Israele, ospite d’onore alla fiera del libro di Torino 2008.

Israele ospite d’onore alla fiera del libro di Torino 2008

La militarizzazione della cultura

a cura di ISM-Italia, 6 gennaio 2008

 

1. Una interessante indiscrezione

Il 2 ottobre u.s. su La Repubblica, pag VII di Torino cronaca, una interessante indiscrezione: “SARÀ Israele, con buone probabilità, la nazione straniera al centro della prossima edizione della Fiera internazionale del Libro di Torino, in calendario nella primavera (8-12maggio) del 2008. L’indiscrezione è trapelata in queste ore durante la festa-mercato dei librai torinesi di «Portici di Carta».” La partecipazione dello Stato ebraico alla kermesse libraria dovrebbe concretizzarsi nei prossimi giorni in un incontro fissato a Roma, il 15 ottobre, fra i vertici di Librolandia, guidati dal presidente Rolando Picchioni, e quelli diplomatici di Tel Aviv.”

 

Abbiamo inviato alle numerose personalità coinvolte nel patrocinio e nella organizzazione della Fiera: al Presidente  e ai Co-Presidenti dell’Alto Comitato di Coordinamento della Fiera Internazionale del Libro, Sergio Chiamparino, Sindaco della Città di Torino, Mercedes Bresso, Presidente della Giunta Regionale del Piemonte, Antonio Saitta, Presidente della Provincia di Torino, agli altri soci  fondatori, Renato Cigliuti, Carla Gatti, Roberto Moisio, ai membri del Consiglio di amministrazione, Rolando Picchioni(1) , Presidente, Fiorenzo Alfieri, Walter Barberis, Francesca Cilluffo, Valter Giuliano, Enrico Grosso, Federico Motta, ai membri del Consiglio di indirizzo, Piero Bianucci, Pier Giovanni Castagnoli, Alberto Conte, Giovanni De Luna, Lorenzo Mondo, Alberto Nicolello, Marco Polillo, Giuliano Soria , al Direttore editoriale, Ernesto Ferrero una lettera avente per oggetto:

“Israele al centro dell’edizione 2008? Una intenzione-decisione discutibile”

invitando le persone citate “ad una ulteriore riflessione sulla opportunità di una tale iniziativa nell’anno in cui a livello mondiale sarà commemorata la Nakba, la pulizia etnica dei palestinesi iniziata prima della risoluzione 181, detta della partizione, approvata dall’ Assemblea Generale dell’ONU  il 29 novembre 1947, che portò il 15 maggio del 1948 alla costituzione dello stato di Israele, pulizia etnica che prosegue anche ai nostri giorni.”

Abbiamo chiesto un incontro al Presidente Rolando Picchioni che però dopo due rinvii ci ha fatto ricevere dal responsabile delle comunicazioni Nicola Gallino, non  molto in vena di comunicare.

 

2. Un interessante curriculum

Abbiamo consultato wikipedia e il curriculum del Picchioni è di tal rilevanza storica che essersi negato è certamente giustificato ancorché poco educato.

“Rolando Picchioni (Como, 21 maggio 1936) è un politico italiano, attualmente presidente della Fondazione per il libro, la musica e la cultura, che gestisce la parte culturale della Fiera internazionale del libro di Torino e altre iniziative.

Laureato in Lingue e letterature straniere all’Università di Torino, dal 1970 al 1975 è stato assessore alla Provincia di Torino e dal 1972 al 1975 anche presidente del Teatro Stabile di Torino. Deputato nelle file della Democrazia Cristiana dal 1972 al 1983, è stato sottosegretario ai beni culturali dal 1979 al 1981, nei governi Cossiga I e II e nel governo Forlani. Nel 1990 è stato eletto nel Consiglio regionale del Piemonte, dove ha ricoperto l’incarico di capogruppo della DC. Coinvolto nel cosiddetto scandalo petroli, ma assolto.

È stato membro della loggia massonica P2 con la tessera numero 2095.

