Un responsabile di spicco del ministero degli esteri americano ha dichiarato che lamministrazione americana è stata autorizzata dal Congresso a finanziare con 60 milioni di dollari gli organi di sicurezza appartenenti al presidente palestinese Mahmoud Abbas.
Il responsabile, che ha voluto mantenere l’anonimato, ha affermato: Noi siamo pronti abbiamo assecondato le paure del congresso.
E ha indicato che i soldi che il Congresso aveva congelato saranno spesi per la sicurezza personale del presidente Abbas e per quella dei valichi, per il trasporto, gli alimenti, le attrezzature per la comunicazione e altro.
E ha aggiunto che la Segreteria di Stato è stata informata ufficialmente dal Congresso nella tarda notte di ieri di questa decisione.
E ha aggiunto: Tutto ciò avviene con laccordo israeliano.
I membri del Congresso del senato americano avevano congelato i fondi per paura che potessero arrivare alla resistenza islamica (Hamas) che guida il governo di unità nazionale insieme a Fatah.
Gli Stati Uniti considerano Hamas un movimento terrorista, e per legge, i soldi non possono andare a questi movimenti.
La parte più cospicua della somma richiesta (86 milioni di dollari) serve per addestrare le forze di sicurezza appartenenti a Abbas.
La Segretario di Stato Usa, Condeleeza Rice, ha presentato al Congresso un piano ristretto e ha espresso il timore che questi soldi possono arrivare nelle mani sbagliate.
Il responsabile ha aggiunto che accanto agli aiuti alla sicurezza presidenziale appartenente ad Abbas i soldi verranno usati per migliorare la sicurezza dei passaggi tra Gaza e Israele.
Gli aiuti americani al movimento di Fatah e agli organi di sicurezza ad esso fedeli hanno sollevato la rabbia dei cittadini palestinesi che soffrono per lassedio imposto dalle forze di occupazione israeliane e dagli americani dalla vittoria del movimento di Hamas alle elezioni legislative del gennaio 2006.
Diversi partiti palestinesi, in particolare Hamas, hanno chiesto al presidente Abbas di rifiutare i fondi americani, perché porteranno a un nuovo disaccordo e alla lotta interna.