Israele fatica a mantenere una posizione coerente su Russia e Ucraina

Il presidente russo Vladimir Putin (d) stringe la mano al primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu (s) durante un incontro a Sochi, in Russia, il 12 settembre 2019 [Amos Ben Gershom/GPO/Handout/Anadolu Agency].

MEMO. Di Ramzy Baroud. Israele ha lottato un anno intero per definire una posizione chiara e decisa riguardo alla guerra in corso tra Russia e Ucraina. Il motivo di questa posizione apparentemente confusa è che Israele rischia di perdere, indipendentemente dal risultato del conflitto. Ma Israele è un paese neutrale?

Israele ospita quasi un milione di cittadini di lingua russa, un terzo dei quali è arrivato dall’Ucraina poco prima e subito dopo il crollo dell’Unione Sovietica. Gli israeliani con profonde radici culturali e linguistiche nella loro madrepatria vera e propria costituiscono un gruppo elettorale fondamentale nella politica estremista di Israele. Dopo il loro arrivo in Israele, hanno subito per molti anni emarginazione, per lo più negli anni ’90, ma successivamente sono riusciti a creare i propri partiti e, infine, ad esercitare un’influenza diretta sulla politica israeliana. Il leader ultra-nazionalista di lingua russa del partito di destra Yisrael Beiteinu, Avigdor Lieberman, è il risultato concreto del crescente peso politico di questo gruppo elettorale.

Mentre alcuni leader israeliani hanno capito fin da subito che Mosca deteneva molte agende politiche determinanti, sia in Russia che in Medio Oriente, altri erano più preoccupati dell’influenza degli ebrei russi, ucraini e moldavi in Israele. Poco dopo l’inizio della guerra, l’allora ministro degli Esteri israeliano Yair Lapid rese pubblica una posizione che colse di sorpresa molti israeliani e, naturalmente, anche la Russia. “L’attacco russo all’Ucraina è una grave violazione dell’ordine internazionale”, aveva dichiarato Lapid e “Israele condanna questo attacco”.

L’ironia nelle parole di Lapid è troppo evidente e non ha bisogno di grandi elaborazioni; basta dire che Israele ha violato moltissime risoluzioni delle Nazioni Unite – il cosiddetto “ordine internazionale” -, molte più di qualsiasi altro paese al mondo. La sua occupazione militare della Palestina viene giustamente considerata la più lunga della storia moderna. Ma Lapid non si è preoccupato dell'”ordine internazionale”. Il suo pubblico di riferimento erano gli israeliani – circa il 76% di loro era contro la Russia e a favore dell’Ucraina – e Washington, che ha imposto a tutti i suoi alleati di dichiarare una netta posizione in merito alla guerra e che le posizioni incerte erano inaccettabili.

Il sottosegretario di stato americano per gli affari politici Victoria Nuland lo scorso marzo aveva avvertito Israele che avrebbe dovuto assumere una posizione chiara sulla questione e “unirsi alle sanzioni finanziarie” contro la Russia se “voi [il governo di Tel Aviv] non volete diventare l’ultimo luogo di approdo per il denaro sporco”.

Mentre milioni di Ucraini scappavano dal loro paese, alcune migliaia sono, invece, sbarcati in Israele. Inizialmente, la notizia è stata accolta con favore dal governo israeliano, preoccupato per l’allarmante fenomeno dello Yordim, o movimento migratorio fuori da Israele. Tuttavia, poiché molti dei rifugiati ucraini non erano ebrei, ciò ha creato un problema per Israele. Il Times of Israel ha scritto il 10 marzo che “un filmato trasmesso da Channel 12 ha mostrato un gran numero di persone all’interno di uno dei terminal dell’aeroporto [Ben Gurion], con bambini piccoli che dormivano sul pavimento e su un nastro trasportatore per i bagagli, oltre ad una donna anziana che veniva curata dopo essere apparentemente svenuta”. A gennaio 2023, il ministero israeliano per l’Aliyah e l’Integrazione ha deciso di sospendere le sovvenzioni speciali per i rifugiati ucraini.

