Israele sequestra una scuola “mobile” in un villaggio palestinese, il giorno prima dell’inizio dell’anno scolastico

Betlemme-Ma’an. Secondo quanto riportato, lo scorso martedì le forze israeliane hanno fatto irruzione in una cittadina isolata nell’area di Betlemme e sequestrato delle aule scolastiche, alcuni giorni dopo che i residenti avevano ricevuto l’ordine di fermare i lavori di costruzione di scuole in autocaravan, strutture per le quali essi insistono di aver ricevuto i permessi necessari.

L’agenzia stampa di autorità palestinese, Wafa, segnala che il raid a Jubbet al-Dib è avvenuto proprio il giorno prima dell’apertura dell’anno scolastico, lasciando così circa 64 studenti dalla prima alla quarta elementare, senza una scuola.

Wafa cita l’attivista locale Hasan Breijieh che ha affermato che le forze israeliane avrebbero trainato le classi “mobili” con dei camion e portate vie con il pretesto che era state istituite senza il permesso di Israele.

Secondo quanto riferito da Wafa, gli abitanti hanno provato a fermare la confisca delle classi la cui costruzione, ha ribadito Breijieh, era state autorizzata. I soldati israeliani hanno lanciato lacrimogeni e proiettili di acciaio rivestite di gomma contro i residenti, per farli sgomberare.

Sami Marwa, direttore del dipartimento didattico del ministero dell’Educazione di Betlemme, ha riferito alla stampa che la scuola era stata allestita per diverse piccole comunità nei dintorni e che comprendeva 64 iscritti.

Inoltre gli insegnati e lo staff si stavano preparando per il primo giorno di scuola già da domenica scorsa. Brejiyeh ha riferito a Ma’an quando è stato rilasciato l’ordine di fermare i lavori, che la scuola consisteva in otto case “mobili” e le forze israeliane hanno confiscato anche altri veicoli donati da una ONG italiana.

Wafa sostiene che a seguito del raid, il ministro palestinese dell’Istruzione ha cominciato a cercare una sistemazione alternativa per permettere ai bambini di frequentare la scuola.

Giovedì scorso, un portavoce dell’amministrazione civile israeliana ha contestato che le strutture in questione non avevano ricevuto alcun permesso e che pertanto erano “illegali”.

Quando il portavoce è stato contattato nuovamente mercoledì per un  commento ufficiale a seguito della confisca e delle reiterate rivendicazioni degli abitanti riguardo la legittimità delle strutture, ha dichiarato che la scuola era “una chiara violazione degli ordini di interrompere i lavori, che non avevano ricevuto alcun permesso. Perciò la confisca è stata effettuata in accordo con le autorità di Amministrazione Civile”.

I palestinesi che vivono nell’area C, ossia più del 60% della Cisgiordania sotto il totale controllo militare di Israele, devono fare richiesta di permessi di costruzione all’amministrazione civile israeliana, per qualsiasi tipo di costruzione nella propria terra. Tuttavia, molto spesso queste richieste vengono respinte e la procedura di domanda diventa lunga e costosa.

Il mese scorso, le forze israeliane hanno confiscato i pannelli solari a Jubbet al-Dhib, che erano stati installati lo scorso anno, grazie a fondi del governo olandese, con il pretesto che la loro costruzione non era stata autorizzata.

Alcuni gruppi per i diritti umani hanno sottolineato che il sistema di permessi creato da Israele nell’area C ha contribuito a limitare le costruzioni palestinesi in aree sotto il controllo israeliano, dove la terra è ri-orientata all’espansione degli insediamenti illegali di Israele o destinata ad altri propositi in favore del governo o dei coloni.

Sono circa 150 i palestinesi che risiedono a Jubbet al-Dhib, che confina con l’insediamento illegale di Nogedim, dove ha sede il ministro della Difesa israeliano Avigdor Lieberman, e con quello di El David, oltre che con diversi avamposti militari israeliani che, pur essendo illegali persino per la legislazione nazionale di Israele, sono connessi alla rete elettrica e ad altre infrastrutture.

Traduzione di Ada Maria De Angelis