Israele: un esempio nella risoluzione della crisi sanitaria (senza parlare dell’occupazione)?

InfoPal. Di L.P. Sembrava impossibile che non si fossero ancora sentite delle voci in sostegno all’avanguardia sionista nella risoluzione della crisi sanitaria da coronavirus. Se all’inizio si parlò di Israele come unico stato a sperimentare vaccinazioni anti-coronavirus, poi c’è stato il vuoto totale. Abbiamo dovuto aspettare queste settimane delle voci italiane che da Israele inneggiano all’organizzazione sanitaria israeliana. Gira infatti sui social un video di un architetto italiano di nome Alessandro Perugini che dà un’immagine esaltante di Israele per porre fine alla crisi sanitaria da Covid-19 fatta di nuove biotecnologie e mascherine in grado di distrugge il virus.

Descrive il Covid-19, per Israele, come un “guerra batteriologica” a cui Israele era già pronto e che sta risolvendo con estrema rapidità, appoggiandosi sul ministero della Salute, sul ministero della Sicurezza e della Difesa.

Non stupisce che per Israele questa sia una “guerra” dal momento che basa tutta la sua politica in un’ottica di guerra ed è da 70 anni che ha imposto uno stato d’eccezione che in nome di sicurezza e militarismo tiene sotto scacco la popolazione palestinese. Non ha fatto cenno al fatto che il ministero della Salute israeliano sia presieduto dal Rabbino Litzman, ebreo ortodosso della comunità haredi, lo stesso ministro che ha dichiarato che il virus è una punizione divina a causa della sodomia degli omosessuali. Lo stesso ministro che ha violato le disposizioni ministeriali per il virus per impegni di culto ed è stato contagiato insieme alla moglie.

Dalle sue parole Israele è uno stato progressista che addirittura, dalla Guerra dello Yom Kippur, ha capito i suoi sbagli e ha rivoluzionato il sistema sanitario e impostato una mentalità con estremo riguardo alle emergenze. Ma poi arriva la parte migliore: la suddivisione delle responsabilità “tra i due Stati”.  Lo dice con una tale naturalezza da far passare il messaggio che la Palestina sia uno stato a tutti gli effetti come qualsiasi altro stato, quando in realtà non è così, anzi, proprio perché non ci sono gravi problematicità sul piano politico, geopolitico, sociale ed economico. Afferma che Gaza ha pochissimi posti di terapia intensiva come se fosse una mancanza nel welfare palestinese, senza minimamente citare l’embargo sionista nei confronti della popolazione gazawi. Per poi arrivare a dire che l’ANP ha chiuso le frontiere, ma visto che ad Israele serviva manodopera palestinese a basso costo per il settore edilizio, hanno valicato il confine. Ovviamente secondo la sua narrazione i palestinesi non hanno potuto fare a meno a causa delle difficoltà economiche, quindi, andando in Israele, sono diventati dei veri e propri “untori”. Cioè Israele non perde l’occasione per poter identificare i palestinesi come male assoluto e, durante l’epidemia, come responsabile della diffusione del virus. Poi, non importa se gli ospedali della “Gerusalemme Bene”, ovvero la parte israeliana, sono attualmente carenti di personale palestinese che fa tanto comodo per poter ingrassare il plusvalore delle cliniche private.

Di cosa stiamo parlando?

“Il muro che funge da mascherina per filtrare il virus e il terrorismo”? Ma cosa c’entra il terrorismo?

Le aberrazioni non finiscono qua: “Responsabilità in egual modo di entrambi gli stati” e “necessità di cooperare”. In che mondo vive?

Questo ragazzo forse non presta attenzione a tutti gli aspetti politico-economici; è forse un italiano che lavora come architetto, e racconta quello che vive sul posto. Però anche noi potremmo fare un video di quanto sia bello vivere in Lombardia e dire “come la sanità lombarda sia migliore di quella del sud Italia”, basandoci su quello che vediamo e non andando al di là del nostro naso, anche se poi però si scopre che, ad oggi, l’ospedale all’avanguardia nel contrasto al Covid-19 sia proprio il Cotogno di Napoli. Vivere in un luogo facendo finta di non vedere la realtà è atroce, soprattutto nel contesto geopolitico di oggi. Fare dei video che non tengono conto di tutti i fattori, esaltandosi ad esperto, è un atteggiamento sbagliato e disinformativo.

L’architetto in questione è stato intervistato all’interno di un’iniziativa italiana che parte dal Policlinico di Milano che si limita ad una visione distorta e minoritaria della realtà. Dal video passa il messaggio che in Israele stanno risolvendo tutto perché è un Paese all’avanguardia, ma questo non è vero. Israele è all’origine dei problemi di organizzazione della crisi sanitaria in Palestina, la quale si aggiunge alle innumerevoli crisi da lui indotte: umanitaria e politica. Forse il giovane non vede la crisi perché vive della Gerusalemme Bene, dove non ci sono i check-point e tutto è nei limiti del decoro urbano. Parla di una Gerusalemme che non è tutta la città, facendo passare messaggi non realistici.

Israele potrà avere tutte le start-up che vuole, ma il modello degli “ospedali dormienti” è un sistema inadatto in Italia soprattutto se fa riferimento ad un sistema sanitario come quello israeliano fortemente privatizzato, a pagamento e garantito per pochi.

Ci piacerebbe parlare della condizione sanitaria delle molteplici minoranze che vivono in parte sotto la giurisdizione israeliana, come le comunità haredi, i palestinesi gerosolimitani, i falasha vittime di razzismo e gli ebrei mizhrai, che seppur siano ebrei sono fortemente discriminati e repressi perché sostengono la causa palestinese e, nel frattempo, sono vittime del suprematismo bianco askenazita.

Inoltre la Palestina sta vivendo una crisi sanitaria causata proprio da Israele che blocca gli aiuti umanitari, che strumentalizza gli aiuti umanitari e che sta mettendo in pericolo anche le comunità beduine. Non si vede quindi la necessità di cooperazione con il proprio repressore, soprattutto se sfrutta la pandemia da coronavirus con ennesimo attacco mediatico nei confronti dei palestinesi visti sia come “untori” e sia come “terroristi”. Forse è l’estrema necessità di Israele di creare continuamente il nemico necessario.

Anche parlare di Israele come avanguardia nel campo della ricerca vaccinale è assurdo, dal momento che in tutto il mondo stanno facendo studi di questo tipo. Non si sa ancora se esista una ricerca anti-coronavirus senza l’uso della sperimentazione animale, ma ciò che è certo è che Israele la sta usando, quando le sperimentazioni su animali non sono convalidate scientificamente e falliscono nel 95% dei casi (dati LAV).

Queste fantasie su “Israele stato progressista” servono solo per la continua propaganda pubblicitaria di rebranding e di brainwashing che esalti Israele come salvator mundi.