Israele libera leader non-violento

Ramallah – Ma'an. Le autorità israeliane hanno rilasciato ieri l'attivista anti-Muro Adib Abu Rahma dopo averlo detenuto per diciotto mesi.

Adib era accusato d'“incitamento” per aver aiutato ad organizzare le manifestazioni settimanali non-violente contro il Muro di separazione a Bil'in, che annette il 60% delle terre del villaggio. La Corte internazionale di giustizia e la Corte suprema israeliana hanno già dichiarato illegale il percorso del Muro.

Ciononostante, un tribunale militare israeliano condannò Adib a dodici mesi di carcere, che un giudice ha poi esteso a diciotto dopo il ricorso dell'accusa.

Alla domanda se i raduni non-violenti possano davvero cambiare qualcosa sul campo, l'attivista ha replicato che si avranno dei risultati positivi entro breve tempo: “Fra tre mesi, il cambiamento si sentirà. Gli israeliani hanno portato a termine un muro di cemento che circonda la colonia vicina, e si prevede che tutto nel villaggio torni presto com'era prima”.

Esitante nel confermare se continuerà a prendere parte alle manifestazioni, ma fiero della gente di Bil'in, Adib ha quindi affermato: “Se Adib Abu Rahma non si unirà ai cortei, migliaia di altre persone potranno continuare. Finora sono stati arrestati più di 150 attivisti a Bil'in, ma questo non ha impedito le nostre attività”.

Fra i dimostranti ancora in carcere vi è Abdallah Abu Rahma, presidente del Comitato popolare contro il Muro a Bil'in, arrestato il 10 dicembre 2009.

Anche nel caso di Abdallah, il cui rilascio era previsto per lo scorso 18 novembre, un ricorso dell'ultimo minuto da parte dell'accusa ha chiesto l'estensione della condanna. Spetta ora al giudice annunciare la propria decisione.

L'arresto di Abdallah aveva suscitato una condanna a livello internazionale, e le richieste di rilascio sono giunte da numerose personalità importanti, tra cui Desmond Tutu, l'ex presidente Usa Jimmy Carter, l'ex presidente irlandese Mary Robinson e l'alto rappresentante Ue per gli Affari esteri Catherine Ashton. Condanne sono arrivate anche da Human rights watch e da Amnesty International.

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