Nel 1995 è stato rieletto nelle file del CDU, ed è successivamente divenuto Presidente del Consiglio regionale del Piemonte (1995-98). In seguito è entrato nel Partito Popolare Italiano, poi nell’Udeur e quindi nella Margherita.  È tra gli organizzatori della Fiera Internazionale del Libro di Torino, prima in veste di segretario generale della Fondazione per il libro, la musica e la cultura (dal 1999), e poi di presidente (dal 2005).

È componente e Direttore Esecutivo dell’Associazione The World Political Forum.”

 

3. Una aggiunta interessante all’interessante curriculum

Così termina su wikipedia il curriculum del nostro:

“Per il 2008 ha deciso che la Fiera del Libro, prestigioso evento culturale, dovrebbe essere dedicata allo stato razzista di israele, certamente questa sciagurata scelta provocherà la giusta reazione di ogni sincero democratico.”

Un tempestivo e interessante aggiornamento di una prestigiosa biografia!

 

4. Un silenzio interessante

Il 1° novembre abbiamo chiesto un incontro anche al prof. Giovanni De Luna (ex leader di lotta continua) membro del consiglio di indirizzo. Silenzio (della serie “i chierici alla guerra”).

 

5. Una conferenza stampa interessante

Il 18 dicembre si è tenuta la prima conferenza stampa. Non eravamo presenti né certo eravamo stati invitati. Ma all’indirizzo www.fieralibro.it tutte le informazioni relative.

Secondo una nota apparsa su “La stampa”:  “Per l’assessore provinciale alla cultura Valter Giuliano, sarà l’occasione per «stimolare un dialogo sulla pace» (dialogo con chi, mancando i naturali e storici interlocutori?), ma anche, «per presentare il vero [sic!!!] Israele – ha detto il ministro plenipotenziario (israeliano) in Italia Elezar Cohen -, quello che va oltre il tema del conflitto così spesso al centro dell’interesse dei mass media»”.

Una interessante  conferma della natura di pura propaganda dell’iniziativa.

 

Il tema della edizione 2008 della fiera sarà: Ci salverà la bellezza? [sic!!!, sempre sic!!!]

Da chi? Dagli organizzatori della fiera? Da Israele? Da Bush? Da Romano Prodi e company? Da Veltroni e Franceschini? Da Bassolino e dalla Jervolino e dai loro “rifiuti” di dimettersi? Dai chierici per loro natura pronti ad ogni tradire?

Vi risparmiamo ogni commento sullo sciocchezzaio (repertorio di sciocchezze) con cui viene puntualizzato l’ozioso interrogativo.

Il degrado morale, culturale e politico del paese è noto.

 

Segue la spiegazione dei motivi della presenza come ospite d’onore dello stato di Israele:

“La letteratura israeliana gode da anni di una attenzione crescente, che si è cristallizzata attorno ai nomi di tre dei suoi maggiori rappresentanti, David Grossman, Amos Oz e Abraham Yehoshua (l’onnipresente, invasivo e invadente trio letterario che, secondo Tom Segev, Haaretz 11 agosto 2006, scrive i suoi comunicati “pacifisti”come se lavorasse nell’ufficio legale del ministero degli esteri israeliano)(1), o a scrittori che appartengono alla generazione successiva, come Etgar Keret.

I temi trattati nelle loro opere hanno assunto una valenza universale, che non riguarda soltanto Israele, ma si pongono come altrettante metafore dei dilemmi e delle contraddizioni che agitano il mondo contemporaneo. Ma il quadro culturale del Paese è ovviamente molto più ricco e articolato, a partire dal decano Aron Appelfeld, cresciuto culturalmente nella Mitteleuropa, che sarà anche lui a Torino.

La Fiera 2008 sarà l’occasione per conoscere questo Paese, anche attraverso storici e saggisti come Benny Morris, che si interrogherà proprio sugli eventi di sessant’anni fa, e i suoi artisti, musicisti e scienziati: in Israele è molto avanzata la progettualità urbanistica delle new towns (compreso il muro dell’apartheid?) e la ricerca sulle fonti alternative d’energia (forse le oltre 200 testate nucleari?).

