Israele ha bisogno di conflitti per sopravvivere

PressTv. Un analista politico ritiene che Israele abbia bisogno di intraprendere campagne militari per il mondo, specialmente in Medio Oriente, per garantirsi la sua sopravvivenza come maggiore beneficiario dell’aiuto militare ed economico statunitense, riferisce Press TV.

“Israele necessita di una guerra costante per giustificare la propria esistenza di maggior destinatario dell’aiuto militare ed economico, e per mostrare che è realmente un partner ed alleato per gli Stati Uniti nel Medio Oriente”. Israele teme la pace, afferma Brian Becker in un’intervista di sabato scorso per Press TV.
L’analista ha proseguito dicendo che Washington, “si era accorto della necessità di un braccio armato, a cui delegare il controllo della regione, ed è ciò che stanno facendo gli israeliani”, invadendo l’Egitto e la Siria, occupando la Cisgiordania e la Striscia di Gaza, a dispetto delle Risoluzioni ONU.
Inoltre, Becker ha affermato che gli Stati Uniti hanno utilizzato “Arabia Saudita, Turchia e Qatar” come “forze delegate” nella regione per “rifornire ed armare” gruppi appoggiati dall’estero, che militano in Siria per rovesciare il governo del Presidente Bashar Al-Assad.

Becker evidenzia anche che la Casa Bianca non sta cercando la pace nella regione: “Gli Stati Uniti non lasceranno che il Medio Oriente diventi un’entità autodeterminata a causa della sua ricchezza in termini di risorse”.

Riferendosi ad Israele, unico possessore di armi nucleari nel Medio Oriente con una stima di 200-400 testate nucleari, l’analista afferma: “Gli stati Uniti non vogliono il disarmo di Israele in quanto lo vedono come pilastro e alleato essenziale in questa ricca e turbolenta zona del mondo”.

Il governo israeliano, rigettando qualsiasi tipo di accordo nucleare internazionale (in particolare il Trattato di Non proliferazione nucleare), mantiene deliberatamente una politica ambigua in merito alle sue attività nucleari e si rifiuta di permettere ispezioni internazionali nei propri complessi nucleari.

Traduzione di Federico Seibusi