La comunità internazionale ha ripreso gli aiuti economici alla Palestina. Esattamente, all’Autorità nazionale palestinese guidata da Mahmoud Abbas nella Cigiordania.
La fine del governo di unità nazionale – guidato da Hamas, che, a gennaio del 2006, aveva vinto democraticamente le elezioni – è stata la condizione essenziale per la sospensione di un blocco totale che ha affamato la popolazione.
L’embargo aveva impedito al governo palestinese – sia il primo, guidato da Hamas, sia quello di coalizione nazionale – di svolgere appieno le proprie funzioni. Il ministero degli interni, preposto alla sicurezza e al comando degli apparati di polizia, non era mai riuscito a esercitare il proprio ruolo, perché sottrattogli dalle forze e dagli apparati controllati da Fatah e dalla presidenza dell’Anp. La Striscia di Gaza era preda di bande, di clan e di squadroni della morte.
A togliere l’embargo non era bastata neanche la formazione di un governo di unità nazionale, comprendente ministri di Hamas, Fatah e di altri partiti
Solo il suo scioglimento (nella Striscia, in realtà, è ancora in funzione) e la formazione di uno di emergenza, che ha escluso i membri di Hamas, e la sospensione della Legge base palestinese (di fatto, quello che molti analisti considerano un colpo di stato da parte di Abbas e di Fatah), ha immediatamente convinto Stati Uniti e Unione Europea a ripristinare il sostegno finanziario.
L’attuale governo di emergenza è guidato dall’economista Salam Fayyad, molto apprezzato in Occidente.
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La UE ha ribadito che se Hamas vuole aprirsi dei canali di dialogo deve accettare quanto stabilito dal Quartetto: rinunciare alla violenza, riconoscere Israele e i trattati siglati dai precedenti governi palestinesi.
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