Israele vuole demolire una scuola finanziata dall’UE e dal Regno Unito

E.I. Israele minaccia di demolire una scuola elementare palestinese finanziata dall’Unione Europea e dal Regno Unito.

Alla scuola si iscrivono ogni anno 50 studenti palestinesi della Cisgiordania occupata, provenienti dalla città di Ras al-Tin, a nord-est di Ramallah.

Ras al-Tin è la casa di 280 palestinesi, di cui la metà sono bambini e adolescenti.

Vivono in terreni palestinesi di proprietà dei residenti dei villaggi vicini di Kafr Malik e al-Mughayyir. Sono arrivati a Ras al-Tin dopo che Israele li ha ricollocati con la forza più volte in tutta la Cisgiordania.

I bambini di Ras al-Tin erano costretti a camminare per due ore per andare e tornare da scuola, la quale dista tre miglia dal villaggio di al-Mughayyir. Perciò nel villaggio è stata costruita una nuova scuola, grazie ai fondi dell’Unione Europea e il Regno Unito, senza però richiedere un permesso di costruzione ad Israele – autorizzazione che comunque non avrebbero ottenuto, secondo il gruppo per i diritti umani israeliani B’Tselem.

Confische e attacchi.

La scuola è ancora incompleta, e mancano ancora le finestre ma le lezioni sono già cominciate con l’inizio dell’anno scolastico.

Tuttavia, l’occupazione dell’autorità israeliana ha ripetutamente confiscato l’attrezzatura e le strutture. Il 31 agosto, l’Amministrazione civile israeliana – supporto burocratico dell’occupazione militare israeliana – ha confiscato i materiali da costruzione destinati all’edificio.

In altre due occasioni, incluso durante le lezioni, le forze israeliane hanno confiscato 60 sedie, 24 banchi, dei pannelli dal tetto della scuola e altri materiali da costruzione.

“Gli studenti sono stati costretti a studiare sotto il sole cocente, seduti a terra”, ha resi noto B’Tselem.

I coloni israeliani hanno attaccato gli studenti nonostante fossero bambini delle scuole elementari, ha raccontato la principale scuola di Nura al-Azhari all’agenzia di stampa Safa Palestinian.

Le ragazze della comunità sono quelle più a rischio, se Israele continua con la demolizione della scuola, poiché la loro permanenza dipende molto dalla vicinanza di casa, ha spiegato B’Tselem.

Nessuna responsabilità.

Il Consiglio Norvegese per i rifugiati ha espresso “profonda preoccupazione” per le prospettive di un’imminente demolizione della scuola di Ras al-Tin.

“Qui ci sono sono alcuni dei bambini più vulnerabili, le cui vite sono già estremamente difficili”, ha affermato Carsten Hansen, direttore regionale del gruppo norvegese.

Hansen ha sottolineato gli obblighi legali di Israele, in quanto potenza occupante, di assicurare a tutti i giovani palestinesi l’accesso all’istruzione.

“Invece usa il suo potere per fare esattamente l’opposto”, ha affermato il direttore. “Nega ai bambini palestinesi il diritto fondamentale di ricevere un’istruzione, facilitando l’espansione degli insediamenti illegali”.

Gli avvocati per i diritti umani con sede a Londra hanno scritto all’ufficio esteri del Regno Unito chiedendo “un’intervento urgente” per fermare le imminenti demolizioni.

Una delegazione degli uffici dell’Unione Europea nella Cisgiordania occupata e il consolato britannico nella Gerusalemme occupata hanno visitato la scuola di Ras al-Tin all’inizio di questo ottobre.

In un tweet, l’UE ha invitato Israele a “fermare tutte le demolizioni in corso” in considerazione della pandemia, “incluse le strutture finanziate dall’UE”.

“Eccetto casi eccezionali, demolire costruzioni è un atto che viola le leggi umanitarie internazionali”, ha affermato su Twitter il consolato britannico.

“Chiediamo che Israele sospenda immediatamente tutte le demolizioni”.

Esclusa l’opposizione verbale, l’Unione Europea e il consolato britannico non hanno dichiarato esplicitamente quali saranno le conseguenze per Israele nel caso in cui vada avanti con le demolizioni delle strutture finanziate dall’EU.

L’Unione Europea non ha fatto nulla finora per rendere responsabile Israele della distruzione di decine di milioni di dollari di progetti per la Palestina, soldi pagati dai contribuenti europei negli anni.

Invece, continua a ricompensare Israele attraverso nuove partnership, incluse le industrie per la guerra cibernetica.

Zona di combattimento.

La cittadina di Ras al-Tin si trova in una cosiddetta “zona di fuoco” dell’area C della Cisgiordania occupata, area il cui 60% rimane sotto completo dominio militare di Israele.

Israele ha dichiarato le zone adiacenti “zone militari chiuse”, al fine di “limitare alla comunità il pascolo degli animali”, secondo quanto riportato da B’Tselem.

La potenza di occupazione designa certe aree della Cisgiordania come “zone di combattimento” e “zone militari” per allontanare forzosamente le comunità indigene palestinesi o impedire loro di accedere alla terra.

L’area C sarebbe dovuta passare, gradualmente, sotto la giurisdizione dell’Autorità palestinese nell’arco di un anno e mezzo, in seguito agli accordi di Oslo del 1990.

Gli israeliani, invece, controllano tutti i progetti e le costruzioni dell’area attraverso il regime fatto di permessi, in cui i palestinesi sono soggetti agli ordini militari mentre i coloni israeliani, che vivono in insediamenti ebraici, alle leggi civili.

Tutti gli insediamenti della Cisgiordania occupata sono illegali per la legge internazionale e costituiscono un crimine di guerra.

Israele proibisce praticamente qualsiasi tipo di costruzione palestinese nell’area C. Tutto ciò è parte dell’inesorabile sforzo di cambiare l’assetto demografico per garantire una maggioranza ebraica.

I palestinesi sono obbligati a costruire sulla propria terra senza il permesso di Israele e vivere con la paura costante che le forze di occupazione sequestrino o distruggano le loro costruzioni.

Le forze militari israeliane, inoltre, impediscono ai palestinesi di collegare le loro case alle infrastrutture di base, come l’acqua e l’elettricità.

I residenti dipendono da pannelli solari finanziati da donatori per l’energia elettrica e comprano l’acqua nei villaggi vicini.

Le forze di Israele hanno già distrutto totalmente o parzialmente tre scuole palestinesi dall’inizio dell’anno, e altre 52 sono sotto continua minaccia di demolizione.

Traduzione per InfoPal di Sara Origgio