Israele mantiene in isolamento migliaia di palestinesi, nonostante i rischi per la loro salute

MEMO. Migliaia di detenuti, minorenni compresi, sono costretti dal Servizio carcerario israeliano (IPS) a rimanere in isolamento per anni, secondo quanto affermato dall’ONG Physicians for Human Rights.

I dati pubblicati dal servizio carcerario rivelano che 1.587 detenuti sono stati tenuti in completo isolamento nei primi dieci mesi del 2021, tra i quali 66 minorenni.

Entro la fine di agosto dello stesso anno, altri 1.134 detenuti, tra i quali 53 minorenni, erano tenuti in “clausura individuale” o “reclusione di due persone”.

L’isolamento è considerato una forma di tortura psicologica, vietata ai sensi dell’articolo 1 della Convenzione del 1984 “contro la tortura e altre pene o trattamenti crudeli, disumani o degradanti”. È anche un comportamento disumano e degradante vietato dall’articolo 7 del Patto internazionale sui diritti civili e politici.

Le autorità affermano che i prigionieri palestinesi sono tenuti in isolamento come misura disciplinare, per motivi di stato o per la sicurezza della prigione o del prigioniero. Alcuni sono costretti a scontare gran parte della loro pena in tale situazione.

I dati forniti dal servizio carcerario indicano anche per quanto tempo i detenuti sono stati tenuti in “clausura”.

Dei 1.134 prigionieri, 63 sono stati trattenuti in isolamento per più di due mesi, secondo quanto riferito da Haaretz. 17 sono stati trattenuti per un periodo di più di sei mesi, 19 per un periodo compreso tra uno e tre anni e 18 prigionieri sono rimasti in isolamento per oltre tre anni.

Le autorità israeliane hanno creato unità di isolamento speciali in molte delle loro prigioni, in particolare quelle di Nafha, aperta nel 1980, di Nitzan-Ramle, aperta nel 1989 e di Beersheba, aperta nel 1992.

Anat Litvin, che sovrintende il Dipartimento per le persone incarcerate all’interno di Physicians for Human Rights, ha dichiarato: “Il servizio carcerario sta trattenendo centinaia di detenuti in condizioni di isolamento, con piena consapevolezza dell’impatto distruttivo che può avere sulla loro salute”.

Frustrata dalla mancanza di cooperazione riguardo alla risposta del Servizio carcerario israeliano alla sua richiesta di libertà d’informazione, Litvin ha aggiunto: “Sebbene il servizio carcerario abbia affermato di aver esaminato manualmente oltre 1.100 documenti di detenuti nella sua risposta alla richiesta, non ha potuto fornire dati sul numero di prigionieri in isolamento”.

“Inoltre, non sono stati in grado di determinare chi o quanti di loro soffrano di malattie mentali e siano sottoposti a cure psichiatriche, il che li collocherebbe tra uno dei gruppi a rischio il cui isolamento è vietato dalle Nazioni Unite”.

Ciò ha portato l’ONG Physicians for Human Rights a concludere che “nel migliore dei casi, il servizio carcerario sta cercando di impedire che le informazioni richieste emergano e, nel peggiore dei casi, non sta conducendo un adeguato monitoraggio dei prigionieri detenuti in condizioni di isolamento, mettendo consapevolmente a rischio la loro salute”.

Centinaia di palestinesi sono tenuti in isolamento da Israele, al punto che tale politica fa ora parte dell’approccio sistematico approvato dal potere legislativo e attuato da quello esecutivo. Le donne palestinesi non sono escluse da questa politica disumana.