Nel frattempo, la posizione politica di Israele è apparsa contrastante. Mentre Lapid è rimasto fedele alla sua posizione contro la Russia, l’ex primo ministro Naftali Bennett ha mantenuto un tono più conciliante, recandosi a Mosca il 5 marzo per consultazioni con il presidente russo Vladimir Putin, presumibilmente su richiesta del presidente ucraino Volodymyr Zelenskyy. In seguito, Bennet ha affermato che Zelenskyy gli aveva chiesto di ottenere da Putin la promessa di non assassinarlo. Sebbene questa affermazione, resa nota diversi mesi dopo l’incontro, sia stata respinta con veemenza da Kiev, essa illustra l’incoerenza della politica estera di Israele durante tutto il conflitto.

Nella fase iniziale della guerra, Israele voleva fare da paese mediatore, offrendosi più volte di ospitare a Gerusalemme i colloqui tra Russia e Ucraina. Con questa mossa voleva contribuire alla diffusione di alcuni messaggi: dimostrare la capacità di Israele di essere un attore determinante nelle questioni globali; assicurare a Mosca che Tel Aviv rimaneva un paese neutrale; spiegare a Washington il motivo per cui, come importante alleato degli Stati Uniti, era rimasto passivo con la sua mancanza di un diretto sostegno a Kiev; e inoltre ribadire un punto politico, contro i Palestinesi e la comunità internazionale, e cioè che Gerusalemme occupata è il centro della vita politica di Israele.

Ma l’azzardata mossa israeliana è fallita. È invece stata la Turchia, e non Israele, ad essere scelta da entrambe le parti per sostenere questo ruolo.

Nell’aprile del 2022, sui social media hanno cominciato ad emergere video di israeliani che combattevano a fianco delle forze ucraine. Anche se non è seguita alcuna conferma ufficiale da parte di Tel Aviv, ciò ha dimostrato che era in atto un cambiamento nella posizione israeliana. Questo si è evoluto nel corso dei mesi fino a sfociare in un cambiamento importante quando, a novembre, Israele ha riferito di aver concesso ai membri della NATO il permesso di fornire all’Ucraina armi contenenti tecnologia israeliana.

Inoltre, Haaretz ha riferito che Israele ha accettato di acquistare milioni di dollari di “materiali strategici” per le operazioni militari ucraine. In altre parole, Israele aveva messo fine a qualsiasi parvenza di neutralità nella guerra.

Restando sempre vigile sulla incerta posizione mantenuta da Israele, Mosca ha continuato ad inviare messaggi a Tel Aviv. A luglio, alcuni funzionari russi hanno dichiarato che Mosca aveva intenzione di chiudere la filiale russa dell’Agenzia Ebraica per Israele, il principale organismo responsabile di facilitare l’immigrazione ebraica in Israele e nella Palestina occupata.

Il ritorno di Benjamin Netanyahu come primo ministro a dicembre doveva rappresentare un ritorno alla neutralità. Tuttavia, durante le interviste rilasciate alla CNN e al canale francese LCI, rispettivamente l’1 e il 5 febbraio, il leader della destra israeliana si è impegnato a “studiare la questione [della fornitura all’Ucraina del sistema di difesa missilistico Iron Dome] in base al nostro interesse nazionale”. Ancora una volta, Mosca ha avvertito che la Russia “considererà [le armi israeliane in Ucraina] come obiettivi legittimi per le forze armate russe”.

Con l’intensificarsi della cooperazione militare tra Russia e Iran, Israele si è sentito ancor più giustificato a partecipare attivamente. A dicembre, Voice of America ha riferito a proposito della crescita esponenziale delle vendite di armi da parte di Israele, in parte dovuta ad un accordo concluso con la Lockheed Martin Cooperation, uno dei principali fornitori di armi statunitensi all’Ucraina. Il mese successivo, Le Monde ha riferito che “Israele sta aprendo cautamente il suo arsenale in risposta alle pressanti richieste di Kiev”.

Il futuro rivelerà ancora di più qual è il ruolo di Israele nella guerra tra Russia e Ucraina. Tuttavia, ciò che è abbastanza chiaro fino ad ora è che Israele non è più un paese neutrale, anche se il governo di Tel Aviv continua a ripetere queste dichiarazioni.

Traduzione per InfoPal di Aisha T. Bravi