La presenza di voci critiche (avranno invitato anche Ilan Pappe o Amira Hass o Gideon Levy o Edgar Morin o Yitzhak Laor o Nurit Peled o Aharon Shabtai o Jeff Halper o Uri Avnery o Avi Shlaim, oppure è un auspicio che siano presenti i sinceri democratici?) offrirà dunque l’occasione di discutere e mettere a fuoco anche un modello di una convivenza possibile (“mettere a fuoco”, un lapsus freudiano? Lor signori erano forse presenti alla farsa della conferenza di Annapolis e pensano di fare di meglio del gwbush?), con il contributo delle voci più disparate.“(di-sparate, direbbe Freud!)

Alla cultura torinese dopo l’eventocrazia e il mostrismo mancava l’allineamento al militarismo.

 

6. Alcuni interessanti e “disparati” punti di vista

 

Vi ricordate la guerra al Libano del 2006, per non dimenticare, ad esempio, la strage di Sabra e Chatila del 1982 e tutto il resto? Vi ricordate che la striscia di Gaza è un campo di concentramento dove con la attiva complicità dell’Italia, dell’Europa e degli USA si sta commettendo un genocidio? (“The Israeli recipe for 2008: Genocide in Gaza, Ethnic Cleansing in the West Bank” di Ilan Pappé, The Independent, June 23, 2007)

Israele non ha mai rispettato le risoluzione dell’ONU, ha violato e continua a violare le convenzioni di Ginevra, ha proseguito la costruzione del Muro dell’Apartheid, giudicato illegale dalla Corte internazionale di Giustizia (9 luglio 2004), ha commesso e continua a commettere crimini contro la popolazione civile documentate da numerose organizzazioni di difesa dei diritti umani israeliani.

 

Nurit Peled-Elhanan(2) il 28 dicembre 2007 in un incontro con le Donne in nero di Israele ha detto tra l’altro, in un intervento dal titolo “Nello Stato di Israele, la Madre Ebrea sta per scomparire”:  “Ringrazio le Donne in Nero per avermi invitato a parlare qui oggi.  Adesso, vorrei dedicare le mie parole ai bambini della Striscia di Gaza, che stanno lentamente sfiorendo a causa della fame e delle malattie, e alle loro madri, che continuano a mettere al mondo bambini, nutrirli ed  istruirli meravigliosamente. Il tasso di alfabetizzazione nella  striscia di Gaza oggi è al 92% – tra i più elevati al mondo, e tutto ciò nel più terribile campo di concentramento della terra, in cui quelli  che vi risiedono vengono strangolati mentre il mondo civilizzato guarda  in silenzio. …..

 

Pochi sono in Israele i genitori che ammettono a se stessi che quelli che uccidono i bambini, distruggono le case, sradicano gli ulivi e  avvelenano le sorgenti non sono altro che i loro bellissimi figli e  figlie, i figli che sono stati educati qui nell’arco degli anni alla  scuola dell’odio e del razzismo. I figli che hanno imparato in 18 anni a  temere e disprezzare lo straniero, ad avere paura dei vicini, dei  gentili, figli che sono stati allevati nella paura dell’Islam – una paura che li prepara ad essere soldati brutali e discepoli  dell’assassinio di massa. E non solo questi ragazzi e ragazze uccidono e  torturano: lo fanno con il pieno sostegno della Mamma, con la piena  approvazione di Papà, incoraggiati da una intera nazione che non alza neppure un sopracciglio davanti alla morte di bimbi, vecchi e invalidi.  Una nazione che glorifica piloti che non sentono altro che uno scossone  sull’ala* quando fanno cadere bombe su intere famiglie sterminandole.

