La benda moderata.

 
 
La benda moderata

Ben White, The Electronic Intifada, 21 Ottobre 2007

Abbiamo avuto il Live 8 e il Live Earth, e questa settimana, sebbene su scala più piccola, abbiamo quasi avuto One Million Voice. Organizzato dal gruppo One Million, lo scopo conclamato era riunire Israeliani e Palestinesi in eventi simultanei a Tel Aviv, Gerico, Londra, Washington e Ottawa, per esprimere sostegno ai "moderati" e invitare ad una soluzione a due stati negoziata.

Il progetto è abortito, tra dichiarazioni e contro-dichiarazioni, quando gli artisti hanno voluto la cancellazione dell’evento di Gerico, e il concerto a Tel Aviv ha fatto seguito. Ciò a causa di una pressione da parte del movimento palestinese che obiettava verso ciò che loro sembrava un altro tentativo di promuovere una falsa pace che non affronta le ingiustizie strutturali alla base del conflitto.

In effetti, nonostante la retorica pacifista — e la pretesa di rappresentare una volontà universale — l’approccio di One Voice evidenzia gli stessi difetti che hanno segnato gli sforzi "ufficiali" di pace da Oslo fino al Quartetto. Questi errori erano ampiamente dimostrati nel commento di Seth Freedman su Guardian’s Comment is Free, che sosteneva che il principale ostacolo alla pace è l’"estremismo" presente su entrambi gli schieramenti.

Questa interpretazione della situazione in Palestina/Israele è possibile solo attraverso una considerevole scrollata di spalle verso la storia e una fondamentale distorsione del presente. La dice lunga che il concerto di Tel Aviv era programmato per aver luogo a Hayarkon Park — lo stesso luogo in cui, quasi 60 anni fa, il villaggio palestinese di Jarisha fu cancellato dalle mappe da parte delle forze armate ebraiche.

I suoi abitanti condivisero la sorte di quasi 800.000 altri Palestinesi, espulsi da quello che divenne Israele ed impediti fino a oggi di tornare alle loro case, con la loro terra confiscata. Tuttavia il materiale ufficiale di OneVoice dà l’impressione che il conflitto iniziò solo 40 anni fa, quando Israele occupò il resto della Palestina (la West Bank, Gaza Strip e Gerusalemme Est).

Condannando la "minoranza estremista" di entrambe gli schieramenti suona lodevole. Naturalmente "entrambi gli schieramenti" usano la violenza, e naturalmente vi è odio ed estremismo religioso sia tra i Palestinesi che tra gli Israeliani. La questione cruciale, comunque, è che tutto il potere è nelle mani di Israele. Israele sta occupando e colonizzando la terra palestinese, non il contrario. Le città palestinesi sono assediate da un esercito moderno ed altamente tecnologico, e sono soggette a chiusura, raid e bombardamenti — non il contrario.

La colonizzazione sionista non è la riserva di una frangia di fanatici in Israele — è fondamentale per l’indentità e la pratica dello stato. Come Martin Luther King diceva: "La libertà non è mai volontariamente donata dall’oppressore; è l’oppresso che deve esigerla". Dato che Israele continua a non mostrare la minima intenzione di abbandonare il suo ruolo di signore coloniale, non è giusto condannare "entrambe le parti", come se tra occupante ed occupato vi fosse uguaglianza.

Non c’è da sorprendersi che quelli che hanno un’esperienza diretta di questo apartheid non si facciano illusioni sull’utilità di "processi di pace" privi degli strumenti per incidere. All’inizio di questa settimana l’inviato per i diritti umani delle Nazioni Unite nei Territori Occupati, John Dugard, ha condannato il Quartetto per aver mancato di garantire i diritti dei Palestinesi. Tim Frank’s, della BBC, ha osservato che molti diplomatici e funzionari nella regione "sarebbero d’accordo con l’analisi di Dugard", anche se non lo ammettono pubblicamente.

C’è la riscossa del linguaggio della moderazone, da One Voice a Condoleeza Rice, dai mancati concerti per la pace alla prossima conferenza di pace di Novembre. E’ una dicotomia seducente, da una parte quelli che portano la fiaccola della pace, che si sforzano per un "risveglio di tutte le coscienze" a favore delle "forze della luce, dell’amicizia e dell’amore". Sull’altro lato quelli che minacciano, calunniano e ingannano; quelli malignamente intransigenti che soffocano la speranza e bruciano le bandiere.

Ma cos’è un "moderato"? In tempi recenti la parola "moderato" è stata applicata ad alcuni improbabili personaggi del Medio Oriente. Per gli USA, la Gran Bretagna e Israele tra questi vi sarebbero l’Arabia Saudita, l’Egitto e la Giordania. Nessuno di questi permette una grande libertà di espressione: tutti opprimono i movimenti di opposizione. Di fatto, l’Arabia Saudita è uno dei regimi più repressivi del mondo.

Si direbbe che la "moderazione" non abbia niente a che fare col fatto che tu faccia riscorso o meno alla tortura degli attivisti politici o alla fustigazione dei "devianti", e tutto a che fare con la tua obbedienza alle politiche USA e agli interessi di Israele. Ovvero ciò che unisce i reali sauditi, il presidente egiziano e il re giordano.

Frattanto gruppi come ISM e Another Voice vengono condannati da Freedman e One Voice come "estremisti" volti a "distruggere l’altro lato", e accusati di muovere fantasiose e non specificate minacce. Tuttavia questi gruppi sono impegnati nella difesa dei diritti umani e del diritto internazionale, e sono composti da motivati Israeliani, Palestinesi e altri stranieri. L’etichettarli come "estremisti" è un riflesso del loro rifiuto di accettare un apartheid indorato e luoghi comuni pieni di buone intenzioni funzionali al mantenimento dello status quo.

Può essere una verità scomoda, ma la pace per entrambe i popoli non arriverà se la fondamentale disparità di potere tra Israele e i Palestinesi (senza uno stato, occupati ed espropriati) continua ad essere oscurata. Sfidare gli interessi costituiti che perpetuano la conquista della Palestina non vi farà avere premi da parte dei monarchi giordani o lodi dal Dipartimento di Stato USA, ma in ultima analisi è ciò che avvicina alla pace.

Ben White è un giornalista freelance specializzato nel conflitto israelo-palestinese. Il suo sito è www.benwhite.org.uk e può essere contattato presso ben@benwhite.org.uk.   

Tradotto dall’inglese da Gianluca Bifolchi, un membro di Tlaxcala (www.tlaxcala.es), la rete di traduttori per la diversità linguistica, e del blog collettivo Acthung Banditen (http://achtungbanditen.splinder.com/). Questa traduzione è in Copyleft per ogni uso non-commerciale: è liberamente riproducibile, a condizione di rispettarne l’integrità e di menzionare l’autore e la fonte.

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