Tel Aviv – MEMO. L’esercito israeliano ha affermato che sta pianificando di ridurre il numero di incursioni notturne altamente controverse nelle case palestinesi che per decenni sono state causa di paura, traumi e, occasionalmente, morte per i palestinesi che vivono sotto la brutale occupazione militare israeliana.
Queste incursioni comportano che i soldati debbano svegliare le famiglie nel cuore della notte per documentare le dimensioni delle case ed il numero dei residenti. I soldati chiamano quest’azione come “mappatura d’intelligence”.
Citando i dati del gruppo israeliano per i diritti umani B’Tselem, Haaretz ha riferito che, nel 2020, le forze di sicurezza israeliane hanno effettuato almeno 3 mila raid notturni in città e villaggi palestinesi e sono entrati in almeno 2.480 case. Ed è stato un anno relativamente tranquillo.
Israele sostiene che i raid siano essenziali per scopi d’intelligence, ma i gruppi per i diritti umani hanno criticato la pratica, insistendo sul fatto che l’obiettivo è opprimere ed intimidire la popolazione palestinese ed aumentare il controllo statale. Come i posti di blocco e la barriera di separazione, i raid fanno parte del DNA dell’occupazione, affermano i critici.
Non è chiaro perché le autorità d’occupazione abbiano deciso di frenare la pratica. Secondo i rapporti israeliani, la decisione è stata presa in seguito a valutazioni di sicurezza e miglioramenti nelle tecniche di raccolta di informazioni. In base alla nuova politica, i raid notturni verranno comunque effettuati ma solo dopo aver ottenuto il via libera da una catena di comando di grado più elevato e in caso di particolare necessità operativa.
Il cambiamento segue un rapporto disastroso di Yesh Din, Physicians for Human Rights Israel e Breaking the Silence, intitolato “A Life Exposed”. Questo rapporto documenta la pratica di tali incursioni e conclude che “il danno causato dalle invasioni domestiche è particolarmente grave in quanto priva gli individui, le famiglie e le comunità della certezza fondamentale che la loro casa è il loro castello [un luogo sicuro]”.
Definendo la decisione “molto significativa”, il direttore esecutivo di Yesh Din, Lior Amihai, ha affermato che “le invasioni domestiche sono inerenti al regime d’Apartheid in atto in Cisgiordania e continueremo a denunciare e contestare questa ed altre pratiche, fino a quando i diritti umani non saranno tutti rispettati”.
Il direttore esecutivo di Breaking the Silence, Avner Gvaryahu, ha aggiunto che si tratta di “un risultato importante” del rapporto pubblicato. “Fondamentalmente, però, questo non porrà fine né all’occupazione né alle aggressioni contro i palestinesi”.
Traduzione per InfoPal di F.H.L.