Nell’inferno in cui viviamo, nel quotidiano inferno sotto il quale si  agita e cresce il regno sotterraneo dei bambini morti, il ruolo delle Donne in Nero, delle madri e delle nonne che stanno in questa piazza ed in piazze simili in tutto il mondo è quello di essere custodi di una sana, naturale maternità per assicurarsi che quella voce non si spenga e non sparisca dalla faccia della terra. Di rammentare ad un mondo che ha perso la sua immagine umana che siamo stati tutti fatti a Sua Immagine; di dire costantemente e infaticabilmente che ancora, a dispetto del Muro dell’apartheid, a dispetto del crudele assedio di Gaza, a dispetto  delle guerre senza causa, e di fronte alla furia di quelli che comandano in questo paese, i quali tutti fino all’ultimo sono criminali contro l’umanità, la voce delle donne e delle madri – la voce della co
mpassione, della giustizia e della speranza – non verrà ridotta al  silenzio.”

*si fa riferimento al pilota dell’aviazione militare ed ex capo di stato maggiore IDF Dan Halutz, il quale alla domanda di un giornalista – poco dopo che aveva lanciato una bomba da una tonnellata su un edificio di appartamenti nella Striscia di Gaza,  uccidendo parecchi civili – su che cosa provasse quando lanciava una bomba, rispose “Ho sentito un leggero colpo all’ala quando la bomba è partita”. (n.d.t.)

 

Israele è responsabile della pulizia etnica dei palestinesi.

Lo ha detto lo storico israeliano Benny Morris, “What the new material shows is that there were far more Israeli acts of massacre than I had previously thought”, Survival of the Fittest? An Interview with Benny Morris By Ari Shavit, Haaretz, 8 gennaio 2004(3) .

Lo si può leggere in ogni dettaglio nel saggio “The Ethnic Cleansing of Palestine”, (La pulizia etnica della Palestina), Oneworld 2006, dello storico israeliano Ilan Pappè.

 

Israele è uno stato razzista.

Lo si può leggere in un editoriale di Haaretz, “A racist Jewish state” (Uno stato ebraico razzista), 20/07/2007 e nell’articolo del giornalista israeliano Gideon Levy, “One racist nation” (Una nazione razzista), Haaretz 26/03/2006 (Ha’aretz  è un quotidiano israeliano).

 

Israele è uno stato fascista.

Lo si può leggere in “Politicidio – Sharon e i Palestinesi”, Fazi 2003, del sociologo israeliano Baruch Kimmerling.

 

Israele è uno stato di Apartheid.

Lo hanno sostenuto Danny Rubinstein, israeliano, editorialista di Haaretz, parlando alla  ‘International Conference of Civil Society in Support of Israeli-Palestinian Peace‘ organizzata dall’ONU a Brussels il 30-31 agosto 2007: “Today Israel is an apartheid state with different status for four different Palestinian groups: those in Gaza, East Jerusalem, the West Bank and Israeli Palestinians”,  e un recente editoriale di Haaretz, “Where is the occupation” del 3 ottobre 2007, “The de facto separation is today more similar to political apartheid than an occupation regime because of its constancy” (Ha’aretz  è un quotidiano israeliano).

 

Lo storico israeliano Ilan Pappé ha concluso una sua conferenza a Tokio nel marzo 2007 con questa domanda: “Perché il mondo permette ad Israele di fare quello che fa?”

Noi aggiungiamo: Perché l’Italia e l’Europa sono complici a tutti i livelli di uno stato coloniale, razzista e fascista, responsabile di atrocità di così lungo periodo nei riguardi del popolo palestinese e libanese?

Israele è ormai il 4° venditore di armi al mondo, possiede oltre 200 testate nucleari e 3 sottomarini nucleari, presto ne avrà altri due.

Naomi Klein in “Shock economy” scrive:

