Israele intende demolire una casa palestinese mesi dopo un presunto attacco

350443CRamallah-Maan. Lunedì, le forze israeliane hanno emesso un’ordinanza definitiva di demolizione di una casa di una famiglia di un palestinese ucciso più di due mesi fa nel corso di un presunto attacco a Gerusalemme, secondo quanto riportato dalla famiglia.

Shafiq al-Halabi, padre di Mohannad al-Halabi, ha dichiarato che le forze israeliane hanno emesso quest’ordine dopo che il tribunale israeliano ha respinto il ricorso da parte della famiglia contro il primo ordine di demolizione, emesso in data 15 ottobre.

In base all’ordine definitivo, l’abitazione, che si trova nel villaggio Sirda di Ramallah, dovrà essere demolita entro 10 giorni.

Shafiq ha aggiunto che la famiglia ha evacuato la casa due giorni dopo l’uccisione del figlio, e che da allora vivono in una casa affittata.

Si presume che Il 3 ottobre Mohannad abbia accoltellato e ucciso due coloni israeliani nei pressi della città vecchia di Gerusalemme e feriti altri due, tra cui un bambino di due anni, prima che le forze israeliane lo colpissero a morte.

Mohannad è stato il primo palestinese a essere ucciso in seguito ai presunti attacchi compiuti dall’inizio di ottobre. Da allora, almeno 140 palestinesi sono stati colpiti nel corso di proteste e di presunti tentativi di attacchi.

In ottobre, il primo ministro israeliano Benjamin Netanyahu ha accelerato le pratiche di demolizioni di abitazioni punitive al fine di “scoraggiare” attacchi sferrati da palestinesi che hanno causato la morte di 20 israeliani dal primo ottobre.

Da allora sono state messe in atto diverse demolizioni, nonostante le raccomandazioni fatte in passato da un comitato militare israeliano, secondo cui tale pratica non solo è inefficace nell’impedire gli attacchi ma aumenta l’ostilità verso Israele.

Il gruppo israeliano per i diritti umani, B’Tselem, ha condannato la pratica quale “una vendetta sancita dal tribunale” applicata a membri di famiglie che non hanno commesso crimini, pratiche che equivalgono a punizioni collettive illegali secondo il diritto internazionale.

Traduzione di Patrizia Stellato