nella sua breve vita, Fadi aveva già dovuto fare i conti con le prepotenze israeliane. Era stato arrestato due volte per presunto lancio di pietre e in entrambe le occasioni era stato rilasciato, incensurato.

Ora, gli amici e i parenti cercano di consolare suo padre.

“Era amato da tutti e questo è di grande conforto per me,” ha dichiarato Samir. “Ma io vivevo solo per lui, non so come farò ad andare avanti.”

 

Budour Youssef Hassan è un autore palestinese laureato in legge che vive nella Gerusalemme occupata. Potete seguirlo su twitter e leggere il suo blog. L’articolo è stato pubblicato su electronicintifada.net l’8 ottobre 2015.

Traduzione di Romana Rubeo