“Ciò che rende Israele interessante come modello «pistola e caviale» non è solo il fatto che la sua economia sia stabile anche di fronte a grossi shock politici come la guerra con il Libano del 2006 o la presa di controllo della Striscia di Gaza da parte di Hamas, ma anche il modo in cui Israele ha creato un’economia che si espande precisamente in risposta diretta all’escalation della violenza. Le ragioni per cui l’industria israeliana è a suo agio tra i disastri non sono misteriose. Anni prima che le aziende americane ed europee comprendessero l’enorme potenziale del boom della sicurezza globale, le società tecnologiche israeliane lavoravano alla creazione di un’industria della sicurezza nazionale, e ancora oggi continuano a dominare il settore. L’Israeli Export Institute stima che 350 società israeliane si occupano della vendita di prodotti per la sicurezza interna e altre 30 entreranno nel mercato nel 2007 . Dal punto di vista delle aziende, questo sviluppo ha fatto di Israele un modello da emulare ne! mercato post-11 settembre. Dal punto di vista sociale e politico, invece, Israele dovrebbe rappresentare qualcos’altro: un severo monito. Il fatto che Israele continui a godere di una prosperità sempre maggiore, anche mentre muove guerra ai Paesi vicini e compie violenze nei territori occupati, dimostra quanto è pericoloso costruire un’economia sulla premessa della guerra permanente e di disastri sempre più drammatici. L’attuale abilità di Israele di unire pistole e caviale è il culmine di un mutamento sostanziale nella natura della sua economia, nel corso degli ultimi quindici anni: un mutamento che ha avuto un impatto profondo ma poco studiato sulla parallela disintegrazione delle prospettive di pace.”.

Le esportazioni israeliane di prodotti e servizi antiterrorismo sono aumentate del 15% nel 2006 e la crescita prevista nel 2007 è del 20% (Klein, ibidem).

 

7. La militarizzazione della cultura

La decisione dei responsabili della Fiera del libro di invitare lo stato di Israele come ospite d’onore non ha nulla a che vedere con la cultura.

Non è solo una palese violazione del principio della autonomia della cultura.

Non è solo un atto di servilismo politico per permettere a Israele la propaganda più strumentale.

Segna un passo emblematico in direzione della militarizzazione della cultura.

Passerà del tempo, ma alla fine il mondo guarderà con occhi assai critici ai crimini, alle complicità, agli opportunismi, ai silenzi e alle viltà che hanno accompagnato il conflitto israelo-palestinese e altri conflitti, in questo passaggio d’epoca.

 

8. Una conclusione

Torino è stata la città di Antonio Gramsci, Piero Gobetti, Leone Ginzburg, Norberto Bobbio, Primo Levi.

Una città civile.

Una città che sa
rà capace di reagire in modo fermo e democratico.

 

(1)   A proposito del trio letterario, così invasivo in Italia, Aharon Shabtai, un poeta dissidente israeliano ha scritto in una recente intervista: “L’establishment li adotta, li coopta, è il suo metodo. Su un piano generale loro si oppongono a voce alta all’Occupazione, e questa posizione dà loro credibilità quando sostengono il regime su importanti argomenti specifici. Ad esempio hanno sostenuto gli Accordi di Oslo, l’imbroglio di Camp David del luglio 2000, le misure prese contro l’Intifada e la seconda guerra del Libano. Gli scrittori della sinistra soft non danno un contenuto politico alla letteratura, anzi al contrario, invece di spingere a decidere o ad agire sublimano in cultura ciò che è  politico.

 Nelle loro mani l’Occupazione diventa la psicomachia dell’anima bella, tormentata, di Israele.

 Sono riusciti a farne un clichè del discorso culturale israeliano.”

 

(2) Nurit Peled-Elhanan

Nata nel 1949, israeliana, docente universitaria, possiede un MA in Letteratura comparata. È

figlia del famoso generale Matti Peled, conosciuto per le sue battaglie pacifiste e progressiste.

La figlia di Nurit Peled-Elhanan, Smadar, 13 anni, è stata vittima di un attentato suicida.

“Quando mia figlia è morta, ho impedito alla disperazione di accecarmi e ho pronunciato un discorso che ha suscitato scalpore, centrato sulla responsabilità di una politica miope che non vuole riconoscere i diritti dell’altro e fomenta l’odio e gli scontri”.

 

(3) Benny Morris è uno storico revisionista di regime. “Quello che i nuovi documenti dimostrano è che vi sono stati molti più massacri da parte israeliana di quanto precedentemente avessi pensato ”.

Nella stessa intervista Benny Morris accusa Ben-Gurion di non aver espulso tutti i palestinesi nel 1948 e i palestinesi di essere tutti dei serial-killer.  

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