La battaglia per il futuro del Medio Oriente inizia nello Yemen

Robert Fisk. The Independent. La battaglia per il futuro del Medio Oriente inizia nello Yemen mentre l’Arabia Saudita si è lanciata nel baratro.

Mentre una coalizione guidata dall’Arabia saudita interviene nella lotta per lo Yemen – attualmente sotto assedio da parte dei ribelli Houthi che sono appoggiati dall’Iran – Robert Fisk esamina le ripercussioni più estese di questo conflitto sempre più ampio.

Roma, 28 marzo 2015, Nena News –  L’Arabia saudita si è lanciata nel baratro. I suoi attacchi aerei sullo Yemen sono colpi storicamente e potenzialmente fatali per il regno e per il Medio Oriente. Chi ha deciso che questa straordinaria battaglia prendesse forma nella più povera delle nazioni arabe? I sauditi, del cui re si dice ovunque nel mondo arabo sia incapace di prendere decisioni politiche? O i principi nell’armata saudita che temono che le loro stesse forze di sicurezza non siano leali alla monarchia?

La “storia” dello Yemen sembra semplice. I ribelli houthi, che sono musulmani sciiti, hanno conquistato la capitale, Sanaa, con l’aiuto – così dicono i sauditi – degli iraniani. Il presidente legittimo – Abed Rabou Mansour Hadi – è volato nella capitale saudita Riad dal suo rifugio nella vecchia capitale dello Yemen del sud, Aden. I sauditi non permetteranno che si instauri uno Stato satellite dell’Iran ai suoi confini – dimenticando che essi hanno già uno Stato controllato dagli iraniani sul loro confine settentrionale, grazie all’invasione anglo-americana dell’Iraq nel 2003. La “storia” vera è più importante. Forse metà dell’esercito saudita è di origine tribale yemenita. I soldati sauditi vi sono intimamente legati – attraverso le loro stesse famiglie – e la rivolta yemenita è una pugnalata al cuore  della famiglia reale saudita. Non c’è da stupirsi che re Salman dell’Arabia saudita – se governa davvero il Paese- speri di porre fine a questa crisi. Ma i suoi attacchi aerei su Sanaa stanno per schiacciare la ribellione sciita?

Il punto di vista di Riad si può capire. A nord, le Guardie della rivoluzione iraniane sciite forniscono assistenza al governo iracheno dominato dagli sciiti nella loro lotta contro i musulmani sunniti dell’Isis. A nord ovest, le Guardie della rivoluzione iraniana forniscono assistenza al governo alawita (leggi sciita) del presidente Bashar al-Assad contro l’Isis, al-Nusra [gruppo sunnita legato ad Al Qaeda. N.d.tr.] e contro ciò che resta del cosiddetto “Esercito libero siriano”. Gli Hezbollah sciiti provenienti dal Libano stanno combattendo accanto l’esercito di Assad, così come i musulmani sciiti afgani, che portano uniformi siriane. L’Arabia saudita afferma che i iraniani sono in Yemen con gli Houthi. E’ improbabile, ma sicuramente le loro armi sono in Yemen.

Fatto senza precedenti nella storia araba moderna, una coalizione formata da 10 nazioni musulmane sunnite- compreso il Pakistan, che non è arabo – ha attaccato un’altra nazione araba. Sunniti e sciiti del Medio oriente sono ora in guerra tra di loro in Iraq, Siria e Yemen. Il Pakistan è una potenza nucleare. Gli eserciti del Bahrein e degli Emirati del Golfo includono soldati pakistani. Alcuni pakistani erano tra i morti nella prima grande battaglia contro le truppe irakene nella Guerra del Golfo del 1991.

