MEMO. Di Ramzy Baroud. Il governo israeliano sta pianificando una serie di misure tese a vietare completamente ai Palestinesi qualsiasi diritto legale su Gerusalemme e precludendo qualsiasi accordo di pace basato sulla condivisione della città tra Israele ed un futuro stato palestinese.
Una delle peggiori misure adottate fino ad oggi è una legge approvata dal parlamento israeliano (Knesset) martedì 2 gennaio.
La legge, passata col sostegno della destra e della estrema destra, gruppi che costituiscono la coalizione al governo, contiene delle disposizioni alquanto pericolose.
Secondo questa legge, vengono richiesti i due terzi della maggioranza del Knesset perché Israele possa rinunciare alla sovranità su una qualsiasi parte di Gerusalemme. Il diritto internazionale insiste, invece, sul fatto che Israele non ha nessuna sovranità su Gerusalemme Est, occupata illegalmente ed annessa nel 1967 e nel 1980.
Un’altra disposizione della legge, altrettanto inquietante, è che rimuove due quartieri palestinesi dalla giurisdizione municipale della città. I due quartieri interessati sono Kufr Aqab ed il campo rifugiati di Shufat.
In questo modo il governo israeliano aggiungerebbe un’altra pietra miliare alla sua guerra demografica nei confronti dei Palestinesi.
E’ importante sottolineare che le due zone palestinesi sono situate dall’altra parte di quello che Israele chiama il “muro di separazione”. Questa mossa conferma quindi l’ipotesi secondo la quale il muro è stato costruito attorno alle zone palestinesi che Israele pianifica di annettere in seguito.
Ora che la costruzione del muro è in fase avanzata, il processo di annessione sembra essere iniziato.
Ma quest’ultima legge – soprannonimata dai Palestinesi “legge sulla razza” in quanto mira a liberare Gerusalemme dagli arabi palestinesi per aumentare invece il numero dei coloni ebrei in città – è la versione riscritta di una legge precedente.
“La legge sulla Grande Gerusalemme”, che avrebbe dovuto essere approvata col voto di maggioranza al Knesset, è soltanto stata temporaneamente accantonata.
La legge è stata ritardata per espandere i confini municipali di Gerusalemme che permette di includere le più importanti colonie illegali ebraiche della Cisgiordania, tra cui Ma’aleh Adumim e un gruppo della colonia di Gush Etzion.
Inoltre, con questo ritardo si tenta di portare altri 150.000 coloni ebrei con diritto di voto a Gerusalemme, che sposterebbero quindi la scena politica ancora di più verso destra.
In concomitanza, la legge abbasserebbe ulteriormente lo status di 100.000 Palestinesi, che verrebbero a trovarsi in un’area politicamente grigia.
La legge era stata accantonata alcune settimane prima che il governo degli Stati Uniti decidesse di spostare l’ambasciata americana da Tel Aviv a Gerusalemme.
Mentre molti componenti della comunità internazionale erano focalizzati su ciò che la mossa statunitense avrebbe significato per il futuro della regione e del cosiddetto processo di pace, soltanto in pochi si sono accorti che USA ed Israele avevano in mente qualcosa che avrebbe avuto conseguenze ancora più devastanti.
Le agenzie di stampa al momento avevano riferito che Israele aveva acconsentito a mettere da parte una legge popolare “dietro pressione degli USA”. Ma questa “pressione” serviva soltanto al presidente Donald Trump per trovare il tempo necessario alla programmazione di una strategia e per fare pubblicamente il preoccupante annuncio.
Da allora molti Palestinesi sono stati uccisi, centinaia sono stati feriti ed ancora di più arrestati, dal momento in cui i Palestinesi ed i loro alleati in giro per il mondo hanno mostrato l’indignazione per la decisione annunciata dagli Stati Uniti.
Un voto simbolico, ma eloquente, ottenuto il 21 dicembre alle Nazioni Unite, ha dimostrato che gli USA ed Israele sono rimasti gli unici nella loro lotta per negare i legittimi diritti dei Palestinesi nella loro città, illegalmente occupata.
Senza perdere tempo, i legislatori israeliani stanno ora spingendo sempre più con progetti che tendono ad isolare maggiormente Gerusalemme e che cercano di svuotarla dai suoi abitanti Palestinesi.
Essi comprendono che il sostegno degli USA, che non ha eguali, deve essere sfruttato al massimo e che qualsiasi ritardo di queste leggi sarebbe sicuramente una opportunità mancata.
La natura del coordinamento USA-Israele è, in effetti, senza precedenti. Appena il Knesset ha votato l’approvazione della legge, gli USA si sono subito mossi per ridurre al minimo qualsiasi reazione da parte palestinese.
Questo lavoro è stato affidato all’ambasciatore americano presso le Nazioni Unite, Nikki Haley, che si è mossa al di là di qualsiasi altro funzionario degli Stati Uniti, nel tentativo di intimidire e addirittura tiranneggiare i Palestinesi.
Haley ha dichiarato che gli USA avrebbero tagliato i fondi alla Agenzia delle Nazioni Unite per gli Aiuti ed il Lavoro (UNRWA) e che avrebbero ripreso i finanziamenti solo quando i Palestinesi avessero accettato di tornare al tavolo dei negoziati.
L’UNRWA è il canale principale per il sostegno ai rifugiati palestinesi. Questa decisione stringerà ulteriormente il cappio ad una economia palestinese già in grave difficoltà e all’Autorità Palestinese che confida per la maggior parte sugli aiuti internazionali per la propria sopravvivenza.
Haley, naturalmente, capisce che nessun leader palestinese può impegnarsi politicamente con Israele e con gli Stati Uniti quando questi due paesi rifiutano di accettare le leggi internazionali come punto di riferimento nei negoziati.
Ora la leadership palestinese deve scegliere tra la sua già esistente umiliazione e un’altra ulteriore umiliazione.
Ma la minaccia di Haley mira anche a cambiare il livello del discorso, e a portare l’argomento lontano dalla legge razzista israeliana che porterà sicuramente ad una ulteriore annessione di Gerusalemme e di tutta la Cisgiordania.
Gli Stati Uniti ed Israele hanno investito attivamente in un sistema politico di apartheid in Palestina e stanno torcendo il braccio all’Autorità Palestinese per facilitare questo regime così terribile.
I funzionari dell’Autorità Palestinese hanno fatto varie minacce fino ad ora, tra cui l’esclusione degli USA dal processo di pace e di cambiare la propria richiesta per una soluzione con uno stato unico.
Ma fino ad ora non vi è niente di concreto riguardo a questa strategia palestinese; una strategia che affermi l’esistenza di una leadership palestinese unita che ricerchi realmente nuove opzioni, alleati e future prospettive.
E’ questa mancanza di visione che compromette la posizione palestinese ancora di più, e che incoraggia Israele a spingere maggiormente con le sue leggi razziste e con i muri dell’apartheid.
Traduzione di Aisha Tiziana Bravi