Israele usa “prove” ottenute sotto tortura per mettere gruppi per diritti umani su lista nera

Washington – MEMO. Israele usa “prove” ottenute sotto tortura per mettere gruppi per diritti umani su black-list: i responsabili delle sei organizzazioni palestinesi per i diritti umani, inserite di recente nella lista nera israeliana, ne hanno parlato a lungo ad un pubblico convocato da alcuni dei più importanti think tank di Washington. Hanno rivelato che lo stato d’occupazione ha usato “prove” segrete ottenute attraverso la tortura e le menzogne ​​per designarle come “terroriste”.

L’incontro è stato convocato da influenti organizzazioni statunitensi, come Middle East Institute, Foundation for Middle East Peace, Carnegie Endowment for International Peace, Democracy for the Arab World Now (DAWN), Century International e International Crisis Group.

La decisione del ministro della Difesa israeliano Benny Gantz di etichettare i gruppi come “terroristi” è stata accolta con una condanna quasi universale. Ci sono state speculazioni sul suo movente e seri dubbi su un dossier inviato agli Stati Uniti e all’UE per giustificare la sua mossa autoritaria.

Durante l’incontro virtuale avvenuto pochi giorni fa, i rappresentanti dei sei gruppi hanno rivelato che le “cosiddette prove” segrete contro di loro si basano in parte sulle confessioni dei prigionieri ottenute sotto tortura. Queste “prove” sono già state criticate dagli europei.

Si dice che Israele abbia presentato, mesi fa, ai governi europei e ai finanziatori che sponsorizzano le organizzazione, le sue “accuse”. Funzionari belgi hanno indagato e le hanno respinte, definendole come “propaganda” e “menzogne”.

“Questo è il terrorismo di stato nel suo momento migliore”, ha detto Ubai al-Aboudi, del Bisan Center for Research and Development, indicando il rifiuto europeo delle prove. “Hanno presentato il loro cosiddetto dossier sulle prove, a maggio, attraverso i belgi. Abbiamo un programma congiunto sostenuto [dal governo belga] attraverso un’ONG belga. I belgi hanno svolto le proprie indagini. Il ministro belga incaricato della cooperazione internazionale è andato davanti al parlamento e ha detto che questa è propaganda… Non ci sono prove nel documento”.

Altri hanno ripetuto l’affermazione fatta di recente, secondo la quale la mossa israeliana è una contromisura per un’indagine avviata dalla Corte penale internazionale (ICC) sui presunti crimini di guerra e contro l’umanità dello stato d’occupazione. “Crediamo che ci sia una ragione politica dietro questa decisione”, ha affermato Khaled Quzmar, di Defense for Children International – Palestine. “Sappiamo che a causa del nostro lavoro negli Stati Uniti e alla Corte penale internazionale, stanno cercando di metterci a tacere o di vietarci di continuare la nostra missione”.

Quzmar ha affermato che la sua organizzazione aveva attraversato le “linee rosse” di Israele quando ha iniziato a fornire informazioni alla Corte penale internazionale e al Congresso degli Stati Uniti, inclusa la rappresentante Betty McCollum. La parlamentare democratica ha criticato la decisione israeliana, affermando che l’etichetta “terrorista” viene utilizzata come arma per mettere a tacere il lavoro delle organizzazioni per i diritti umani.

I rappresentanti del gruppo all’incontro virtuale hanno fatto eco all’affermazione di McCollum. Uno di loro ha affermato che l’intero caso è una manipolazione delle leggi anti-terrorismo per punire “organizzazioni per i diritti umani che stanno lottando con la loro gente per raggiungere l’autodeterminazione”. Israele ha usato queste leggi per decenni per colpire i suoi critici e far avanzare la sua annessione della Cisgiordania e di Gerusalemme.

I gruppi per i diritti umani hanno invitato gli Stati Uniti a esercitare pressioni su Israele affinché ritiri la designazione.