Ma la battaglia per lo Yemen sta già dividendo altri Paesi arabi. In Libano, l’ex primo ministro sunnita Saad Hariri ha elogiato “la coraggiosa e saggia” decisione di re Salman di attaccare. Il signor Hariri non è solo un sunnita – è anche un cittadino saudita. Ma gli Hezbollah sciiti, che si oppongono all’intervento saudita, hanno definito l’attacco saudita “un’avventura imprevedibile”. Queste parole sono state scelte con cura, sono esattamente le stesse che i sauditi hanno utilizzato contro Hezbollah dopo che questi avevano  catturato tre soldati israeliani nel 2006, un’azione politicamente stupida che ha dato inizio  al bombardamento israeliano del Libano di quell’anno.

Gli americani non sanno cosa fare. Non possono dare un’assistenza militare diretta ai sauditi – i colloqui sul nucleare con l’Iran sono più importanti – per cui il loro debole appoggio verbale a re Salman dovrebbe ammorbidire i loro alleati sunniti e impedire di inimicarsi gli iraniani. Ma più si avvicina un accordo nucleare tra gli USA e l’Iran, più i loro alleati nel mondo arabo giocheranno con forza le loro chance. Quello che ha provocato l’intervento saudita in questa eccezionale avventura in Yemen non è stata l’avanzata degli Houthi verso Aden, ma l’avvicinarsi dell’accordo tra USA e Iran a Losanna.

Gli Hezbollah possono chiamare l’attacco saudita una “cospirazione saudita-americana”- una frase abusata che contiene una certa dose di verità – ma la realtà, evidente per ogni arabo, è che i sauditi, armati (o eccessivamente armati, come molti sostengono) dagli USA, sono chiaramente pronti ad usare il proprio potere di fuoco contro un’altra Nazione araba piuttosto che contro il tradizionale nemico verso nord. Se si desse retta alla propaganda dei sauditi, si potrebbe pensare che stiano bombardando Israele.

La storia dirà se gli attacchi contro lo Yemen sono l’inizio di una grande guerra civile tra sunniti e sciiti in Medio Oriente. Questo potrebbe andar bene all’Occidente – e a Israele – nella convinzione che gli arabi siano in guerra tra loro. Ma potrebbe anche essere vero che si tratti dell’ultimo tentativo dei sauditi per dimostrare di essere un’importante potenza militare. Nel 1990, di fronte all’arrivo delle legioni di Saddam Hussein in Kuwait, chiesero agli infedeli americani di proteggerli (provocando l’ira di Osama bin Laden). Sono una nazione wahabita, ligia -ufficialmente, almeno – alla stessa posizione teologica dei Talebani e dell’ISIS. Dall’Arabia saudita provenivano 15 dei 19 dirottatori dell’11 settembre. Ci hanno dato Bin Laden, che – non dimentichiamolo – anche lui era di origini tribali yemenite. Dopo l’invasione del Kuwait da parte di Saddam Hussein, appoggiato dallo Yemen, i sauditi hanno espulso decine di migliaia di yemeniti dal regno, per vendicarsi della loro slealtà. Adesso si aspettano che gli yemeniti corrano in loro aiuto?

L’ultima volta che i sauditi si sono invischiati nelle vicende yemenite, hanno combattuto contro l’esercito egiziano di Nasser. Fu un disastro. Ora hanno l’Egitto dalla loro parte. Anzi, suggeriscono persino che gli egiziani dovrebbero organizzare uno sbarco in Yemen. Ma per fare cosa? Per garantire che lo Yemen rimanga una Nazione di fede sunnita? Questo dissuaderebbe le milizie sunnite dal colpire l’esercito egiziano nel Sinai [si riferisce a gruppi armati integralisti sunniti che frequentemente attaccano le truppe egiziane in quella zona. Nd.tr.]?

Più seriamente, ciò darà la soluzione  dell’imminente lotta all’interno della famiglia reale, i cui principi non credono tutti che lo Yemen debba essere la pietra angolare del potere saudita – e neppure che il wahabismo debba essere il credo settario permanente. E chi ci guadagna dalla nuova crisi yemenita? Ovviamente i produttori di petrolio. E ciò vuol dire l’Arabia saudita – e l’Iran.

(Traduzione di Amedeo Rossi)