La Banca Mondiale: Gaza si trova di fronte a una “pericolosa crisi finanziaria”

Gerusalemme-Afp. Palestinesi, Israeliani e donatori devono agire per scongiurare una “pericolosa crisi finanziaria” nella Striscia di Gaza che registra il più alto tasso di disoccupazione a livello mondiale.

È quanto si legge nel rapporto pubblicato venerdì dalla Banca Mondiale in vista dell’incontro semestrale con l’Ad Hoc Liaison Commitee (AHLC) che coordina le donazioni internazionali destinate alla popolazione palestinese. Il documento è stato stilato a quasi un anno di distanza dal conflitto dei cinquanta giorni tra i militanti della Striscia di Gaza e Israele, nel quale hanno perso la vita circa di 2.200 Palestinesi.

Secondo la Banca Mondiale, il totale azzeramento delle esportazioni nella Striscia di Gaza non può che essere ricondotto “al conflitto e al blocco”.

“Il blocco imposto da Israele ed Egitto ha avuto un effetto particolarmente devastante e ha causato un crollo del PIL di oltre il 50% e profonde perdite economiche”, si legge nel rapporto in riferimento all’embargo applicato dai due Stati confinanti.

La Banca Mondiale ha esortato l’Autorità Palestinese, Israele e i donatori ad “agire” e attuare “riforme” per “contrastare il recente e preoccupante rallentamento della crescita economica” e “scongiurare una pericolosa crisi finanziaria”.

Dal rapporto emerge che, nel 2014, il tasso di disoccupazione nella Striscia di Gaza “è salito al 44%, probabilmente la percentuale più alta a livello mondiale” e, nei Territori palestinesi occupati, il tasso di povertà ha raggiunto il 39%, nonostante quasi quattro Gazawi su cinque abbiano ricevuto “degli aiuti”.

Steen Lau Jorgensen, direttore nazionale della Banca Mondiale per i Territori palestinesi occupati, ha dichiarato che “i dati sulla disoccupazione e sulla povertà e le prospettive economiche sono allarmanti”.

La Banca Mondiale ha affermato che per ricostruire l’economia della Striscia è necessario “un governo palestinese unito sia in Cisgiordania sia nella Striscia di Gaza” e ha esortato un “allentamento del blocco sul movimento delle merci e delle persone per consentire la ripresa dei settori dei beni e dei servizi scambiabili”.

Dal rapporto emerge che, dei 3,5 miliardi di dollari promessi dalla comunità internazionale per la ricostruzione della Striscia di Gaza, è stato stanziato solamente il 27,5%, cioè un miliardo. Non è, però, la carenza di donazioni a “vincolare la ripresa” della Striscia, quanto le “limitazioni sull’importazione dei materiali da costruzione. Si deve quindi trovare il modo più adatto per migliorare radicalmente l’accesso a questi materiali senza ignorare le preoccupazioni per la sicurezza dei Paesi confinanti”.

Israele controlla due dei tre valichi di frontiera con la Striscia di Gaza e mantiene il blocco aereo e marittimo totale da otto anni. L’ingresso dei materiali da costruzione nella Striscia è sorvegliato attentamente ed è soggetto a severe restrizioni per prevenire, si dice, l’introduzione di armi o materiali per la costruzione dei tunnel. Il Cairo non apre il terzo valico di terra, quello di Rafah, confinante con l’Egitto, praticamente da ottobre. Nello stesso mese l’esercito egiziano si è messo all’opera per creare una zona cuscinetto lungo il confine e ha intensificato gli sforzi per distruggere la rete di tunnel transfrontalieri.

Il rapporto della Banca Mondiale verrà presentato all’AHLC mercoledì 20 maggio a Bruxelles.

Traduzione di Silvia Durisotti